Terrorismo: come difendersi, invertire la tendenza, combattere l’ipocrisia

Tra il 17 e il 18 agosto 2017 si è stabilito un record. Tre attentati a distanza breve l’uno dall’altro: Barcellona, giovedì sera. Cambrils, la notte di venerdì. Turku, Finlandia, nella giornata stessa.

La media impressionante a cui stiamo assistendo nel 2017 è di un attentato ogni 7 – 9 giorni, numeri mai visti prima nel vecchio continente. E permetteteci, destinati ad aumentare. Magari non è nemmeno terminata la scia di terrore attuale, chi può saperlo.

Come uscire da questa situazione è chiaro come il sole. Chiaro però non vuol dire facile né tantomeno immediato. Ma non significa che non vada fatto.

Una premessa è necessaria, perché la durezza di comprendonio (o la malafede) degli interlocutori progressiti la impone: i danni infiniti che ha prodotto questa idea distorta del mondo, delle razze, dei popoli e delle culture, umiliate come orpelli sacrificabili in nome di un non ben precisato melting pot della pace e dell’amore non sono risolvibili in pochi istanti e nemmeno in pochi anni.

Ciò detto, qualcosa si può fare, per iniziare a invertire una tendenza drammatica, culturalmente ed etnicamente genocida, intrapresa da tutto l’Occidente negli ultimi 50 anni.

1) Controllare militarmente le piazze e i luoghi di interesse va bene, ma non basta

È l’unico punto che viene applicato. Di solito temporaneamente, in attesa che si calmino le acque. Poi tutto come prima: zero controlli, zero pressione, zero militari. Siamo una democrazia, non possiamo sentirci in pericolo. Nemmeno quando il pericolo c’è, come del resto l’ISIS annuncia su twitter.

Per carità, non è la prima volta. Ma è improbabile che, dopo aver sparso sangue in tutti i maggiori paesi europei, lo Stato islamico e i suoi seguaci si lascino sfuggire proprio lo stivale (che tra l’altro, sottovoce un piccolo attentato lo ha subito in quel di Milano, il mese scorso)

Mettere sotto torchio i luoghi di interesse anche a tempo prolungato è dunque sacrosanto, a patto di essere consapevoli di un’ovvietà: da sole, sono operazioni che servono a poco, senza tutto ciò che viene elencato di seguito.

2) Chiudere le frontiere, recuperare il controllo  dei confini, dare la cittadinanza con meritocrazia, selezione ed estremo rigore, avviare una politica di rimpatri immediata

La principale argomentazione dei progressisti a chi, come noi, in tema di attentati insiste sulla necessità di piantarla con i deliri anti-nazionali, multi-culturali, immigrazionisti e utopicamente integrazionisti è la seguente: “Ormai gli attentatori sono cittadini francesi/spagnoli/inglesi, eccetera, non c’è niente da fare ed è inutile chiudere le frontiere”.

Dunque chi frigna e urla al fascismo contro la necessità di chiudere i porti e le transenne doganali, non comprende la natura prospettica che avrebbe un provvedimento simile, ovvero: accettare una volta per tutte che gli uomini sono diversi, stanziali, che non sono destinati a spostarsi in massa da un luogo all’altro del pianeta né a mescolarsi (se non per scelte personali di cui non si discute), e che iniziare a difendere i nostri Paesi non significa – purtroppo – eliminare tutti i possibili terroristi che ci siamo già costruiti in casa, ma cercare di smettere di “produrne” altri in futuro.

Che lo Stato riprenda il controllo del territorio. Basta con questo 90% di clandestini scambiati per rifugiati senza nessun ritegno, stop immediato agli arrivi di massa. Le scemenze sul razzismo e la xenofobia, tra un po’, serviranno solo a piangere su cadaveri nostri.

3) Tolleranza zero contro chiunque inneggi al jihadismo, anche solo verbalmente, tramite espulsione immediata

A sostenere tutto ciò non siamo solo noi, brutti fascisti razzisti e xenofobi. Ma anche un musulmano intelligente, analitico.  A cui, pur potendo essere in disaccordo per altre questioni, va riconosciuto di ragionare con la propria testa e non seguendo le follie ideologiche progressite. Sto parlando di Sherif El Sebaie, opinionista di origine greca ed egiziana per Panorama.it.

Sul suo profilo facebook, El Sebaie parla di “arresti preventivi di chi inneggia o mostra anche un minimo di simpatia all’Islam radicale”. Non credo ci sia altro da aggiungere.

4) Espellere immediatamente tutte le persone legate da parentela con i jihadisti, potenziali o effettivi

Non possiamo conoscere vita, morte e miracoli di ciascuno di loro, ed è probabile che molti di essi non siano potenzialmente responsabili o favoreggiatori di alcunché.

Ma non possiamo nemmeno prevedere il futuro o leggere nel pensiero, e siccome non è obbligatorio vivere in Occidente, in Europa o in Italia, mi pare sia condivisibile una legge del taglione che non impedirà a questi signori di farsi una vita altrove (presumibilmente nei loro Paesi di origine, lavorando per risolvere le loro contraddizioni e non per abbandonarli a sé stessi). La religione multiculturale, ovviamente, non contempla nemmeno la parte scritta in grassetto.

Quanto scritto è, naturalmente, da intendersi come auspicio. A parte il primo punto, l’unico che viene applicato a ridosso di eventi sanguinolenti per poi essere abbandonato per strada, il resto sono parole vuote per chi ci governa. Qualcosa sta cercando di fare quel “povero nazista” del ministro dell’interno Marco Minniti: ma senza poteri, come si suol dire, non si va lontano.

L’amara verità è che finché non succederà nulla di grosso qui, la gente non si renderà mai conto che esistono cose un filino più importanti delle loro libertà estreme e le scemenze al seguito con le quali li hanno imbambolati e drogati per decenni: una di queste è la vita.

La stessa che sono stati educati a disprezzare o a mettere in secondo piano, senza nemmeno accorgersene. Auguriamoci che si inizi a reagire, in qualche modo.

(di Stelio Fergola)