Sì allo Ius Soli: come il Papa prende in giro i cristiani

Ormai Bergoglio ha rotto gli argini anche ufficialmente. Ed esprime una posizione politica chiara, decisa. Non che sia strano, chi si illude che il Papa non debba fare politica sbaglia per due motivi: la prima è che la Chiesa interviene sempre su questioni che la riguardano, la seconda è che se non lo facesse (avendo un atteggiamento politico) la sua esistenza sarebbe inutile.

Il problema è che sulla questione dell’accoglienza e – da oggi – della cittadinanza, il Pontefice più equivoco degli ultimi secoli (a  essere generosi) gioca al messaggio cristiano. Un messaggio che non afferma, in nessun modo, che le comunità debbano accogliere altre comunità, smettendo di curarsi di sé stesse ma entrando nell’equivoco di una sottospecie di solidarietà forzata non applicata dove servirebbe ma nelle mura di casa propria.

Il messaggio cristiano si riferisce e alla condotta individuale. All’approccio, spontaneo, voluto, magari forzato, ma pur sempre individuale. Non occorre essere dei fini teologi per capirlo, eppure nella rete vergognosa imbastita da Bergoglio cadono tutti. Per lo meno la maggior parte dei cristiani rimasti ancora vagamente praticanti.

Chiedere lo ius soli è il passaggio successivo di questa strategia: non si parla più di accoglienza, ma addirittura di necessità di “conformarsi al diritto internazionale in tema di cittadinanza”. Che in soldoni vuol sostenere la solita imposizione “dall’esterno”, come avvenuto per aborto, divorzio, fecondazioni assistite, unioni omosessuali.

L’ironia della sorte è che stavolta la Chiesa è alfiere, mentre in tutti i casi sopracitati era forza di opposizione. Per carità, non vogliamo metterli a paragone.

“Le competenze dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, se opportunamente riconosciute e valorizzate, rappresentano una vera risorsa per le comunità che li accolgono. Per questo auspico che, nel rispetto della loro dignità, vengano loro concessi la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione”, dice Bergoglio.

Resta curioso che quest’uomo parli tutti i giorni di mercato interno del lavoro, di sicurezza nazionale, perfino di pensioni d’oro e poi tralasci quasi completamente temi che per la cristianità sono ben più urgenti, come, appunto, aborto, unioni omosessuali e il dilagante fenomeno dell’eutanasia. Zero parole su Charlie Gard. Qualcuna, striminzita, qualche giorno dopo. Qualche atto dovuto, quasi obbligato.

Ma quando si tratta di accogliere (anzi, di imporre l’accoglienza) e fare cittadini milioni di immigrati, negando il diritto al lavoro di milioni di cittadini italiani in difficoltà, è sempre pronto a parlare. Chissà che il Papa non si riferisse alla Città del Vaticano. Magari, lì, può fare cittadini tutti i disperati che vuole. Mi chiedo se possa sfruttarli a 4 euro all’ora come già avviene da noi. Sarebbe un prossimo passo, in fin dei conti, nella strada penosa intrapresa dalla Chiesa cattolica verso la definitiva distruzione.

Resta l’offesa gravissima di continuare a definire “risorse” dei disperati che non hanno nulla in più dei milioni di disoccupati e poveri che ci riguardano prioritariamente, che sono nostri concittadini e connazionali.

Non si arrenderanno mai. Mai. La scoppola alle amministrative di qualche mese fa non ha fatto arretrare la sinistra italiana sulla questione storica che la attanaglia da un trentennio buono: creare nuovi italiani di importazione, se tutto va bene fedeli elettori del polo politico che li ha resi cittadini.

Fa tragicamente pena che il loro nuovo leader sia vestito di bianco e risieda a San Pietro.

(di Stelio Fergola)