Lungo tutta la storia antica e medievale è esistita una costante: dalle steppe eurasiatiche sono giunti i popoli più pericolosi, dagli Unni agli Avari. E proprio sui secondi si concentra la nostra attenzione oggi.
Numerose popolazioni nomadi hanno terrorizzato, con il loro stile di vita nomadico, le civiltà sedentarie del Mediterraneo. Sciti, Sarmati, Alani, Unni ed Avari erano riusciti a farsi pagare numerosi e ricchi tributi da parte dei popoli che si affacciavano sul Mar Mediterraneo, fra cui anche l’impero romano.
Le veloci incursioni dei cavalieri delle steppe e la loro strategia bellica erano inusuali per i Romani, che dovettero a lungo scendere a compromessi e pagare lauti tributi ai nomadi a cavallo.
Il terrore dalle steppe eurasiatiche
Dopo la morte di Attila e il dissolvimento del suo cosiddetto “impero”, fu il popolo degli Avari a costruire un nuovo forte regno semi-nomade nel centro Europa. Stanziatisi nelle pianure ungheresi ai confini con l’impero bizantino, gli Avari, sottomesse le popolazioni slave e barbariche che trovarono sul loro cammino, iniziarono a saccheggiare le province imperiali.
Avvantaggiati dalla grande velocità di spostamento e dalla cavalleria superiore, gli Avari, guidati da un capo supremo chiamato Khagan, costrinsero gli imperatori bizantini a pagare numerosi e ricchi tributi. Forza egemone nella regione, arrivarono addirittura ad assediare Costantinopoli nel 626 in accordo con le forze Persiane. Gli Avari rappresentarono una minaccia anche per i regni romano-barbarici ad essi adiacenti, come per i Bavari, i Franchi e pure per i Longobardi.
Le incursioni degli Avari
dal 561 al 788 compirono numerose scorrerie nei paesi confinanti, saccheggiando l’Illirico, la Tracia e minacciando direttamente il cuore stesso dell’impero. L’influsso degli Avari sui romani non fu solo negativo, ma ne riformò le tecniche militari ed equestri, migliorandone l’armamento e la strategia. Gli autori greci non compresero mai appieno la civiltà nomade degli Avari, continuando a tramandare la visione falsata di Erodoto e degli autori latini del IV-V secolo.
Tutta quella serie di pregiudizi classici che vedevano la civiltà nomade inferiore a quella sedentaria, e che si traslavano quindi nei suoi membri, considerati non solo infidi e falsi ma anche avidi e semi-umani, sono invero del tutto assenti nelle fonti longobarde.
La fine degli Avari ad opera di Carlo Magno
Furono i Franchi a porre fine definitivamente alla minaccia avarica nel cuore d’Europa. Carlo Magno infatti, il famosissimo re ed imperatore franco, dichiarò guerra a questi agguerriti nomadi pagani, inseguendoli fin nel cuore d’Europa.
Furono però suo figlio Pipino, re d’Italia, il marchese del Friuli Erico, e divesi nobili Slavi alleati dei Franchi, a distruggere il regno avaro. Carlo, dopo una grandiosa invasione delle terre avariche, se ne tornò a casa con un pugno di mosche. I cavalieri nomadi evitarono di combattere contro il grande imperatore, e fuggirono ritirandosi nella steppa ed evitando il contatto.
Anni dopo una guerra civile si era insinuata nel regno del gran Khagan, portando caos e morte. Ne approfittarono i Franchi che, dall’Italia, assalirono il gigantesco accampamento avarico, il Ring, il cuore del regno. Qui fecero strage di nobili e guerreri, razziando talmente tanto bottino, che venne caricato su una fila interminabile di muli per essere portato ad Aquisgrana.
Questa è l’ultimo grande ricordo degli Avari, poi, come giunsero in Europa dal grande deserto della steppa, così scomparvero, sulle ali del vento. Il loro posto fu presto occupato dai Magiari, i progenitori dei moderni Ungheresi.
(di Fausto Andrea Marconi)