Ecco come i terroristi tentano di bloccare l’evacuazione da Douma

Il flusso di combattenti della Jaish al-Islam dalla città assediata di Douma, nel Ghouta orientale, si è bloccato martedì a causa degli scontri tra le fazioni rivali, tra quelle che volevano evacuare e quelle che non volevano.

Fuori dal corridoio di evacuazione, i soldati si stendevano al sole, giocavano a carte sotto una tenda seduti su dozzine di sedie di plastica. Aspettavano impazientemente gli autobus che avevano attraversato la linea jihadista, ma non erano tornati con i combattenti in partenza e le loro famiglie.
Nel pomeriggio sono apparsi cinque autobus, un piccolo regalo da parte del capo politico di Jaish al-Islam, Mohamed Alloush, che ha ordinato ai suoi uomini di lasciare il territorio.

Ai soldati è stata imposta una scelta da parte dei russi, nell’accordo per l’evacuazione: andarsene con i propri compagni e le proprie famiglie, o arrendersi e richiedere l’amnistia governativa.
Migliaia di combattenti ribelli, con le proprie famiglie, hanno lasciato il Ghouta orientale a seguito dell’accordo, al quale sono seguite settimane di bombardamenti dell’enclave -adiacente a Damasco- da parte delle forze governative sostenute dai russi.

Ci sono tre fazioni che respingono l’accordo. Una sostiene che bisognerebbe combattere fino all’ultimo uomo, una seconda insiste sul fatto che i soldati dovrebbero portare gli armamenti pesanti con sé, e una terza vuole che tengano solo le armi leggere e formino un’amministrazione autonoma nel Ghouta orientale, nonostante il 95% della regione sia ormai sotto il controllo governativo. Mosca e Damasco sono già pronti alla battaglia, e non intendono fare concessioni.

Jaish al-Islam è un gruppo particolarmente problematico. L’Arabia Saudita, suo sponsor, sembra avere abbandonato i suoi combattenti a Douma, dove il gruppo è stato formato nel 2011. Maggiore gruppo armato nel Ghouta orientale, Jaish al-Islam ha dominato gli altri gruppi jihadisti dell’enclave, pur con diversi scontri. Ha accettato l’accordo russo, e i suoi combattenti si sono arresi, o sono partiti per la provincia nordoccidentale di Idlib.

I combattenti di un gruppo locale, Jihad al-Islam, sono stati respinti da Idlib e gli insorti si sono spostati nel sud. La Turchia si è offerta di ammettere i combattenti del gruppo nella città di Jarablus.
Nel frattempo, nel Ghouta orientale, lunghe linee di autobus rimangono parcheggiate a fianco della strada. Gli autisti dormono su tappeti stesi sotto gli autobus. Per questi uomini l’evacuazione dell’enclave è un lavoro e un dovere nazionale. L’evacuazione segna la fine di un assedio, o di una battaglia, e avvicina la guerra alla sua conclusione.

Ci siamo accordati con loro per parlare dell’evacuazione. Niente nomi, niente foto. “Abbiamo lavorato a Homs, Aleppo, e adesso Ghouta” dichiara un giovane curdo proveniente da Afrin. “Siamo pagati 25000 Lire siriane (40 Euro) per il viaggio. Niente per aspettare” dichiara un autista di mezza età proveniente da Idlib.

Questi uomini sono coraggiosi. Disarmati, hanno trasportato combattenti armati per 15 ore. “I soldati si coprono il volto e non parlano, ma spesso litigano tra loro. Rispettano noi autisti perché sanno che abbiamo la loro vita nelle nostre mani”.

Guidano lentamente, accompagnati dalla Mezzaluna Rossa Siriana. La strada è pericolosa. Le persone che vedono i convogli lanciano pietre o addirittura sparano contro gli autobus. “I combattenti conoscono il loro destino. Combatteranno. Ci dispiace solo per le donne e i bambini, non conoscono il proprio futuro, sono nelle mani di Dio”.

(da Irish Times – Traduzione di Federico Bezzi)