Inutile girarci intorno, sulla Formula 1 del 2020 soffia l’ultimo vento della speranza. È l’anno del cerino: per la Ferrari e per tutta la Formula 1. Oggi si aprono le danze con i test di Barcellona prestagionali, dando il via all’ultima stagione della prima era turbo-ibrida del Circus prima del cambio regolamentare.
È l’ultima occasione per entrare nella leggenda e issare il proprio nome in questo periodo storico. Per farlo occorre spodestare un vero e proprio monopolio: quello grigio della Mercedes, più che del comunque meritato pilota.
Così, se da una parte della trincea si combatterà per scardinare l’egemonia, dall’altro lato si farà di tutto per crearla. Lewis Hamilton e la Mercedes hanno la possibilità rispettivamente di agguantare Michael Schumacher (sette titoli totali) e superare la Ferrari (sempre sette) per dominio di ciclo.
Numeri quasi imbarazzanti, che esigono una riflessione su quanto è passato dall’inizio del nuovo millennio. Il campione inglese sta diventando uomo mercato in ottica 2021 con l’accostamento (più volte negato) alla Ferrari. Ma è il caso di passare al setaccio quanto realmente da lui conquistato, e dare un metro di paragone reale sulla base dei propri mezzi.
Prendendo gli anni 2014-2019 infatti, la Mercedes ha vinto sei titoli, con ben quattro doppiette e due diversi piloti (Hamilton – Rosberg). Nessun ci era riuscito, tantomeno con entrambi i propri driver. Per fare un paragone, lo Schumacher dell’epoca d’oro Ferrari condivideva solo due doppiette con il compagno di scuderia, mentre tre volte la McLaren ha strappato il secondo posto con Hakkinen, Coulthard e infine Raikkonen.
Passando al biennio di Alonso in Renault, la capacità del pilota spagnolo era tale che il miglior piazzamento della seconda monoposto francese è quello di Fisichella, quarto nel mondiale durante il 2006. Anche Vettel, indiscusso leader dell’era V8 KERS ai tempi della Red Bull, aveva il campione asturiano sempre nelle costole, con Webber mai oltre il terzo posto.
Quattro cicli differenti per motorizzazioni (aspirati V10 3000cc, V8 2400cc, V8 con KERS e infine le Power Unit ibride), quattro campioni e relative scuderie che in maniera differente hanno gestito il dominio sugli avversari. Indubbiamente minore quello del pilota per le Stelle d’Argento, dove i meriti del mezzo hanno chiaramente prevalso su quelli dell’uomo, numeri alla mano.
Grandi conquiste quelle di Hamilton, che però necessitano quantomeno di un corretto ridimensionamento se visti in paragone ai campioni venuti prima di lui. Nel 2014, 2015, e 2019 avrebbe comunque vinto una Mercedes, quella di Rosberg o addirittura Bottas. Lo stesso non sarebbe accaduto diversamente a Ferrari, Renault e Red Bull senza i rispettivi Schumacher, Alonso e Vettel.
Dopo tutte le voci di mercato, dopo la conferma di Leclerc lo scorso anno, Ferrari deve realmente chiedersi se per vincere necessita di Hamilton o di qualcosa di diverso, da trovare in lei. Un conto è vincere sui social, sugli sponsor, come il matrimonio con il campione inglese garantirebbe. Un altro in pista: e per quello, Hamilton a conti fatti, potrebbe non essere sufficiente.
(di Davide Passate)