Gratteri e la necessità di uno stato più forte contro le mafie

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Oggi che sempre più si vede nel criminale il vero eroe, oggi che tra i modelli di riferimento abbiamo i personaggi delle serie TV su camorristi e narcos, oggi che la mentalità da cricca affaristica è sistemica, è fondamentale celebrare l’operato di un uomo: Nicola Gratteri.

Gratteri e la lotta alla ‘ndrangheta

Con le operazioni poliziesco-giudiziarie da lui guidate, si è riusciti a dare un colpo molto duro a una delle più grandi organizzazioni nemiche dei popoli e dell’“ordine”: la ‘ndrangheta. Incredibile è come un fatto del genere, sia passato in secondo piano su alcuni dei principali quotidiani nazionali – Il Corriere ha portato la notizia alla 20ma pagina, Repubblica e Stampa alla 15ma e 16ma –. Incredibile come non rimanga argomento principale dei Tg e del dibattito pubblico. Forse è più importante perdersi nelle diatribe tra garantisti e giustizialisti, nel chiacchiericcio pseudopolitico, o peggio ancora in quello ideologico-psichiatrico (sardine, fascismo e razzismo in Italia, ecc.)?

Forse la mediocrità imperante, ci proibisce di vedere che ci sono “uomini” che lavorano in silenzio, in maniera potente, chirurgica, “virile” diversamente dalle primedonne della politica, ma non solo, starnazzanti nelle piazze, in TV o a mezzo social? Forse gli italiani, non sono soltanto quel popolo di macchiette e mandolini, o di odiatori di sé stessi inchinati alle grandiosità degli altri Stati (es. Nord Europa, Francia, USA, ecc.)? Eppure tutto questo è avvenuto qui, in Italia. Un governo “vero” espressione di uno Stato “sovrano”, dovrebbe fornire a uomini come Gratteri molti più mezzi, cabine di regia, e formare personale che riproduca in modo capillare e scientifico operazioni simili a quella da lui guidata.

Gratteri e la necessità di leggi antimafia più forti

Inoltre, fondamentale è modificare le leggi, come quanto dichiarato dallo stesso Gratteri, per dare maggiore capacità di attacco nei confronti delle mafie. Che cosa può un sistema penale e giudiziario, che reputa l’operato di queste organizzazioni alla stregua di una semplice attività criminale, come quella di un rubagalline o al massimo di un rapinatore di banca? Ben altro ci vorrebbe, per riparare i torti subiti dallo Stato e dalle comunità (es. il lavoro coatto nel riassesto idrogeologico del territorio – vedi Terra dei Fuochi).

Un sistema che miri a sradicare la convinzione di farla franca, quando ci si mette contro lo Stato, e anzi che l’“anti-Stato” sia addirittura lo Stato – esempio massimo di capovolgimento dei valori della postmodernità e della società contemporanea. E poi l’educazione culturale, altro caposaldo di diverse delle dichiarazioni di Gratteri.

La lotta culturale

È necessaria una grande opera di educazione e rieducazione della popolazione. Ci sono sacche di essa dove, infatti, la cultura mafiosa è percepita come “non nociva” se non addirittura “giusta”. Un’opera capillare fatta scuola per scuola, quartiere per quartiere, comune per comune, istituzione per istituzione. Un’opera che va condotta, però, pur sapendo che vi è una differenza sostanziale tra le varie nature delle popolazioni che abitano l’Italia. Non è possibile equiparare il piemontese al napoletano, o il lombardo al siciliano. E non è questione di stabilire se c’è un meglio e un peggio. Bisogna comprendere che la mentalità “paternalistico-feudale”, di cui la mafia non è nient’altro che l’escrescenza, la parte deviata, “cancerogena”, è parte del bagaglio culturale di certe fette di popolazione.

Un’“escrescenza cancerogena”, che ha caratteristiche proprie, derivanti da antichi processi storici (invasioni e dominazioni) e sul quale talune società segrete hanno fatto presa nel corso dei secoli – interessante il congiungimento/ricongiungimento della ‘ndrangheta con settori della massoneria. Una sana politica che miri all’integrazione di tutto il territorio italiano – ce n’è ancora bisogno – deve conoscere queste cose, in modo tale da calibrare le sue capacità di governo. L’affermazione di un principio “unitario” può essere data solo sapendo come agire nelle situazioni concrete e sul materiale antropologico che abbiamo a disposizione.

In questo, probabilmente, va anche rivista in ambito storico e socio-economico, in senso “non revanscistico”, tutta la storia d’Italia. Perché, per intervenire su degli squilibri sistemici bisogna sapere come farlo, dove indirizzare l’attività industriale ed economica del Sud, dove potenziare la rete infrastrutturale, ecc. Altrimenti non si potrà mai parlare d’Italia unita e il revanscismo, verrà riproposto in salse sempre più ridicole.

Repressione, educazione, conoscenza della natura specifica del popolo italiano-meridionale, e conoscenza della storia d’Italia: sono queste le armi che abbiamo a disposizione, e che devono viaggiare insieme in maniera sinergica. Tutto ciò al fine del ripristino della sovranità statale, intesa non nel senso istituzionale, formalistico o securitario, ma alla luce di un “principio d’ordine” che agisce, dà forma, “equilibra” l’elemento umano e comunitario. Un principio sicuramente incarnato da Nicola Gratteri, il quale non può che ricevere ammirazione da tutti coloro che si rivedono in lui.

(di Roberto Siconolfi)

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