Elogio di Sergej Lavrov

Sergej Lavrov è, è stato e sarà un gigante nelle relazioni internazionali e nella comprensione delle dinamiche storico-culturali. Pochissimi hanno una conoscenza sopraffina dei Paesi come lui. Dotato di altissima dignità e animo gentile e pacato, ha sempre considerato la diplomazia quale arte nobile.

Motivo per il quale, in un mondo di nani aggressivi e pagliacci piagnucoloni quali sono le sue controparti occidentali, non poteva che decidere di uscire elegantemente di scena. Pensare di stringere la mano a personaggi come Boris Johnson e Mike Pompeo lo imbarazza: troppo ignoranti rispetto alla sua caratura. Negli anni (o forse nei secoli a venire), per la sua capacità di trovare soluzioni condivise con partner geopoliticamente agli antipodi, la storia lo affiancherà a personaggi storici del calibro di Klebens Von Metternich e Vjačeslav Molotov.

Si pensi a capolavori come il ritorno a casa della Crimea, condizione necessaria affinché la Russia, dopo il cambio di regime ai suoi danni a Kiev, non perdesse l’accesso al Mar Nero né avesse una catena di circoscrizione in piena regola che le avrebbe causato la perdita e progressiva islamizzazione di tutti i suoi territori meridionali, Cecenia in primis.

Oppure al sostegno a Bashar al-Assad, che ha impedito che sulla moschea degli Ommayyadi di Damasco sventolasse la bandiera dell’ISIS o di Jabhat al-Nusra. Sicuramente, rimarrà l’unico esempio statuario per i posteri e chiunque vorrà intraprendere la carriera diplomatica.

Sperando che Anton Vajno, capo dell’Amministrazione Presidenziale della Russia, segua le sue orme, gli auguriamo una buona pensione. Arrivederci ad un gigante.

(di Davide Pellegrino)