Provocazioni israeliane e prove false: si avvicina l’escalation con Teheran

Se c’è un appeasement con la Russia su un fronte più spesso (Cina e Corea del Nord) vuol dire che gli USA si sacrificano per un altro: l’Iran.

Gli invii di maggiori contingenti in Afghanistan, a parole per contrastare i talebani ma nei fatti in funzione di accerchiamento, sono stati i preparativi. I recenti bilaterali con Emmanuel Macron ed Angela Merkel, dove si è deciso per una rinegoziazione dell’accordo sul nucleare, faranno capire il modus operandi: una riedizione della “coalizione dei volenterosi” vistasi durante l’aggressione terroristico-predatoria all’Iraq di Saddam Hussein nel 2003.

La nomina di John Bolton a Consigliere per la Sicurezza Nazionale e le minacce di Mike Pompeo (fresco Segretario di Stato) da Riyadh e Tel Aviv sono stati gli antipasti. La distruzione, in un raid, del deposito di armi a sud di Hama e il danneggiamento di un’area controllata dai Pasdaràn ad Aleppo la provocazione diretta.

La messinscena di Benjamin Netanyahu, secondo cui Teheran sta producendo cinque ordigni atomici della potenza di Hiroshima, sarà invece il casus belli, la miccia, la goccia che farà traboccare il vaso. Fungerà, infatti, da giustificazione alla rottura dell’accordo di cui sopra, nei piani di Donald Trump il 12 maggio. Il fatto che il mainstream mediatico abbia preso per oro colato tutto ciò fa presagire un suo ruolo di quinta colonna.

Analogamente a Iraq, Libia e Siria, attraverso la menzogna avallerà quelle considerazioni etiche unidirezionali delle cancellerie occidentali che legittimeranno gli incontri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, le sanzioni, gli embarghi e financo “i bombardamenti umanitari.”

Resta da capire la strategia. Lo scontro vis a vis appare improbabile. A livello numerico, infatti, i riservisti nelle forze armate iraniane superano di gran lunga il numero di regolari nella IDF. Israele, inoltre, essendo senza alcuna profondità strategica e con una popolazione molto ridotta avrebbe grossi problemi nel difendersi in autonomia. Washington e servitù non ne minerebbero in alcun modo la sicurezza. Più facile, quindi, un teatro esterno. A tal scopo, potrebbero utilizzare il Libano.

Analogamente a novembre 2017, con la carta delle dimissioni di Saad Haariri, cercheranno di creare una frattura irreparabile tra la Coalizione 14 Marzo (filo-sunnita) e la Coalizione 8 Marzo, della quale fanno parte la Corrente Patriottica Libera – formazione cristiano-maronita con a capo il presidente, Michel Aoun – ed espressioni sciite minori quali Amal.

Uno scenario che potrebbe ricalcare quello vistosi durante la guerra civile del 1975-1990. L’obiettivo (la distruzione di Hezbollah) costringerebbe l’Iran ad intervenire militarmente. Oltretutto vedrebbe l’entrata in scena di un terzo attore, quell’Arabia Saudita che da anni finanzia i revanscismi sunniti nella regione. Un’ulteriore man forte, quindi, a tale asse criminale di ispirazione atlantico-sionista. Comunque andrà, sarà un disastro.

 (di Davide Pellegrino)