Altro che conferenze da ideologo! Ecco le vere domande da fare a Barbara Balzerani

Negli ultimi giorni ha destato scalpore la dichiarazione di Barbara Balzerani, ex militante delle BR, sulla vicenda Moro – parenti delle vittime. Per la Brigatista, mai pentita né dissociatasi dall’organizzazione, “quello della vittima è oggi un mestiere e solo la vittima ha il monopolio della parola”. La Balzerani condannata a 6 ergastoli, dopo un regime di libertà condizionata a partire dal 2006, è definitivamente libera dal 2011 in virtù della legge Gozzini.

Innanzitutto sembra davvero strano che una “nemica dello stato”, tale è il ruolo di una militante politico-militare, sia in libertà senza che si sia pentita né dissociata. In tutte le tradizioni politiche, a cominciare da quelle di riferimento della terrorista, i nemici dello stato rimangono incarcerati, e spesso “passati per le armi”. Gli sconti di pena e la riabilitazione vengono concessi solo a chi ha ammesso le sue colpe.

Stendiamo anche un velo pietoso sul “come” a questi personaggi venga concessa con tanta leggerezza la parola in questi spazi cosiddetti “antagonisti”, ma coadiuvanti dell’ordine imperialista “americano”. Similitudine, questa, alla funzione che hanno svolto per anni formazioni come le Brigate Rosse.

Sia per quest’ultimo aspetto che per la libertà concessa alla brigatista, vogliamo concedere il beneficio dell’ingenuità e della tolleranza allo stato italiano. Così come possiamo ammettere che in una democrazia “viva” si effettuino dibattiti anche duri, ma interessanti, sugli anni di piombo, facendo parlare vittime, parenti delle vittime, esecutori e magari anche i “mandanti”.

Certo, dovremmo avere una stampa all’altezza che faccia informazione, o meglio che non la faccia solo a favore dell’establishment, e che possa chiedere ai brigatisti, ad esempio, della teoria della “rivoluzione tradita” (ovvero la base ideologica del passaggio di mano che avvenne dal ’45 in poi, tra diversi settori della resistenza e le nuove leve “rivoluzionarie” e che sfociò nella lotta armata).

Bisognerebbe chiedere alla Balzerani e co., anzi e “compagni”, delle connivenze, dei finanziamenti, se non addirittura della “strutturazione a tavolino” di formazioni come le BR e altre consimili nel mondo – RAF o OLP – in centri di potere ben precisi.Tra le centrali che dirigevano, dall’alto e dall’esterno, tali formazioni vi era l’Hyperion. Nella “scuola di lingue” si riunivano per ricevere direttive dalle principali centrali spionistiche internazionali (CIA, Mossad, KGB) alcuni dei personaggi chiave di tuta la strategia della tensione europea e internazionale.

Una delle domande da fare sarebbe quella sul ruolo quantomeno “anomalo” che ebbe Mario Moretti, il nuovo “capo” dopo l’arresto di Curcio, o il loro amico “ricco” Corrado Simioni, della struttura denominata Superclan. Venendo all’operazione Moro, una stampa degna di questo nome, dovrebbe ricordare alla “compagna”, di come sequestrando il presidente DC, le BR, abbiano attaccato proprio colui che in quel partito si prodigava per un maggiore sganciamento dall’imperialismo americano e israeliano. E, di quanto questo non abbia interessato il partito armato, lo lasciamo ai cavilli strategici del marxismo-leninismo.

Del resto nel gioco a tenaglia tra capitalismo e marxismo, tra USA e URSS, NATO e Patto di Varsavia le forze terze sono sempre state le più bersagliate, una lezione che è valsa, in Italia, anche per il capitalismo nazionale di Enrico Mattei. Sulle Brigate Rosse, senza contestare la visione del mondo, lecita nella lotta per le idee, è risultato piuttosto evidente che agli esordi vi fosse una fase “genuina”, legata ad azioni per lo più politiche e se violente non finalizzate all’ammazzamento.

Successivamente, però, il movimento ha preso una piega fortemente sanguinaria, e in particolare dopo l’arresto di Curcio, e proprio con la dirigenza Moretti. Una direzione “militare” particolarmente scevra da “intelligenza politica”. Da qui, ammettendo la buona fede dell’azione, i tifosi delle Brigate Rosse, come alcuni gruppuscoli politici “non armati” ancora operativi, ci devono spiegare a cosa è dovuto questo amore così irrazionale per il sangue e la violenza fine a sé stessa. Così come i militanti di questo centro sociale fiorentino ci dovrebbero spiegare le ragioni effettive di questa adorazione “mistica” per la Balzerani.

Perché mai “idolatrare” un personaggio foraggiatore di violenza in un clima non di guerra, o che comunque non prevedeva più il conflitto classico armato “a viso aperto” – come nella seconda guerra mondiale, come nelle guerre “rivoluzionarie” russe o cinesi, o nelle guerriglie di liberazione sud americane. Un culto della violenza, viscida e “non rivoluzionaria”, che la terrorista continua ad esprimere visto il commento sui social network nel quale si richiamava ai “fasti del 40ennale” – sarà un qualcosa di connaturato.

Ecco, se i media e la stampa avessero potuto porre tali quesiti, sarebbe il caso che personaggi come la nostra “guerrigliera” uscissero più frequentemente in prima pagina.

(di Roberto Siconolfi)