L’hanno presa benissimo!

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Il quarto trionfo di Vladimir Putin alle elezioni presidenziali russe ha, come previsto, scatenato le comari liberal del giornalismo e della politica nostrana.

Con il 76,6% dei consensi è però abbastanza difficile se non impossibile non parlare di successo clamoroso, ed ecco che i “sinistri” figuri della nostra stampa si dividono, grosso modo, tra chi tenta disperatamente di focalizzarsi su brogli che, come dicevamo nell’articolo sopralinkato, secondo Ella Pamfilova della Commissione elettorale russa, sono risultati “denunce minori e locali” e chi dall’altro lato però (sia Repubblica che le altre testate) riporta sempre lo stesso video, composto da tre-quattro spezzoni, in cui si mostrano comportamenti irregolari nell’inserimento di schede – si dice – precompilate.

Una situazione che si è verificata anche in varie elezioni occidentali, in primis quelle italiane – famosissime – del 2006 – quando spuntarono centinaia schede precompilate “sospette” e tutte a marchio l’Unione (l’allora coalizione di centrosinistra uscita vincente dallo scontro su Berlusconi), in questo stesso 2018 la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per investigare sulle possibili irregolarità del voto italiano all’estero, nello specifico in Canada e Germania.

Il nostro ordinamento nasce, del resto, con il “dubbio atavico” di un taroccamento sul voto del referendum 1946, il che se si usassero gli stessi pesi antiputinisti dovrebbe essere considerato un peccato originale incancellabile: di prove, grosso modo, c’è lo stesso materiale per quanto sarebbe emerso di recente in Russia, e quindi – di norma – si tace.

È desumibile, piuttosto, che per sistemi così vasti di consultazione l’imprecisione (o addirittura il dolo) sia sempre dietro l’angolo, ma tutto sta a vedere quanto si può essere interessati a dover setacciare i video di sicurezza o meno.

Ed evidentemente nel caso russo, magicamente, la stampa italiana e occidentale si concentra con particolare attenzione, proprio sui tre quattro video di cui sopra, ne costruisce una regola generale e parla, sfruttando la complicità degli oppositori di Putin, di “decine di migliaia di denunce”. Di prove, però, ce ne sono davvero poche, e soprattutto di fronte a un’affermazione così schiacciante rende poco plausibile la necessità, per lo Zar, di ricorrere chissà a quale artifizio per uscire vincitore per l’ennesima volta.

Ma andiamo oltre. Chi è costretto a riconoscere il successo del presidente russo, oltre a citare gli imbrogli e le imposizioni della terribile dittatura del Cremlino, si concede perle di rara bellezza come questa:

L'hanno presa benissimo!

Che è un po’ come dire di aver portato il proprio cane a spasso, di aver mangiato del gelato o di preferire il filetto al pepe verde rispetto alla bistecca alla fiorentina. Sostanzialmente, nulla che possa interessare qualunque osservatore obiettivo di ciò che è accaduto in Russia: ossia una – telefonatissima – vittoria elettorale di un leader che (si facciano venire meno fegati grossi i contestatori) è quasi totalmente supportato dal suo popolo.

Ma siccome un caso simile è indigesto a chi ha fatto della frammentazione politica una ragione di sopravvivenza ma anche di arricchimento, allora è meglio urlare a Putin dittatore e Putin sanguinario.

A questo punto potremmo lanciare il “metodo Zucconi” per tutte, o quasi, le consultazioni elettorali occidentali, e potremmo dire che il 32% circa degli italiani non ha votato i partiti e le coalizioni che si giocheranno un ipotetico governo, che quasi il 40% dei francesi al ballottaggio ha avuto il coraggio di non votare Macron, e via discorrendo: la lista delle idiozie sarebbe molto lunga, quindi potrete completarla agilmente voi.

Delira Zucconi, dunque. Ma delira – strano – Left, che pubblica un pezzo intitolato “Gli ingredienti del trionfio di Putin? Promesse ireallizzabili, patriottismo e concerti gratis”. Ovviamente patriottismo è quasi una parolaccia, ma è interessante notare quale sarebbe “l’irrealizzabile” per la rivista “di sinistra”:

Riduzione della povertà, aumento degli asili nido e dell’aspettativa di vita a 80 anni, costruzione di edilizia “popolare”, crescita economica al 3,8% nei prossimi anni.

Praticamente tutto ciò che la Russia ha fatto negli ultimi 17 anni, uscendo da una situazione economica disastrosa e registrando tassi di crescita ben più alti dell’ “incredibile” 3.8% promesso da Putin, toccando anche punte dell’8%.

È vero che l’anno scorso il PIL russo è salito di soli 1.8 punti percentuali, ma è altrettanto vero che il trend e in decisa crescita rispetto al 2016 (+ 0,6%), com’è nuovamente incontestabile il peso delle sanzioni e delle crisi internazionali provocate dagli USA tanto in Medio Oriente che con l’appoggio al golpe ucraino, che ha condotto l’economia russa a una naturalissima flessione dalla quale, ci permettiamo di sottolineare, sta uscendo con tutti gli onori.

Poi vabbé, in ogni elezione le promesse non sono mai pienamente realizzabili: ma l’Occidente, in questo, ha poco da dare lezioni.

Forse il capolavoro assoluto della giornata, però, è l’articolo di Federica Bianchi su L’Espresso: “Così Vladimir Putin e la sua retorica anti Occidente conquistano ancora la Russia”.

L'hanno presa benissimo!

Alcuni mirabili passaggi meritano di essere citati:

Si è trattato di elezioni al limite della farsa, certo. Brogli, minacce e pressioni di ogni genere per spingere la gente a votare a profusione. L’unico oppositore serio, Alexei Navalny, dal 2009 promotore di manifestazioni anti Putin, regolarmente dentro e fuori dal carcere, era stato dichiarato ineleggibile dalla commissione elettorale a dicembre. Le solite accuse di corruzione, quelle utilizzate dai semi-dittatori moderni per fare fuori gli avversari.

Navalny ha avuto alle precedenti consultazioni un consenso di poco superiore al 2%, ma la farsa di considerarlo nemico numero uno di Putin prosegue. Va bene.

Mosca si sente una fortezza sotto attacco con mire espansionistiche. Un ossimoro che funziona.

Prendiamo atto che per la Bianchi espandere la propria sfera di influenza a praticamente tutto l’ex blocco sovietico – come hanno fatto gli USA dalla fine degli anni Novanta in poi – non è espansionismo, mentre la malvagia Russia vive ancora di retorica anti-Occidentale. Ognuno può credere ciò che vuole, anche che gli asini volino.

Di perle ce ne sarebbero altre, su tutte “Crimea ferita europea” (una regione dove Putin ha avuto più del 90% dei consensi, praticamente un plebiscito), ma chiudiamo qui.

E chiudiamo anche l’articolo con due considerazioni: la prima è che ancora non si è visto in giro Saviano (troppo occupato a parlare di navi ONG sequestrate per traffico di esseri umani) e, devo essere onesto, mi è mancato.

La seconda è una battuta che ho letto oggi su facebook la quale, devo essere onesto, mi ha fatto ridere davvero: in Russia fare gli scrutatori deve essere sul serio una pacchia. Eh già.

(di Stelio Fergola)

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