100 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre

100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre

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PREMESSA

Il 1917 è un anno grande e drammatico: nel pieno della guerra iniziata nel 1914 si intrecciano la  storia politica degli Stati e delle classi sociali, con le infinite storie private degli individui – soldati – e dei nuclei familiari.

Ma cento anni fa emerge una situazione nuova: le classi popolari sembrano assumere la direzione degli avvenimenti diventando, quindi, soggetto politico in proprio, rivoluzionando gli equilibri interni ed esterni dei poteri: non sono più le classi dirigenti tradizionali – come appunto avvenuto tra il 1914 e il 1915 – a dirigere spegnendo sul nascere – con la forza e regimi polizieschi – qualunque tentativo di dissociazione.

Il 1917 è l’anno della rivoluzione russa che si svolge in due fasi: quella riformista di febbraio/marzo e quella rivoluzionaria e decisiva di ottobre,  ma è anche l’anno – su tutti i fronti di guerra – di una serie di atti di insubordinazione individuale e collettiva e di ammutinamento di interi reparti, spesso con fucilazioni sul posto o dopo processi militari.

Come prevedibile, l’Europa celebra il centenario dallo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre con una serie di mostre che vedono l’Italia come attiva protagonista. Dalla partecipazione di 12 artisti italiani a una grande mostra che inaugurerà a San Pietroburgo fino all’esposizione di Palazzo Altems a Gorizia, ecco come il mondo dell’arte ricorda e rivive il mito della rivoluzione.

Rivoluzione: ribellione, rivolta, lotta, distruzione; ma anche utopia, rinnovamento, cambiamento, progresso e persino metafora. Sono tanti gli immaginari che ruotano attorno al concetto di rivoluzione, inteso nelle sue accezioni sociali, politiche e culturali. Su queste sfumature di significato e di interpretazione si regge Diritto al Futuro, la mostra che il prossimo 25 ottobre inaugurerà al MISP – Museo dell’Arte del XX e XXI secolo di San Pietroburgo. L’esposizione aprirà le sue porte al pubblico in una data emblematica, ovvero il centesimo anniversario dallo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre (25-26 ottobre 1917), l’atto conclusivo di quei moti di insurrezione che sancirono la fine dell’Impero Russo e la nascita della Repubblica Sovietica.

Però la vera svolta del 1917 è l’intervento diretto nella guerra degli Stati Uniti  che inizia l’1 febbraio quando  la Germania riprende la guerra sottomarina indiscriminata contro i mercantili diretti nel Regno Unito e il 3 febbraio gli Stati Uniti  rompono le relazioni diplomatiche con la Germania a seguito dell’intensificarsi della guerra sottomarina. Il 4 aprile il presidente Thomas Woodrow Wilson presenta  al Congresso la proposta di entrare in guerra e il 6 aprile gli  Stati Uniti  dichiarano guerra alla Germania. Il 18 maggio viene approvato il  Selective Service Act che introduce la coscrizione militare negli Stati Uniti  e già il 25 giugno le prime avanguardie della American Expeditionary Forces sbarcano in Francia. Infine il 7 dicembre gli Stati Uniti dichiarano guerra all’Austria-Ungheria.

LA NASCITA DELLA RUSSIA

La Russia era, tra il X e l’XI secolo, il paese di Rus’, l’area dei grandi fiumi che scendono dal Nord per sfociare nel Mar Nero e nel Mar Caspio e che, popolata da slavi pagani, era un drammatico territorio di scontro per i germani scandinavi e gli altaici (gruppo di popolazioni di lingua turca, stanziate sulle pendici settentrionali dell’Altai, nel bacino superiore del fiume Ob ) che venivano da est.

La cristianizzazione della Rus’ e la nascita dei grandi principati guerrieri e mercantili sulle sponde dei grandi fiumi è una delle realizzazioni dell’impero bizantino e della Chiesa ortodossa greca.

Verso il XV secolo i “granprinicpi” di Mosca, che si stanno liberando dalla tutela dei tartari di Kazan eredi dell’Orda d’Oro (Denominazione della dinastia d’origine mongola, ma fondata su popolazioni in maggioranza turche o turchizzate, stabilita, su una vasta zona della Russia meridionale – dal Caucaso al medio Volga –  e sulle steppe dell’Asia tra la Siberia, il Caspio e l’Ara,  nel secolo XIII da Bātū ,figlio di Giöči, primogenito di Genghiz Khānl) iniziano a interessarsi delle vicende di Costantinopoli alla quale da più di 500 anni la terra russa invia schiavi, guerrieri mercenari, legname, miele, cera, pellicce e ambra.

Ma Costantinopoli non esiste più, sostituita da Istanbul dominata dai turchi ottomani cugini dai tatari di Kazan.

Istanbul dove la Vera Fede cristiana – già inquinata a Occidente  dai barbari eretici latini – langue sotto il tallone musulmano mentre il Khan turco prende possesso dei palazzi imperiali osando anche proclamarsi erede dell’impero romano.

Ma l’erede diretto di Costantinopoli è il ducato di Moscovia, al quale ora guardano tutti gli ortodossi  che non sperano nulla dal Papa di Roma. E al gran principe di Mosca sarebbero dovuti spettare gli onori e le insegne del nuovo Caesar, lo Zar.

Si sta così profilando un’alleanza geopolitica e culturale tra Mosca e Isfahan (persiani) e si avvia un grande gioco fra tre sterminati imperi nel macrocontinente eurasiatico.

I principi russi che rivendicano il titolo di Zar si impegnano a fare di Mosca la terza Roma dopo quella antica e la seconda, Costantinopoli.

Il loro impero, così periferico se lo si guarda dal Mediterraneo, acquista un ruolo essenziale se da Mosca si spingeva lo sguardo verso l’est e verso il sud, la Siberia  e l’Asia centrale.

Sotto la dinastia dei Romanov, sovrani crudeli e spregiudicati, che restano al  potere sino al 1917, assumono il potere nel 1613 nello splendido Cremlino e dominano alternando la loro sede con la nuova città baltica di San Pietroburgo,  la Russia si pone come  autentica cerniera tra Oriente e  Occidente, tra Nord e Sud, tra l’Europa e l’Asia.

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La Russia del primo Seicento è ancora un paese asiatico, cristiano-ortodosso, strettamente legato all’eredità bizantina ma situato tra il mondo persiano e quello turco-mongolo per tradizioni e vita socio-economica.

E’ il Romanov  Pietro il Grande (1672 – 1725) a rinnovare e occidentalizzare i costumi assumendo anche lo stretto controllo della Chiesa e obbligando la barbara aristocrazia dei guerrieri proprietari terrieri, i “boiari” ad europeizzarsi eliminando addirittura la barba e gli abiti all’asiatica. Inoltre lo Zar fonda la cantieristica navale russa imponendo la sua egemonia sul Mar Baltico attraverso San Pietroburgo.

Gli succede, coma da sua indicazione, la seconda moglie, la Zarina Caterina, che con l’appoggio commerciale e tecnologico soprattutto inglese e olandese e combattendo contro i turchi ottomani, prosegue l’opera di Pietro Il Grande e le potenze occidentali sono costrette a guardare ormai alla Russia come una di loro, cosa che si concretizza tra il 1812 e il 1815 con l’impero russo tra i responsabili della vittoria contro Napoleone.

Però la crescente influenza russa che guarda a est verso l’Asia centrale si scontra con gli interessi inglesi che aspirano ad ampliare i loro domini indiani fino all’Indo Kush.

Ne deriva che, per impedire alla Russia di insediarsi nel Mediterraneo,  Francia, Inghilterra e Germania sostengono l’ormai fatiscente impero ottomano ma si ravvedono per timore, dal 1870, della sempre maggiore potenza tedesca così la Russia si allea con la Francia e si pacifica con l’Inghilterra.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale la Russia  con Francia e Gran Bretagna (la Triplice Intesa) combatte la Triplice Alleanza (Germania, Austria, Italia).

L‘1 agosto 1914 la Germania dichiara guerra alla Russia  che aveva mobilitato l’esercito ma la Russia si trova presto a combattere su due fronti: occidentale contro la Germania e a sud, nel Caucaso, contro l’Impero ottomano armato e istruito dai tedeschi.  Su questo secondo fronte il grosso dei combattimenti cessa alla fine di settembre 1916, con entrambe le parti bloccate da un inverno particolarmente duro; la situazione non subisce grandi mutamenti nel corso del 1917, essendo i russi immobilizzati dai disordini in corso in patria e gli ottomani concentrati sul fronte del Medio Oriente contro i britannici. Sul fronte occidentale i Russi subiscono pesanti perdite e allo sfaldarsi dell’esercito corrisponde lo sfaldarsi del regime zarista.

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CENTO ANNI FA SI SFALDA LA RUSSIA ZARISTA

Abbiamo già accennato nella Premessa che nel 1917 un ruolo importante riguarda la Russia (dove, ricordo, che è in vigore il calendario giuliano e quindi gli eventi che seguono sono compresi nella Rivoluzione di febbraio, dal 23 febbraio al 2 marzo, e nella Rivoluzione d’ottobre,  tra il 25 e il 26.

Però Lenin, all’inizio del 1918, decise di adottare il calendario gregoriano eliminando  i giorni fra l’1 e il 13 febbraio 1918).

 

Il  23 febbraio 1917 a Pietrogrado  (nome dato a San Pietroburgo dal 1914 al 1924, cui segue dal 1924 al 1991 Leningrado) scoppia un imponente sciopero alle officine Kirov, principale fabbrica di armamenti e munizioni, che il 28  febbraio coinvolge 90.000 operai e il governo zarista risponde il 2 marzo con la legge marziale però i soldati inviati in città si uniscono alla folla che protesta contro lo zar Nicola II Romanov che il 15 marzo abdica e viene formato un Governo Provvisorio Russo e proclamata la nascita della Repubblica russa retta dal  Governo provvisorio russo dominato dal socialista Aleksandr Fëdorovič Kerenskij, il quale si affretta a confermare la sua alleanza con gli anglo-francesi.

Il filosofo e politologo Berdjaev in un articolo dell’aprile 1917 intitolato “La  caduta del sacro regno russo”   scrive, tra l’altro, <<  E questa caduta del sacro regno russo per il suo significato può essere paragonata alla caduta di Roma e di Bisanzio, anche se avvenuta in tutt’altre circostanze storiche e su altre basi: lo Sato russo stesso non è caduto e può ancora fiorire di più>> e ancora aggiunge più avanti << Incomincia il periodo storico delle repubbliche, il periodo dell’autogoverno umano nelle democrazie. IL regno russo, in quanto si considerava sacro, pretendeva di essere la Terza Roma. Questo è il limite delle ambizioni di ogni monarchia che miri ad avere un significato universale.>>omissis.

Lenin ritorna in Russia dall’esilio volontario (dal 1900)

Lenin, la moglie e l’amante  e i suoi compagni – 18 bolscevichi, 6 bundisti e 3 menscevichi –  partono il 9 aprile (Calendario gregoriano) da Zurigo, in Svizzera,  quindi  passato il confine con la Germania, li aspetta alla stazione di Gottmadigen una carrozza speciale con tre delle quattro entrate del vagone bloccate per impedire ogni contatto con la popolazione tedesca: nasce così la leggenda del «vagone piombato». Ma il vero obiettivo dei tedeschi era che il ritorno di Lenin avrebbe favorito la sconfitta militare russa, la stanchezza per le carneficine dei soldati in guerra. Inoltre, la Germania erogò un finanziamento di decine di milioni di marchi verso i conti correnti del partito di Lenin da febbraio a novembre 1917: in cambio, una volta arrivato al potere in Russia, Lenin avrebbe firmato un trattato di pace coi tedeschi, cosa che effettivamente accadrà col Trattato di Brest-Litovsk il 3 marzo 1918.

Poi con nave via Svezia  e Finlandia appena arrivato alla Stazione Finlandia di Pietrogrado il 16 aprile, Lenin, rimasto fuori dalla Russia negli ultimi 17 anni, tiene un discorso per i suoi sostenitori biasimando la condotta del Governo Provvisorio e facendo un appello per una Rivoluzione del proletariato di tutta Europa e il 20 pubblica  un decalogo di direttive politiche note come Tesi di Aprile.

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Con la caduta del primo Governo provvisorio di Kerenskij e la costituzione nel mese di maggio di un nuovo governo costituito da una coalizione di cadetti – il partito della grande borghesia – e di socialisti moderati, espressione dei soviet, si cerca di risolvere il dualismo dei poteri esistente tra governo e soviet: in realtà il governo è intenzionato a proseguire, a fianco degli inglesi e dei francesi che avevano largamente investito capitali nelle industrie russe, una guerra da cui si ripromettono grandi conquiste territoriali, senza risolversi ad attuare una riforma agraria, dati i contrasti esistenti in proposito fra cadetti e socialisti.

Però in luglio, iniziata però il 28 giugno,  la nuova offensiva militare contro gli imperi centrali decisa dal governo repubblicano (“offensiva Kerenskij“) si risolve in una decisa sconfitta per lo stremato esercito russo.

Il 3 luglio si svolge a Vyborg, sobborgo operaio di Pietrogrado, una manifestazione spontanea di centinaia di migliaia di operai e di soldati della guarnigione della capitale.

La presenza dei militari rischia di trasformare la manifestazione, indetta ancora per il giorno successivo, in una rivolta che i bolscevichi intendono scongiurare, giudicandola del tutto prematura; a questo scopo vi aderiscono ufficialmente il giorno dopo con l’intenzione di controllarla, limitandone gli slogan alla richiesta della pace e del passaggio del potere ai soviet.

Il 4 luglio sparatorie fra cosacchi e allievi ufficiali, fedeli al governo e soldati manifestanti, con decine di morti: i manifestanti sono dispersi, le sedi del partito e dei giornali bolscevichi chiuse, diversi dirigenti arrestati.

CENTO ANNI FA NASCE IL POTERE SOVIETICO

Tra il 24 ottobre  e il 25 ottobre i bolscevichi si impossessano dei centri di potere a Pietrogrado e Mosca formando la Repubblica Socialista Federativa Russa retta da Lenin.

Già decisa in linea teorica dal VI Congresso del partito a luglio, la Rivoluzione  viene deliberata in concreto il 10 ottobre dal Comitato centrale, con una votazione di 10 a 2 e con la ferma contrarietà di Lev Kamenev e Grigorij Zinov’ev, che hanno una scarsa fiducia nella possibilità del successo e sul timore che tale azione avrebbe compromesso l’intera rivoluzione; essi ritengono  pertanto più opportuna una lunga opposizione nei Soviet e nella futura Assemblea costituente.

La maggioranza di Lenin, Trockij  e Stalin replica che le masse stesse si sarebbero rivolte contro i bolscevichi se questi avessero temporeggiato, e allo stesso tempo esprimono la convinzione che la rivoluzione si sarebbe estesa a livello europeo garantendo il necessario sostegno all’insurrezione in Russia.

Il 24 ottobre, mentre a Pietrogrado arrivano i delegati del II Congresso dei Soviet, si attivano sotto la guida di Trockij i soldati, gli operai, che a differenza di febbraio erano armati e costituivano le cosiddette “guardie rosse“, i marinai della Flotta del Baltico..

Tra la notte seguente e il mattino del giorno 25 vengono occupati i punti chiave della città, ed è conseguito un agevole successo militare. Alle 10 Lenin, che con Trockij ha il ruolo principale nella direzione degli eventi, proclama il rovesciamento del Governo e il passaggio del potere al Comitato militare-rivoluzionario che due settimane prima viene costituito in seno al Soviet di Pietrogrado per coordinare l’azione delle guarnigioni. La sera gli insorti occupano il Palazzo d’Inverno e arrestano i ministri, mentre Kerenskij riesce a lasciare la città.

Contemporaneamente si insedia presso l’Istituto Smol’nyj il Congresso dei Soviet, cui è formalmente consegnato il potere conquistato con la rivoluzione.

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L’assemblea, dove siedono 338 delegati bolscevichi su 648 complessivi, ratifica l’acquisizione del potere con una maggioranza dei tre quarti dei voti ed è così instaurato il nuovo Stato sovietico.

Il  26 ottobre il Congresso promulga il decreto sulla terra e quello sulla pace: il primo proclama la confisca delle terre dei possidenti e la loro consegna ai comitati locali per la loro redistribuzione tra i contadini, mentre il secondo costituise un appello a tutti i popoli belligeranti per una pace senza annessioni né indennità.

Il  Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarkom), eletto la sera del 26 ottobre é composto di soli bolscevichi guidati da Lenin. 

La Rivoluzione si estende subito dopo a gran parte dei territori dell’ex Impero russo: i bolscevichi prendono il controllo della maggioranza delle città della Russia europea in modo pacifico, mentre in alcune zone si registrano accesi scontri con gli oppositori durati alcuni giorni, come a Mosca, o mesi, come in aree periferiche o in quelle abitate da minoranze nazionali quali i Cosacchi del Don e quelli del Kuban’.

L’ 11 novembre iniziano le prime sommosse anti-bolsceviche nella zona di Pietrogrado ed  inizia la guerra civile russa che viene generalmente considerata finita il 25 ottobre 1922 con la presa di Vladivostock, nell’estremo oriente russo, anche se in alcune zone  i combattimenti si protraggono fino oltre il 1923.

La Guerra civile russa viene combattuta tra i bolscevichi, detti “Rossi“, e vari gruppi controrivoluzionari, detti “Bianchi“, appoggiati da una coalizione di paesi quali Regno Unito, Stati Uniti d’America e Francia. I “Rossi” ottengono la vittoria finale nel conflitto, liquidando le forze controrivoluzionarie e instaurando il loro potere su tutto il territorio della nascente Unione Sovietica.

Il 22 novembre  la Repubblica Popolare Ucraina si proclama indipendente dall’ormai ex Impero russo.

Il 5 dicembre tra Impero ottomano e Russia viene firmato a Erzincan  (Anatolia, Turchia) l’Armistizio che pone fine alle ostilità sul Caucaso. Infine il 15 dicembre la Russia e gli Imperi centrali siglano un armistizio , si avviano trattative di pace e terminano i combattimenti sul fronte orientale.

(di Gianmaria Bedendo)

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