Marcia su Roma e Fascismo: una breve riflessione

Il fascismo nella notte dei secoli è come un lampo inatteso. Dopo ogni lampo, la notte diventa più oscura. Il 28 ottobre 1922, a Roma, nasceva l’ultimo esempio di ideale nel quale gli italiani si sono sentiti un qualcosa, a prescindere dalle critiche o dagli elogi.

L’essenza metastorico-imperiale dello fascismo, che trova la massima espressione nell’Uomo Nuovo teorizzato da Berto Ricci, infatti, aveva proposto un’idea di uomo caratterizzata da coraggio, eroismo, spericolatezza e perfezione fisica. Un invito alla  coesione e a un forte senso patriottico da sfoggiare quando ci sarebbe stata l’occasione di difendere il suolo natio, cosa già avvenuta brillantemente nella Grande Guerra appena conclusa.

In ciò si ritrova una prosecuzione del Risorgimento mazziniano e una risposta alle sprezzanti parole espresse da Klemens von Metternich nel 1815; “l’Italia quale mera espressione geografica”. Nulla a che vedere con l’operazione di vilipendio dell’antifascismo postbellico schizofrenico-paranoide, il quale, in nome di un’educazione all’indifferenza dei valori della Nazione e della tecnocrazia antiumanistica, li ha resi un contenitore svuotato delle sue radici storico-culturali.

Negare tutto ciò significa essere vittime della neurotossina futile di cui l’Internazionale antifascista, la stessa che se la prende con un nemico sconfitto da decenni in modo pretestuoso e sciocco. La stessa che ha dominato dall’ambito accademico a quello liceale, ergendosi complice del rifiuto della classe dirigente post-fascista di riconoscere e, peggio, spiegare ciò che di positivo vi fu in quei 20 anni, preferendo, per successivi 74, argomentazioni faziose e partigiane che, sfiorando i confini di un razzismo paternalistico, hanno evitato di guardare in profondità e fare seriamente i conti col vissuto collettivo.

Siamo lontani dalla realtà e rifugiarsi nella retorica di ANPI, Istituti Storici della Resistenza e nell’inutile nostalgismo antistorico di CasaPound e Forza Nuova – colorato da macchiette a scopo di marketing come Nina Morić – significa “provincializzare” il fenomeno: prassi, alla fine, antifascista al massimo. Per sprovincializzare una generazione ed una classe politica non basta definirsi “fascisti” anche quando non lo si è e quando si è dei nani al cospetto dei giganti degli anni 1914-1945.

(di Davide Pellegrino)