La Danza del Sole: purificazione e sacrificio nelle Praterie americane

Wiwanyag Wachipi è il nome con cui i Lakota – spesso erroneamente chiamati anche Sioux – erano soliti identificare uno dei loro rituali più antichi e significativi: la Danza del Sole. Essa rappresentava la più importante di tutte le celebrazioni del loro calendario spirituale. La Wiwanyag Wachipi – che si traduce letteralmente in “danza guardando il Sole” – non era praticata dai soli Lakota, ma era abbastanza diffusa anche fra molte altre tribù delle Grandi Praterie nord-americane: Cheyenne, Arapaho, Crow e Kiowa fra le principali. Solo i bellicosi Comanche – fra i popoli delle praterie quello forse più pragmatico e meno spirituale – non eseguivano la Danza del Sole.

Sebbene le modalità potevano cambiare da tribù a tribù, la Danza del Sole era sostanzialmente un grande e collettivo rituale di purificazione. Durava in media quattro giorni, nei quali i membri del villaggio praticavano il digiuno e la preghiera. Alcuni danzatori – scelti fra i giovani più volenterosi – dovevano inoltre votarsi all’autosacrificio e alla sofferenza fisica. Come buona parte delle festività dedicate al Sole – pensiamo ad esempio anche ai riti celtici – lo scopo principale della danza era quello di festeggiare l’anno appena trascorso, nonché chiedere protezione agli dei e agli spiriti per l’anno nuovo.

Per la Danza del Sole lakota, i danzatori – che potevano essere sia ragazzi che ragazze – non potevano assumere né acqua né cibo per tutti i quattro giorni di durata dei rituali. Ciò era un importante atto di sacrificio, oltre a testimoniare la tenacia e la volontà dei danzatori. Per i Lakota, inoltre, la pratica del digiuno era essenziale per ricevere le visioni dal mondo degli spiriti e per entrare in contatto con le divinità. Partecipare alla Danza del Sole non era quindi una cosa alla portata di tutti, ma era possibile solo a chi dimostrava di avere una forte abnegazione e una profonda fede nel significato del rito. I danzatori dovevano possedere quattro precise qualità, le stesse qualità che i Lakota ritenevano indispensabili per essere un buon guerriero o un buon leader tribale. Esse erano:

  • Wachantognaka, ovvero la generosità

  • Woohitika, ovvero il coraggio

  • Wowachintanka, ovvero la forza d’animo

  • Woksape, ovvero saggezza e integrità morale

La Danza del Sole era preceduta dal cosidetto Giorno dell’Albero. I danzatori dovevano cercare e abbattere un albero – di solito era utilizzato un pioppo americano – che veniva poi pulito e scortecciato. Il tronco, non prima di essere consacrato dagli uomini di medicina della tribù, veniva infine eretto alll’interno dello spazio riservato al rituale. Questo spazio poteva essere sia all’aperto che posto all’interno della tenda principale del villaggio. All’albero sacro venivano infine legate delle funi, che avrebbero svolto un ruolo fondamentale nella Danza del Sole vera e propria.

Una volta eretto l’albero sacro – e passati i primi tre giorni di digiuno – i danzatori erano finalmente pronti per eseguire la Wiwanyag Wachipi. A questo punto iniziava anche la fase più estrema e dolorosa dell’autosacrificio; al danzatore venivano infatti praticate delle incisioni – con un coltello o con degli artigli d’aquila – sul petto. All’interno delle ferite venivano poi infilate delle grosse schegge di legno accuminato o di osso di bisonte. Le schegge erano legate alle funi dell’albero sacro. Durante la Danza del Sole, i partecipanti dovevano quindi ballare, girando attorno al tronco e dando degli strattoni col petto. Il rito poteva dirsi finito solamente quando il danzatore riusciva a strapparsi via le schegge dal corpo, e dunque anche la propria carne. Tutto ciò poteva durare ore, se non un giorno intero.

Si trattava di un rito estremamente doloroso e sofferto. Oltre alle schegge conficcate sotto la carne, i danzatori dovevano ballare tenendo gli occhi puntati verso il sole e soffiando in continuazione dentro un fischietto. Il suono prodotto serviva a imitare il verso dell’aquila, animale sacro al Sole e al dio Wakan Tanka. Per fare tutto ciò, i partecipanti alla Danza del Sole cadevano in una sorta di trance, provocata sia dal digiuno prolungato che dai canti ritmati degli spettatori. Erano comunque molti i giovani Lakota che desideravano sottoporsi al rituale; poter esibire con orgoglio le cicatrici sul petto era infatti uno dei massimi onori all’interno della tribù. Serviva inoltre a propiziarsi la benevolenza degli spiriti e delle divinità.

Tutto, nella Danza del Sole, era estremamente simbolico. La danza stessa simboleggiava l’unione spirituale del danzatore con il Sole e con Wakan Tanka. L’albero sacro simboleggia infatti l’astro solare, i cui raggi che raggiungono e scaldano la Terra sono rappresentati dalle funi che bloccano il danzatore. Quest’ultimo è come un’aquila – animale sacro per eccellenza – che cerca di volare verso il cielo. Da un osso di questo rapace è ricavato il fischietto che viene suonato nella cerimonia, e sempre d’aquila sono le piume che il danzante porta fra i capelli e nelle mani. Tramite la Danza del Sole quindi il giovane Lakota unisce in maniera sacra la propria anima con il mondo celeste e delle divinità. Il suo spirito diventa un’aquila in grado di volare verso il Sole, ma per farlo deve dimostrare la propria superiorità sul corpo; da qui il digiuno, il sacrificio e il dolore.

Quando i popoli delle Grandi Pianure vennero sconfitti e furono costretti a rinchiudersi nelle Riserve, il governo degli Stati Uniti proibì loro di praticare la Danza del Sole. Iniziò anche un periodo di cristianizzazione forzata e di persecuzione delle antiche tradizioni. I Lakota – e le altre tribù – continuarono tuttavia a praticare la propria danza in segreto. Dal 1890 al 1930 la Danza del Sole fu illegale in tutte le riserve sul suolo statunitense. In seguito tuttavia – anche grazie alla nascita dei movimenti per i diritti dei nativi e alla riscoperta della propria identità – la Wiwanyag Wachipi iniziò timidamente a tornare. Oggi è praticata ancora, in buona parte delle riserve Lakota, Cheyenne e Arapaho. E’ diventata – assieme a un più generico revival di tutta l’antica religione tribale – un forte simbolo d’identità e di riappropriazione della propria cultura. In molti casi la stessa Danza del Sole si è dovuta tuttavia ammodernare, rendendo meno estremo l’autosacrificio dei partecipanti. In certi casi non è infatti prevista alcuna mutilazione, o si preferisce usare piercing temporanei.

(di Andrea Tabacchini)