Macron, dov’è finito lo “spirito europeo”?

Nonostante i grandi peana di vittoria dei nostri politici italiani per la sua elezione a Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron ha adottato – almeno finora – una politica economica che prevede un forte intervento dello Stato nell’economia nazionalizzando i cantieri di Saint Nazaire contro i tentativi di scalata societaria portati avanti da Fincantieri.

Posto che l’approccio adottato dal Macron “folgorato sulla via del lepenismo” stride nettamente con quanto accade, per esempio, in Italia, dove un’azienda strategica come Telecom è stata ceduta senza batter ciglio ai francesi di Vivendi, si vuole qui evidenziare un altro aspetto fondamentale della vicenda.

Misure di forte intervento dello Stato in economia come quella assunta nel nostro caso, per il diritto dell’Unione Europea sancito dai trattati ed interpretato dalla giurisprudenza, dovrebbero considerarsi illegali in quanto contrastanti con la tanto decantata libertà di commercio.

Da quanto consta, tuttavia, dalla Commissione Europea non è giunta alla Francia alcuna minaccia di apertura di procedimenti sanzionatori davanti alla Corte di Giustizia per la violazione della suddetta libertà. E nemmeno gli altri governi europei si sono presi la briga di condannare la decisione presa da Macron.

In tal senso, risulta assordante il silenzio di Angela Merkel, solitamente sempre pronta a pontificare le decisioni degli altri Stati dell’U.E. quando non sono conformi con il c.d. “spirito europeo”.
Spirito europeo di cui, ancora una volta, la realtà si è presa carico di dimostrare tutta l’inconsistenza reale.

La stessa realtà, al contempo, rende evidente il fatto che il governo attuale non è minimamente in grado di tutelare efficacemente l’interesse nazionale davanti alle prepotenze delle altre potenze europee di cui continuiamo ad essere avversari – se non nemici – su tutta una lunga serie di dossiers, al netto delle belle parole e delle utopie di un’Europa federale ( come peraltro avvenuto già in precedenti occasioni).

E questo, inevitabilmente, va a riverberarsi negativamente sul popolo italiano nel suoi complesso senza distinzioni.

(di Manuele Serventi Merlo)