Barcellona e jihadismo: un legame di lungo corso

Il capoluogo catalano, in particolare il suo quartiere multiculturale Raval, conta una rete di 200/300 intermediari, di nazionalità pakistana, aventi lo scopo di riciclare il denaro destinato ad al-Qaeda e allo Stato Islamico in Siria ed Iraq mediante attività legali quali macellerie Halal, call center e negozi di Kebab.

È il metodo “hawala” che, oltre ad essere il canale preferenziale utilizzato dagli uomini di al-Baghdadi per fare arrivare le paghe ai loro accoliti nella Catalogna, trasforma i risparmi di migliaia di famiglie musulmane – per un valore di milioni di € – in donativi da destinare ai salafiti impegnati a combattere per il Califfato.

Di questo meccanismo, infatti, ne usufruiscono quei centinaia di giovani maghrebini, partiti da Barcellona, in questi anni, per sostenere la causa takfira ed immolarsi in azioni suicide contro le forze fedeli a Bashar al-Assad. Una ulteriore conferma di quanto il capoluogo catalano e il jihadismo wahhabita vadano a braccetto.

Nel 2001, una delle menti degli attacchi dell’11 settembre, tale Khalid Sheikh Mohamed, utilizzò proprio Barcellona per trasferire i capitali all’organizzazione terroristica di Osama Bin Laden – e oggi di al-Zawahiri. Ali Gujar e Mohammad Afzaal, i pakistani che stanziarono denaro per la cellula qaedista che uccise, nel 2002, il giornalista del Wall Street Journal, Daniel Pearl, vivevano nel quartiere Raval, citato poc’anzi.

Un terreno fecondo dunque per il reclutamento del jihadismo; e non da ora. Dal 2004, poco prima degli attentati terroristici ai treni di Madrid, costati la vita ad oltre 192 persone, l’ambasciata USA ivi presente informava Washington che la Spagna – Catalogna, particolarmente – stava diventando una delle più importanti fonti finanziarie della Jihad in Afghanistan e Iraq.

Quanto elencato, però, ad una buona fetta del popolo catalano non sembra tangere; è il 20 febbraio 2017 quando SOS Racisme Catalogna e la ONG Observatorio DESC di Ada Colau – finanziate entrambe dalla Open Society Foundation di George Soros – scendevano in piazza a chiedere maggiore accoglienza nei confronti dei “Refugees” e dei clandestini. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso, quindi.

(di Davide Pellegrino)