Marcinelle: “anche noi siamo stati migranti”. Solito insensato paragone

L’8 di agosto si ricorda la tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove 262 minatori immigrati italiani persero la vita a causa di un incendio provocato da un guasto tecnico.

Polemiche sono state scatenate, durante la commemorazione di tale tragedia, a causa delle parole del presidente Mattarella e di alcuni politici, che hanno paragonato la situazione degli immigrati italiani degli anni 50 a quella dei migranti africani che attraversano il mediterraneo in cerca di una sistemazione in Italia.

Non si sono fatti sfuggire l’occasione, dunque, i soliti noti, per rincarare la dose con la solita retorica e pubblicità all’immigrazione dall’Africa, messa impropriamente in parallelo con quella del passato che coinvolgeva i nostri concittadini. Sembra chiaro che tale paragone sia fatto di proposito come una sorta di sponsor all’ “accoglienza” dei giorni d’oggi. È doveroso, quindi, ricordare che la situazione dei minatori di Marcinelle è alquanto diversa da quella dei giovani africani.

In primo luogo gli italiani che lavoravano nelle miniere lasciarono l’Italia grazie ad un accordo tra il governo italiano e quello belga, che includeva un contratto di lavoro, assistenza sanitaria e condizioni salariali ottime per chi accettava a differenza dei migranti africani che sbarcano nella clandestinità senza avere nemmeno un semplice documento di riconoscimento.

Per non parlare delle differenze di gestione, integrazione e ordine sociale rispetto ad un lavoratore con contratto e alloggio certificato in Belgio, e centinaia di migliaia di persone distribuite confusamente sul territorio italiano tra centri di identificazione, hotel, caserme e strutture fatiscenti, che diventano facile mano d’opera irregolare per la criminalità organizzata, lavoro nero e prostituzione.

Il Belgio degli anni 50 era un paese in forte crescita economica, che necessitava di mano d’opera che non poteva reperire tra la sua popolazione, mentre l’Italia di oggi è un paese vittima di una forte crisi che dura da quasi un decennio, con un tasso di disoccupazione preoccupante, senza la capacità di assorbire un nuovo esercito di potenziali lavoratori.

Il fenomeno migratorio degli anni 50 era regolamentato e controllato tra Stati e copriva delle reali necessità, quello che subiamo dall’Africa è in mano alle mafie e all’attività di molte ONG di cui alcune sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, fuori dal controllo delle autorità statali.

“I migranti italiani di Marcinelle scappavano dalla miseria, come quelli africani” hanno detto. Niente di più falso: l’Italia degli anni 50 era in pieno boom economico, come lo sono gli stati africani da cui vengono i richiedenti asilo. Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana, Senegal e via dicendo hanno tassi di crescita molto superiori alla media.

Semmai scappano da un sistema iper corrotto e tribale gestito da africani stessi a cui non vogliono ribellarsi, preferendo mettersi nelle mani di mafiosi e scafisti senza scrupoli per cercare un futuro in Italia; che il più delle volte sarà sofferenza e disagio per loro e per i cittadini e residenti regolari italiani, che come sempre sopporteranno le cause tragiche di una immigrazione che andrebbe chiamata deportazione pianificata.

Caro presidente Mattarella, cari politici pro immigrazione, la retorica è un insulto ai morti di Marcinelle, come a quelli in fondo al mare.

(di Simone Nasazzi)