Le ingerenze di Bergoglio in Venezuela

Il comunicato emesso dalla Città del Vaticano, nel quale si dichiara il non riconoscimento della nuova Assemblea Costituente eletta domenica 30 luglio 2017, supera addirittura i tanti emessi dal Dipartimento di Stato USA nei confronti dei cosiddetti “stati canaglia” nell’era dell’unipolarismo occidentale; una vera e propria ingerenza a piè uniti negli affari interni di Caracas.

Evidentemente il gesuita di bianco vestito, Jorge Bergoglio, non ha saputo resistere alle pressioni della gerarchia clericale venezuelana, i cui obiettivi più o meno dichiarati sono sempre stati quelli di distruggere il chavismo e i principi della Rivoluzione Bolivariana. Il 12 aprile 2002, infatti, durante il tentato golpe reazionario orchestrato da Leopoldo Lopez, i cardinali Ignacio Velazco e Rosalio Castillo Lara furono i firmatari del decreto che pretendeva l’estromissione di Hugo Chávez dalla funzione esecutiva e il passaggio di poteri a Pedro Francisco Carmona Estanga, economista, liberale e, per un periodo, presidente della Fedecameras, corrispettivo della nostra Confindustria.

Oggi, nulla è cambiato; a sostegno dello squadrismo urbano eterodiretto e legato all’opposizione e delle sue violenze troviamo, in pompa magna, Urosa Savino, Arcivescovo e Metropolita dell’Arcidiocesi di Santiago de Leon de Caracas. Veline e occhiolini all’oligarchia reazionario-borghese, quelli della Chiesa cattolica, che produrranno gli stessi effetti sortiti durante la Rivoluzione Francese; la nascita di un fenomeno più fervidamente anti-cristiano che le farà pagare un notevole scotto.

Dopo le critiche a Bashar al-Assad, nel quale ha svilito il suo sacrificio nella lotta al terrorismo che, giocoforza, ha permesso ai cristiani che lui dovrebbe rappresentare di sopravvivere alle angherie dei takfiri, un altro scivolone di un Papa sempre più inadeguato al ruolo che, da 4 anni, ricopre.

(di Davide Pellegrino)