Radicali all’Aja: è giusto che gli sgherri della società liquida comincino a pagare

19 maggio 2016. Dopo una lunga malattia si è spento al Policlinico Gemelli di Roma lo storico leader del Partito Radicale Marco Pannella. Sui media, le giornate che seguirono furono incentrate quasi completamente al tributo del defunto, le cui battaglie decennali hanno coadiuvato la costruzione dell’Italia in cui viviamo oggi. Ovviamente, le sfide affrontate da Pannella, dal divorzio, all’aborto, all’abolizione del servizio militare obbligatorio sono state ricordate sotto una luce positiva, presentate come conquiste colme di civiltà, quella stessa civiltà che sarebbe mancata, sempre a sentire giornalisti e opinionisti, ai suoi antagonisti conservatori.

In realtà, le lotte progressiste dei radicali hanno contribuito all’edificazione della società decadente e alienante nella quale viviamo oggi, una realtà americanizzata, scevra di ogni valore spirituale o, quanto meno, morale, dedita esclusivamente alla venerazione del consumismo più sfrenato. Non è un caso che gli organi di informazione asserviti al pensiero unico abbiano presentato Pannella e chi con lui ha marciato nelle manifestazioni, condiviso gli scioperi della fame e firmato le sue proposte referendarie (oltre 110 dal 1974 ad oggi!) come un esempio per le nuove generazioni, occultando quella che, di fatto, è stata la loro vera natura: sgherri, seppur a loro insaputa, della società liquida di baumaniana memoria, quella dimensione in cui l’uomo si trova costretto a smantellare i propri valori e la propria cultura per stare al passo delle continue mutazioni intrinseche al sistema consumistico.

Anche dopo la morte del politico abruzzese, ma romano d’adozione, la dirigenza del movimento ha continuato il suo cammino come vassalli del consumismo a stelle e strisce, e la più fulgida dimostrazione in tal senso è la campagna “Assad all’Aja”. Si tratta di una raccolta firme avanzata nelle scorse settimane dai Radicali italiani, costituente del Partito Radicale Nonviolento Transazionale e Transpartito fondato nel 1974, che, come si può evincere dal titolo, si propone di deferire il raìs siriano davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aja e congelarne i beni patrimoniali, oltre, ovviamente, alla sua destituzione da capo del governo, a favore di un regime democratico. Ciò che più colpisce di una tale proposta è l’ipocrisia di chi l’ha esposta, ma andiamo con ordine. I promotori specificano che ad essere processati dovranno essere anche quegli oppositori di Assad che vorrebbero trasformare la Siria in una nuova Libia, in particolare i jihadisti; è una trovata bella e buona per mascherare che, da fiancheggiatori delll’imperialismo americano, l’unico loro interesse è condannare il legittimo presidente.

Questo è facilmente riscontrabile navigando sul sito dei Radicali italiani, nella sezione apposita per firmare l’appello, dove campeggiano numerose immagini della bandiera siriana verde, bianca e nera con le tre stelle rosse. Quella usata, per intenderci, da innumeri gruppi jihadisti, finanziati dall’Occidente e dalle petrolmonarchie, una cui vittoria del conflitto siriano sancirebbe lo sprofondamento del Paese in un’anarchia simile a quella libica. Tutto sommato, i radicali non sono nuovi nel difendere le aggressioni imperialiste degli Stati Uniti a danno di Paesi non allineati con il loro potere, sia dirette quanto, come in questo caso, indirette. Nel 1999, Pannella sostenne l’intervento NATO nel Kosovo e la destituzione del governo identitario e antimperialista serbo di Slobodan Milosevic, arrivando a usare per primo tra i politici italiani e per secondo tra gli europei, dopo l’allora Ministro degli Interni tedesco Otto Schily, la parola “genocidio” per riassumere la politica della Serbia nella guerra civile. Inoltre, il 28 marzo 1999, in un intervento su Radio Radicale, affermò fieramente che, da più di un anno, il suo partito si era mobilitato in manifestazioni sotto l’ambasciata americana per plaudire le prese di posizione interventiste della NATO, in risposta a Belpietro che sul Giornale aveva parlato di un alone di conformismo antioccidentale tra tutti i partiti dello spettro politico italiano.

Poco tempo fa è stato invece il turno di Emma Bonino che, in un’intervista sulla rivista Vanity Fair, ha dichiarato come la guerra in Afghanistan sia stata positiva per l’instaurazione di un governo democratico a Kabul, ignorando gli ingenti danni causati dagli Stati Uniti in precedenza, come l’aver finanziato la resistenza talebana contro i sovietici. Lo stesso Pannella, alla luce delle contestazioni rivoltegli dal mondo dei nonviolenti, aveva precisato già nel 1991, periodo della Prima Guerra del Golfo, che il pacifismo fine a se stesso a volte deve essere accantonato e che la non violenza e l’amore per la pace non sempre possono servirsene. Pur potendo condividere queste parole, non vediamo come questo giustifichi le campagne di morte condotte dagli Stati Uniti, e cosa renda i morti per mano “nemica” (come i bambini rimasti uccisi nei bombardamenti governativi in Siria) più meritevoli di essere compianti di quelli caduti in seguito alle azioni militari della NATO.

Se, dunque, Assad deve essere processato per crimini contro l’umanità, in barba a quanto detto dal più grande politologo di tutti i tempi, Niccolò Machiavelli, secondo cui non sempre un “principe” deve agire mosso dall’etica ma anche come “leone” per mantenere il potere, allora all’Aja dovrebbero essere giudicati anche chi, a suon di bombe e falsa retorica, ha distrutto mezzo mondo per il proprio tornaconto e, con questi, i loro sedicenti collaboratori: primi fra tutti, i radicali, costruttori silenziosi di un mondo vuoto che, come disse il poeta Ferderico Garcia Lorca, si regge sulle “colonne di fango” dei grattacieli americani.

(di Guido Snàporaz)