Incoerenza, incapacità e attaccamento alla poltrona: breve ritratto di Angelino Alfano

Se, volendo fare una “mappatura genetica” della personalità politica di Angelino Alfano, andassimo a cercare padre e madre troveremmo in quei ruoli sicuramente le due grandi ere politiche dalle quali la sua personalità scaturisce: prima e seconda repubblica.

Se è vero infatti che ritroviamo in Silvio Berlusconi l’uomo simbolo di quest’ultima, lo stesso non può dirsi per Alfano, che, per tanti anni delfino dello stesso cavaliere, ha assorbito caratteristiche tanto dalla sua esperienza nel bipolarismo post 1994 quanto da quella democristiana.

Dei DC in effetti tutti ricordano i “giochi sporchi” di palazzo e l’attaccamento alla poltrona; ciononostante è fuori discussione il riconoscimento per gente come De Mita, Fanfani o Andreotti, di grande capacità politica e di governo.

Per quanto riguarda invece la fase post tangentopoli, l’imbarazzante preparazione di talune figure va compensata una certa unità d’area, che – nonostante continue frizioni, schricchiolii, partitucoli scissionisti, correnti e Mastella vari – si ritrovava quasi sempre sui grandi temi e nelle tornate elettorali, in cui i ruoli restavano comunque ben definiti.

Ma veniamo al nostro: Angelino Alfano è un meticcio, una summa dei due aspetti mediocri dei periodi di cui è figlio. Nella sua figura politica infatti emerge un tipico “poltronarismo” democristiano abbinato ad una mediocrità politica assoluta da seconda repubblica.

Nato dalla “militanza” giovanile nella DC e nel Partito Popolare si butta con entusiasmo nell’esperienza berlusconiana, al punto da diventarne uomo di (presunto) spicco, quando, dopo la lite di Silvio con Gianfranco Fini, diventa segretario del PdL.

Serve un nuovo inizio, un partito dei militanti con fede e voglia di combattere; e chi non ci crede si metta a bordo campo e faccia giocare la partita a chi ha voglia di vincerla” questo il succo di un suo ispirato discorso con cui aizzava la platea dal palco di Atreju nel 2011.

Parole da vero leader, erede designato di un Berlusconi che, per ragioni anagrafiche e politiche, vedeva ormai vicina l’ora dell’abdicazione. Tutto era pronto per il centrodestra a guida Alfano, un comando solido e forte, talmente puro da rendere, nelle scelte politiche, sicurissimo il nostro Angelino, che, sempre nello stesso periodo, sull’ipotesi del sostegno ad un Monti-bis, dichiarava: “Non esiste, non intendiamo avere per il futuro un governo in accordo con la sinistra, il governo attuale non avrà una fotocopia

Nell’incertezza dei risultati elettorali di due anni dopo, fiero e fermo nella parola data, è vicepresidente del Consiglio nel governo Letta (PD), posto sugli scranni governativi che manterrà saldamente anche a costo di litigare con Berlusconi e separarsi così da un partito il cui vertice aveva lungamente agognato e faticosamente raggiunto.

Nel successivo governo Renzi stringe sempre più i rapporti con la sinistra tant’è che il suo partito, man mano che il tempo avanza da “Nuovo Centro Destra” diventa “Area Popolare”, Dio non voglia che a qualcuno degli elettori dell’ex Forza Italia la parola “destra” susciti fastidio.

Nel corso della sua esperienza governativa l’innata capacità amministrativa gli ha consentito di non essere mai riconfermato nello stesso ruolo: ministro della giustizia con Berlusconi, vice-premier con Letta, ministro dell’interno con Renzi e degli esteri con Gentiloni.

Ma tranquilli, la breve permanenza nei ruoli assegnatigli non gli ha precluso la possibilità di mettersi in luce, vedendosi, da ministro della giustizia, dichiarare incostituzionale il suo primo provvedimento (c.d. “lodo Alfano”) e procurandosi, nei panni di ministro dell’interno, una bella mozione di sfiducia (poi respinta) e tante critica per l’imbarazzante caso Shalabayeva.

Tante le battaglie politiche poste in essere in questi ultimi anni di governo da Angelino, culminate però, alla prova dei fatti, sempre con il voto favorevole per evitare al governo la sfiducia.

Da uomo di centrodestra infatti, tra le tante cose, ha consentito all’aumento della tassazione, ha appoggiato senza se e senza ma ogni politica dell’Unione Europea (seppur dannosa per le nostre imprese) e ha attaccato pubblicamente molto duramente ex alleati rei di aver mantenuto posizioni su alcuni temi (vd. immigrazione) sostanzialmente in linea con quanto già mostrato nei governi di centrodestra di cui, val la pena ricordarlo ancora, lo stesso Alfano era parte.

Ultimo atto in ordine cronologico la questione dello ius soli. “Voteremo sì, ma servono correttivi” ha dichiarato l’attuale ministro degli esteri. Una dichiarazione che tradotta con un più semplice “è una posizione di sinistra e io da centrodestra non dovrei approvarla, ma la approvo altrimenti il governo cade e vado a casa” suonerebbe forse troppo male.

Attaccamento al potere, incapacità e incoerenza, le doti dell’uomo politico Angelino Alfano; un personaggio che, fondatosi un partitino con poche probabilità di rientrare in parlamento, si attacca alla poltrona a qualunque costo per mantenere un potere che, è inevitabile, prima o poi perderà, così come la faccia, che ha invece già perso da tempo.

(di Simone De Rosa)