ILVA di Taranto, gli esuberi e le politiche liberiste in Italia

Ennesimo grande risultato per le politiche liberiste in Italia a discapito dei lavoratori italiani e dell’economia nazionale. È di questi giorni la notizia della vendita delle acciaierie ILVA -commissariate dal governo centrale – al gruppo industriale capeggiato dall’ex Presidente di Confindustria Marcegaglia.

Al netto delle beghe spicciole tra opposte cordate industriali certamente, a seguito della cessione ai privati, ci saranno dei licenziamenti per esubero tra i lavoratori di questa importantissima azienda un tempo strategica. Diverse testate giornalistiche parlano apertamente di oltre 6400 esuberi fino al 2023. La cosa è incredibile e gravissima tenuto conto del duro periodo di crisi economica che stiamo vivendo.

Diverse migliaia di persone, tra operai e le loro famiglie, rischiano di finire nella povertà e nella miseria più nera a causa di questa vendita. Una situazione che un ordinamento statale serio avrebbe potuto -e dovuto- gestire decisamente meglio, mantenendo sotto l’ala pubblica un’azienda come ILVA. Sotto controllo statale tramite IRI, negli anni del boom economico ILVA era un motore dell’economia nazionale e garantiva lavoro sicuro e remunerativo anche in zone d’Italia particolarmente povere e disagiate. Adesso che però il tanto magnificato liberismo con le sue privatizzazioni selvagge ha attecchito anche da noi “tutto questo non c’è più”, volendo parafrasare una nota canzone di Lucio Battisti.

Ed i risultati si vedono ogni giorno sempre più chiaramente, non solo con riguardo alla vicenda recente di ILVA: più disoccupazione e povertà per i lavoratori italiani.

(di Manuele Serventi Merlo)