Sì, caro Saviano, lo “stupro straniero” è ancora peggiore: ecco perché

Debora Serracchiani, non di certo un pozzo di brillantezza, per una volta nella vita ha espresso un concetto condivisibile.

L’essenza della sua frase, messa sotto accusa da ogni testata giornalistica, non è che lo stupro non sia un reato inaccettabile, ma che diventa ancora più barbaro e vomitevole quando a compierlo è un individuo che, nel Paese dove è “ospite, gli sono state mostrate solidarietà, accoglienza e, soprattutto, beneficienza.

La differenza è quindi morale, non materiale, caro Roberto Saviano. Se avessi studiato Dante Alighieri, avresti potuto constatare come i traditori dei benefattori sono relegati nel girone più basso dell’Inferno, appunto perché l’offesa a loro rivolta è una ferita che difficilmente si rimargina.

Ovvio, nel 2017, la pena non deve essere la medesima, ma nemmeno il canonico “giorno in Questura” a titolo di beneficio, dato che andrebbe ad aumentare il sentimento di riprovazione nei suoi confronti se si analizza il trattamento, a parità di reato, riservato agli autoctoni, spesso messi in stato di custodia cautelare anche a fronte di prove poco chiare. Siamo al solito teatrino; i tuttologi da friggitoria, dall’alto delle loro case dorate, parlano di questioni delle quali ignorano completamente origini e contesti.

Se mai le vivessero, e dovessero convivere con le difficoltà di integrazione nelle realtà periferiche della città data la scarsa vigilanza di chi si occupa dell’accoglienza, credo proprio che cambierebbero opinione. “La bontà disarmata, incauta, inesperta e senza accorgimento non è neppure bontà, è ingenuità stolta e provoca solo disastri”, diceva Antonio Gramsci.

Se lo legga, Roberto Saviano, e per una volta faccia silenzio.

(di Davide Pellegrino)