I danni causati dall’immigrazione selvaggia, oltre il pregiudizio

Da qualche anno a questa parte la grande ondata migratoria che stiamo affrontando gioca un ruolo chiave nei dibattiti politici. Notizia di questi giorni è l’inchiesta del procuratore di Catania sulla presunta collaborazione tra alcune ONG e i trafficanti libici di uomini, che avrebbero formato una nuova ‘’rotta degli schiavi”. Sorvolando però sulla questione, è importante evidenziare come in Italia il fenomeno migratorio venga percepito in modi diametralmente opposti. C’è chi come Matteo Salvini, Giorgia Meloni e i vari movimenti sovranisti parla di una vera e propria invasione, e chi come Laura Boldrini, paladina del polo progressista, interpreta tale ondata migratoria come il fattore x che salverà il nostro stato sociale e l’intero sistema di previdenza sociale.

I problemi che questa ondata migratoria porta in Europa sono molteplici, primo fra tutti la distruzione dei diritti dei lavoratori. In un continente come quello europeo, già sviluppato a livello di tutela dei diritti dei lavoratori, l’afflusso di centinaia di migliaia di persone disposte a lavorare per pochi spiccioli e ben oltre le 8 ore giornaliere rappresenta una bomba sociale. Un fatto che è più che evidente, specie considerando i dati relativi alla disoccupazione, in particolare a quella giovanile. In ciò si possono anche intravedere gli interessi dei grandi gruppi multinazionali che attraverso tale fenomeno ottengono un vasto “Esercito industriale di riserva” considerato già da Marx come condizione necessaria per la proliferazione del capitalismo.

Ennesimo fattore di disagio è senza dubbio l’astio sociale che questo esodo di disperati crea, in particolare nelle periferie delle grandi città; dove i residenti vedono da una parte la tutela che lo Stato garantisce a questi fantomatici “richiedenti asilo” che a loro non viene garantita, mentre dall’altra parte il comportamento di molti immigrati che protestano per ulteriori benefici oltre quelli già garantiti o si avvicinano ad ambienti criminali per intascarsi qualche spicciolo, portando però degrado nei quartieri. Di rivolte popolari contro l’arrivo di nuovi ospiti se ne possono contare varie: le barricate di Goro e Gorino, le proteste contro la trasformazione della Caserma Montello in un centro profughi o gli scontri dell’Infernetto a Roma.

Ulteriore danno causato da questo massiccio fenomeno migratorio abbinato all’inefficienza del nostro apparato statale è lo sperpero di soldi pubblici; primo tra tutti lo scandalo di Mafia Capitale, dove attraverso delle cooperative per la gestione dell’emergenza umanitaria sono stati sottratti allo Stato italiano milioni di euro. Esemplificativo di tale vicenda fu la frase di Salvatore Buzzi: «tu c’hai idea di quanto ce guadagnamo sugli immigrati?». Personaggi come Buzzi, spesso sostenuti dai partiti pro-immigrazione, rappresentano in pieno la doppia faccia dell’attuale sistema di accoglienza che, a primo impatt, mostra il proprio lato caritatevole, ma in profondità nasconde giri d’affari che con la carità hanno ben poco a che fare.

Analizzando tutti questi fattori possiamo così capire la necessità di un cambio di strategia nella gestione dei flussi migratori e delle politiche di accoglienza. Chiudere le frontiere è sempre più di vitale importanza se non si vuole rischiare di rimanere sommersi da richieste di asilo politico, in quanto giustamente molti Paesi dell’Unione Europea rifiutano il piano di accoglienza diffusa in tutto il continente. Sebbene in questi mesi il governo italiano si sia, in qualche maniera, attivato per la gestione di questi flussi, i provvedimenti deliberati sono del tutto insufficienti visto che il numero degli sbarchi aumenta sempre più. Come evidenziato da varie parti politiche, l’unica soluzione a ora plausibile rimane quindi la chiusura delle frontiere, abbinata a un intervento militare in Libia atto alla stabilizzazione delle coste e alla creazione di centri per l’identificazione in grado di distinguere, già in terra libica, i profughi reali dagli immigrati clandestini.

Questa operazione dovrebbe però essere messa in atto dall’Italia, o da una coalizione internazionale, avvallata da tutti i membri del consiglio di sicurezza ONU. Oltre ciò, con un’eventuale chiusura delle frontiere, l’Italia potrebbe risparmiare buona parte dei circa 3 miliardi di spesa annua per l’accoglienza, che se investiti in misura molto minore nei Paesi di provenienza potrebbero migliorare le condizioni di vita di chi veramente soffre la fame e la guerra senza depredare gli Stati africani della loro gioventù.

(di Pietro Ciapponi)