25 aprile: Festa della “Liberazione” o nuova occupazione?

Il primo problema quando si analizza il 25 aprile sta nella definizione. “Anniversario della Liberazione” dal fascismo. Semplicemente falso; il rovesciamento dell’esecutivo fascista con 19 voti favorevoli e 5 contrari all’Ordine del Giorno di Dino Grandi avvenne il 25 luglio 1943 ed è frutto dell’inettitudine di una classe dirigente inadeguata, la quale, successivamente a quella data, si diede alla più completa latitanza, facendo si che le responsabilità di quello sfacelo venissero accollate completamente ai giovani militi della Repubblica Sociale Italiana e, soprattutto, ad un contadino piemontese incapace di immaginazione come Pietro Badoglio, responsabile delle disfatte più clamorose della I Guerra Mondiale (leggasi Caporetto) e vistosi a capo di una dittatura militare illegittima. Una cosa da operetta, tutta italiana, un po’ come oggi.

L’illegittimità in questione ce la spiega Elio Londolini nel suo omonimo saggio; considerando l’ordinamento costituzionale dell’Italia al 25 luglio 1943, la sostituzione del Capo del Governo prevedeva un parere vincolante che, alle 02:40 della notte del Gran Consiglio del Fascismo del 24 luglio, non fu acquisito, venendo meno, di fatto, al giuramento allo Statuto Albertino e agli oneri costituzionali di Vittorio Emanuele III al momento di salire sul trono. Illegittimo, inoltre, perché, analogamente al Ministero Parri (giugno-dicembre 1945) e i primi 5 esecutivi De Gasperi (dicembre 1945-maggio 1948), svolto senza concorso parlamentare alcuno da parte delle Camere, sciolte proprio da Pietro Badoglio e rielette solo con le elezioni del 17 aprile 1948 in cui si vide trionfare la DC in seguito ad un clima di guerra civile dovuto all’espulsione del PCI – rottura della coalizione antifascista – da ogni incarico esecutivo per volere della Dottrina Truman.

Alla luce di ciò, il concetto di “Liberazione” quale significato potrebbe assumere? Quello della vittoria di un popolo unito insorto contro il tiranno? Falso anche questo. Renzo De Felice, nel suo libro “Il Rosso e il Nero”, descrive nei minimi dettagli la cosiddetta “Zona Grigia” ossia quella parte di popolazione – la stragrande maggioranza – che non assunse ufficialmente una posizione durante la guerra civile del ’43-’45.

Ulteriore conferma, casomai ce ne fosse stato il bisogno, che il miscuglio confusionario di valori più o meno democratici della parte giusta (concetto assolutamente relativo) era condiviso da pochi e che, contrariamente a quanto si asserisce, non è possibile definire la Resistenza un movimento popolare di massa, dato che divenne tale infatti solo nelle settimane immediatamente precedenti la capitolazione tedesca, come testimoniano i “boom” di adesioni alle formazioni partigiane – sulla soglia del milione – denunciati da Francesco Saverio Nitti, storico rivale di Giovanni Giolitti durante il periodo liberale dell’Italia. Oltretutto, l’insurrezione del 25 aprile fu di carattere puramente sindacale, con proteste e scioperi generali nelle fabbriche da parte degli operai. Fosse stata contro l’occupante si sarebbe vista la presa dell’Hotel Regina, quartier generale delle ormai disastrate SS.

Al contrario, venne lasciato completamente intatto. Se la Liberazione non è stata né dal Fascismo né una lotta popolare contro il tiranno, si può dire che si sia trattata di un riacquisto di sovranità da parte dell’Italia? No. Ormai è chiaro a tutti che il Piano Marshall, del quale usufruimmo sin dal 1948, ebbe il chiaro obiettivo di assoggettare il nostro Paese, così come l’Europa occidentale, alle ottiche anti-sovietiche facendone un campo di sfruttamento, sia economico che militare. Basti pensare alle 59 basi NATO sul territorio nazionale e alle reti stay-behind quali Gladio e il Piano Demagnetize, tutte strategie della CIA atte a ad impedire un’eventuale defezione dell’Italia dalle logiche atlantiste qualora avessero trionfato le forze comuniste.

Sono da inquadrare, sotto questo punto di vista, i supporti dati da Henry Kissinger al mancato Golpe dell’Immacolata (08 dicembre 1970) dell’organizzazione “Rosa dei Venti”, di matrice neofascista, al Piano Solo durante la crisi del I governo Moro e alla famosa “strategia della tensione”, riconducibile ad un unico progetto anticomunista a livello intercontinentale che ha visto, su tutti, il Golpe dei Colonnelli in Grecia nel 1967 e l’Operazione Condor di Richard Nixon, finanziatrice del regime militare argentino di Jorge Rafael Videla – autore, solamente nel periodo del cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale (1976-1983), di oltre 30.000 omicidi -, delle giunte militari brasiliane e del colpo di Stato contro Salvador Allende in Cile, l’11 settembre 1973. Il 25 aprile, quindi, altro non è che l’ode con il sorriso ebete sulle labbra alla conquista imperialista del nostro Paese e alle ingerenze che è costretto a subire quando si tratta dei suoi affari interni. Il vero patriota festeggia altro, il 04 novembre o il 21 aprile, ad esempio.

(di Davide Pellegrino)