Verso un mondo multipolare: l’avvento dei BRICS

Con la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e il progressivo sgretolamento dell’URSS, terminato con la nascita del Comitato degli Stati Indipendenti, il nostro pianeta ha visto la conclusione del mondo bipolare che vedeva opporsi gli Stati Uniti d’America all’Unione Sovietica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per un decennio, dalla caduta dell’impero sovietico alla rinascita della Federazione Russa con Vladimir Putin, abbiamo vissuto in una situazione unipolare, con gli USA a farla da padrone supportati dagli alleati europei e giapponesi. Infatti, in tale decennio, nessuna potenza, tranne appunto gli States, ha avuto l’opportunità di elevarsi a potenza globale; limitandosi a ruoli di comunque rilievo delle varie potenze regionali.

Con gli anni duemila l’intero assetto globale è cambiato e molte delle potenze regionali hanno fatto un salto di qualità diventando veri e propri punti di riferimento, di più o meno alta importanza, per l’intero pianeta. Stiamo parlando di Paesi come: Cina, Russia, India e Brasile, denominati BRIC (poi BRICS con l’adesione del Sud Africa nel 2011) da Jim O’Neal in uno studio fatto per la Goldman Sachs. Alcuni studiosi inoltre hanno ipotizzato il BRICST con l’aggiunta della Turchia; ciò prima del tentativo di colpo di stato interno di questa estate e i relativi colpi di coda. Questa nuova comunità di Stati è composta da economie in forte crescita, al punto che è stato ipotizzato che il loro PIL possa competere con i paesi del G6 (USA, Giappone, UK, Francia, Germania e Italia) entro il 2050. Con tutte le possibilità, tale data sarà anticipata visti i forti rallentamenti delle economie occidentali e la continua crescita di quest’altre. D’altronde in termini di crescita il PIL complessivo dei BRICS, in percentuale sul PIL globale, è passato dal 5,4% del 1992 al 18% del 2010 con la proiezione di arrivare al 40% nel 2050.

L’Importanza a livello planetario che questi Paesi hanno è venuta alla luce nel 2010 quando a essi è stata concesso il peso di voto uguale a quello dei Paesi G6 all’interno del Fondo Monetario Internazionale. L’avanzata di queste Nazioni era però assai prevedibile, anche se a dire la verità sottovalutata dai governi occidentali, in quanto il blocco dei BRICS occupa complessivamente il 26% della superficie globale su cui vive il 42% della popolazione dell’intero pianeta. Era dunque inevitabile l’ascesa di questi Paesi. Seppur molto differenti ed accomunati quasi soltanto dalla grande quantità di risorse naturali, questi Stati hanno un altro punto di tangenza molto rilevante: il controllo statuale di almeno una porzione dell’economia. Alla luce di ciò questi Paesi non sono visti di buon occhio dalle govenance finanziarie occidentali, facenti capo a Wall Street e alla City londinese, che vorrebbero uno sviluppo uniforme dell’economia globale verso il libero mercato assoluto.

Fino al 2011 però i Paesi BRICS sono stati considerabili poco più che un acronimo, in quanto essi, se pur in varie occasioni si fossero riuniti, non avevano stretto nessun tipo di accordo comune. Il punto di rottura che ha dato il via ad una nuova fase è stata la creazione della New Development Bank e della Contingency Reserve Arrangement, che possono rappresentare della valide alternative al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale. La NDB è stata creata con la funzione di concorrere appunto con la Banca Mondiale nei BRICS e ha avuto un capitale di partenza pari a 50 miliardi (10 per ogni stato) mentre il CRA ha la funzione di supportare uno dei Paesi dell’alleanza in caso di necessità, il capitale di partenza è stato di 100 miliardi (41 dalla Cina, 5 dal Sud Africa e 18 dagli altri). La minaccia al dominio occidentale, a trazione stelle e strisce, sta nel fatto che qualsiasi Nazione potrà aderire al CRA inserendo una quota. In questa maniera i BRICS potrebbero estendere le proprie sfere di influenza in maniera analoga a quanto fa l’occidente con il FMI.

E’ importante ricordare che questi Paesi non hanno delle politiche estere comuni, per scelta, e quindi non si incorre nella possibilità di un ritorno a un mondo bipolare come durante la Guerra Fredda. Bisogna infine chiedersi, quanto durerà ancora la leadership globale dell’occidente vista la continua crescita di questi Paesi, l’affermarsi di nuove economie emergenti (come Turchia, Indonesia, Iran…) e il progressivo abbandono del dollaro per le transazioni economiche extra americane? Che la fine dell’egemonia USA sia sempre più vicina? Che il ritorno alla multipolarità del mondo sia imminente?

(di Pietro Ciapponi)