Il PD e l’alleanza con i neocon e i golpisti ucraini

Gianni Pittella e il comizio in Piazza Maidan. Presenti le bandiere dei golpisti e dei neonazisti di Svoboda

L’espansione della NATO ad est e la campagna contro la Russia. Lo scacchiere geopolitico europeo che risente di stravolgimenti drammatici. E il vergognoso sostegno del Partito Democratico nei confronti di un vero e proprio golpe. Una strana alleanza che, tutt’oggi, prosegue in funzione anti-russa.

Innanzitutto, è bene ricostruire ciò che successe 3 anni fa in Ucraina. Ricordare quelli che furono i fatti. Ci affidiamo all’autorevole ricostruzione di Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1 e autore del libro «Putin. Vita di uno Zar» (Mondadori): «Tutto era iniziato nel novembre 2013, quando il presidente ucraino Viktor Yanukovic, notoriamente di tendenze filorusse, decide di non firmare l’accordo commerciale di associazione (AA) con l’Unione Europea, finalizzato a creare una zona di libero scambio tra Bruxelles e Kiev. […] La mancata firma dell’accordo con l’Europa viene denunciato dall’opposizione come l’abbandono dell’Europa per legarsi a Mosca nel suo progetto eurasiatico. Iniziano le giornate di piazza Maidan, piazza indipendenza. Dureranno sette mesi, in un crescendo di violenze, barricate, saccheggi, incendi e purtroppo morti. Una parte della piazza ucraina tira fuori antichi fantasmi del passato. […] Le proteste di piazza a Kiev non si arrestano e tra i manifestanti appaiono formazioni di chiara ispirazione ultranazionalista, se non filonazista, in particolare Svoboda, (Partito Social-Nazionalista d’Ucraina), frange consistenti che si confondono con altri manifestanti di sincera ispirazione democratica. […] Seguono giornate e soprattutto notti violente con i tentativi di assalto dei manifestanti ai palazzi del potere e la risposta delle cariche della polizia. […] Nella Piazza il gruppo di opposizione più organizzato è quello che ha preso il nome di «Settore Destro», un cartello che riunisce tutta la galassia dei gruppi ultranazionalisti. Man Mano che i giorni passano, questa fazione, che è anche formata soprattutto da giovanissimi, assume i connotati di una vera e propria struttura paramilitare, pronta allo scontro armato. […] La mattina del 21 febbraio Yanukovic in persona, costretto anche dalle defezioni interne alla polizia e alle forze armate, annuncia di aver raggiunto un accordo con tre ministri degli esteri della delegazione UE. L’intesa prevede elezioni anticipate, un governo di coalizione fino al voto, modifiche alla Costituzione del 2004 con riduzione dei poteri del presidente a vantaggio del Parlamento. L’accordo, però, viene immediatamente e vivacemente respinto dalla piazza, soprattutto dal «Settore Destro», che invoca le dimissioni di Yanukovic e l’arresto del ministro dell’Interno. Le ore successive sono convulse, i leader dell’opposizione e i rappresentanti dell’UE che avevano trattato vengono scavalcati dai manifestanti, che assaltano il palazzo presidenziale e gli altri luoghi del potere. Yanukovic fugge, probabilmente in Russia».

Ne nascerà un governo filo-occidentale scelto dall’alta finanza e dallo speculatore George Soros: lo stesso magnate di origine ungherese ammetterà di aver finanziato la “rivoluzione colorata” in Ucraina, in un’intervista rilasciata alla CNN: «Ho creato una fondazione in Ucraina, prima dell’indipendenza dalla Russia, che ha svolto un ruolo importante negli eventi attuali» – confermò egli stesso.

Manifestazione organizzata da Svoboda e Pravy Sektor

Naturalmente la narrazione giornalistica vede trionfare il popolo contro il «cattivo» oppressore di turno filo-russo. La realtà, però, è ben diversa da quelle che i giornali mostrarono in quei giorni. Lo spiega il giornalista Marcello Foa: «Dalla fine degli anni Novanta si applicano tecniche di occupazione del potere molto diverse rispetto a quelle usate fino a quel momento. Funziona così: proteste di piazza in apparenza spontanee sono in realtà pianificate con cura e guidate per il tramite di Organizzazioni non governative, Associazioni umanitarie e partiti politici; in un crescendo di operazioni pubbliche amplificate dai media internazionali e con appoggi all’interno delle istituzioni, in particolare dell’esercito, che finiscono per provocare la caduta del “tiranno”. Si fa salire la tensione, le proteste fino al momento in cui il Presidente, per quanto in apparenza potente, cede e va via».

Risultato di questo colpo di stato avvallato dall’UE e da democratici e progressisti? Secondo Sandro Teti, studioso dei Paesi dell’Ex Urss, «negli ultimi due anni e mezzo la situazione è precipitata, poiché i copiosi aiuti di Stati Uniti e Europa e i prestiti del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale sono stati male impiegati o addirittura rubati. Lo Stato è infatti oggi sull’orlo della bancarotta ed è fiaccato da una profonda crisi sociale ed economica che ha portato al crollo del tenore di vita della stragrande maggioranza della popolazione: l’organizzazione Transparency International pone oggi l’Ucraina al 130° posto dell'”Indice di corruzione”, ultima tra le nazioni europee. Gli oligarchi al potere, a cominciare dal miliardario (in euro) presidente Porosenko, del quale sono state trovate ingenti somme nel famoso elenco Panama Papers, si sono invece ulteriormente arricchiti».

Federica Mogherini e Petro Poroshenko

Il 4 gennaio 2014 l’europarlamentare Pd Gianni Pittella, ha arringato i manifestanti antigovernativi in piazza Maidan a Kiev, la capitale dell’Ucraina portando «il saluto dell’Europa che crede nella libertà e nella democrazia».

Lo ha fatto davanti alle bandiere dei golpisti, che continua tutt’oggi a sostenere in nome dell’astio verso la Russia e verso Vladimir Putin. In un articolo pubblicato sull’Huffpost nel 2014 loda apertamente quel golpe che ha scacciato un governo regolarmente eletto per insediare un esecutivo fantoccio, espressione di Soros, dei servizi segreti occidentali e dei neocon: «Il Maidan dimostra che il sogno europeo, il sogno di un’unione di popoli uniti non solo da vincoli economici ma da un comune sentire fatto di diritti, principi, radici, cultura e storia, è e resta una forza propulsiva e d’attrazione. Una forza capace di portare migliaia di persone in piazza per giorni a chiedere gli stessi diritti, le stesse possibilità, di cui godono i cittadini europei. Nessuno è ingenuo. E’ ovvio, che in tutte le proteste vi sono anche ragioni di carattere speculativo e squisitamente interno. Ma le diverse anime dell’opposizione ucraina si sono riunite sotto la bandiera blu dell’Ue e all’Ue chiedono di intervenire per imporre sanzioni personali per chi oggi si fa beffa della democrazia. All’Ue chiedono di garantire il diritto di scegliere se restare incatenati ai diktat di Mosca o se finalmente guardare a Berlino, Roma o Parigi per ambire ad un futuro diverso. Migliore, dico io. Un esempio, quindi, che impone all’Unione europea di ritrovare il senso più alto della sua stessa identità: non abdicare al proprio ruolo di propulsore di pace, principi e democrazia tra i 28 Stati membri ma anche fuori dai confini comunitari».

E’ incredibile che il vice-presidente del Parlamento Europeo, rappresentante dei socialisti europei, arrivi a esprimersi in questi termini nei confronti di un colpo di stato, operato peraltro grazie al sostegno di forze paramilitari e ambigue formazioni dell’universo neonazista. In Italia sostanzialmente nessuno ha fatto notare al signor Pittella questa incredibile incongruenza.

Altra esponente del PD fedele alleata dei golpisti è Federica Mogherini, alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue. Recentemente è intervenuta sulle sanzioni alla Russia: «Le sanzioni sono uno strumento per ottenere la piena attuazione di Minsk. Il nostro scopo principale è di continuare a coordinarsi con gli americani su questo e poi di lavorare insieme per avere la piena attuazione di Minsk” ha detto Mogherini aggiungendo che l’Unione europea sarà lieta di revocare le sanzioni, quando gli accordi di Minsk verranno implementati».

Naturalmente non una parola sull’escalation di violenza nel Donbass e la violazione degli accordi di Minsk da parte della stessa Ucraina.

Il “neocon” Sen. John McCain in visita a Kiev, fine 2016

A proposito dei neocon. Come raccontavamo lo scorso febbraio, «mentre l’ambasciatore Haley accusa i russi della ripresa dei combattimenti in Ucraina orientale, la vera causa di tutto ciò potrebbe venire da due “soliti sospetti” – due senatori repubblicani per essere più precisi. I combattimenti nella parte orientale dell’Ucraina hanno iniziato divampare nuovamente poco dopo la visita di Capodanno al fronte dei senatori John McCain e Lindsey Graham: in quell’occasione i due “falchi” incoraggiarono le forze Kiev a rinnovare la loro guerra nel Donbass».

In questa guerra occulta alla Russia di cui nessuno parla, poche settimane fa, John McCain ha chiesto al presidente Trump di inviare a Kiev i missili anti-carro spalleggiabili Javelin FGM-148 per sostenere le forze governative ucraine. Nonostante questo, Trump e i suoi generali non sembrano disposti ad accontentarlo.

L’intervento di Gianni Pitella, vice-presidente del Parlamento Europeo, a piazza Maidan, Kiev.

(di Roberto Vivaldelli)