Nazionalista, socialista, anti-Putiniano: chi è Eduard Limonov?

L’arcaica cultura greca e la filosofia da Platone a Nietzsche insegnano quanto sia difficile, per ogni essere umano, capire chi egli sia veramente. Rispondere alla domanda “chi sono io?” è essa stessa ricerca filosofica, forse la più alta forma di filosofia che ognuno di noi può produrre. Più semplice può sembrare invece provare e definire e capire chi siano le persone intorno a noi. È con questo spirito che mi sono posto la domanda che ha dato vita a questo articolo: chi è Eduard Limonov?

Per alcuni uno sciovinista innamorato di sé stesso, per altri uno psicopatico dalle idee pericolose, per i suoi seguaci politici una sorta di profeta visionario, per chi lo ha sconfessato ed abbandonato un narcisista che ha tradito le proprie idee. Ma chi è in verità Eduard Limonov? Proveremo a rispondere a questa semplice domanda osservando a ritroso la sua vita.
Entrata alla ribalta internazionale grazie al libro di Emmanuel Carrère , “Limonov”, vincitore di numerosi premi internazionali, l’avventurosa vita di Eduard iniziò nel modo più modesto possibile, o meglio, nella tipica maniera per la maggior parte dei russi del secondo novecento. Nacque infatti nel 1942 a Dzerzhinsk, una tipica città industriale sul fiume Oka, vicino a Nizhny Novgorod. Finita la guerra la famiglia si trasferì a Kharkov, in Ucraina, dove il nostro passò gran parte della sua giovinezza frequentando bande di strada e compiendo piccoli reati, adolescenza classica in quel grande bacino di popoli e genti che fu l’URSS.

Fu in questo mondo ordinato e chiuso in sé stesso che Eduard iniziò a scrivere distrattamente le prime righe di poesia e di prosa, sognando un futuro di successo e fama. Dopo essersi sposato decise di scappare dalla Russia e di emigrare in America per tentare fortuna. Arrivato nella terra delle possibilità, però, in seguito a numerose peripezie e dopo essere stato lasciato dalla moglie, si ritrovò a vivere per strada come un barbone e a frequentare i bassifondi delle caotiche metropoli statunitensi. In questo periodo rimpianse fortemente la sua decisione di emigrare e si perse più volte, a suo dire, a vagheggiare il proprio ritorno in terra russa. Ma lui stesso sapeva benissimo che, a quei tempi, nessun cittadino russo che fosse andato a vivere fuori dall’ URSS vi sarebbe mai potuto rientrare.
Fu il destino a strapparlo dalla vita di inedia e di povertà. Infatti riuscì a trasferirsi a Parigi dopo il casuale successo francese del suo primo romanzo: “Il poeta russo preferisce i grandi negri”, che parlava delle sue esperienze omosessuali avute negli USA.

Da qui, frequentando i salotti della Parigi bene, Limonov riuscì a colmare quel bisogno di attenzioni scrivendo anche per vari giornali francesi e commentando di anno in anno i cambiamenti in corso nell’Unione Sovietica prossima al crollo.
Nel novembre del ’91 Eduard ha l’occasione di fare un’esperienza che secondo lui ogni uomo dovrebbe fare nella propria vita: partecipare ad una guerra. Arrivato in Serbia per lavoro, viene infatti invitato a Vukovar, città croata della autoproclamata “repubblica serba della Slavonia”, appena liberata dalle milizie serbe. Qui, senza batter ciglio, si schiera a favore della causa serba, offrendosi anche come volontario e divenendo intimo del comandante Arkan, capo delle omonime e famose “Tigri”. Documenti della BBC hanno pure mostrato Limonov insieme a Radovan Karadžić, ex presidente della Republika Srpska.

Caduto il muro e lo stato comunista sovietico, Limonov iniziò a viaggiare alternandosi fra Mosca, Parigi e i Balcani. Conosce quindi nella capitale russa vari personaggi vicini al suo pensiero, tra cui il colonnello Alksnis, che propugnava una sacra unione di “marxisti-leninisti, stalinisti, neofascisti, ortodossi, monarchici e pagani”, il tutto per salvare il Paese, e anche il filosofo eurasiatico Aleksandr Gel’evič Dugin, uomo dalla profondissima cultura filosofica e politica.
La missione che si erano imposti questi intellettuali era quella di salvare lo stato russo, degradato dalla povertà, svenduto dal presidente Eltsin ai grandi monopoli capitalistici occidentali e lacerato dalle mafie e dai mafiosi assetati di ricchezze. Limonov e Dugin fondarono quindi il “Partito Nazionalbolscevico”.
Un partito che aveva come pilastri ideologici il socialismo reale e il patriottismo nazionale, che teneva come punti di riferimento Stalin, Bakunin, Julius Evola e Yukio Mishima.

La bandiera ufficiale del partito, i cui membri saranno poi chiamati “Nazbol”, è un tondo bianco in campo rosso, al cui interno si ritrovano una falce e martello di colore nero. Il Partito Nazional Bolscevico (NBP) era fortemente eurasiatico e sognava quel grande Stato che da Lisbona a Vladivostok doveva abbracciare tutti i popoli di quel grande centro geopolitico che è, appunto, l’Eurasia. Le elezioni che seguirono furono le prime a cui partecipava il partito nazionalbolscevico, che ne uscì nettamente sconfitto guadagnando pochissimi consensi a livello nazionale.
Il nostro, dopo la delusione, tornò quindi a combattere a fianco di Arkan nei Balcani, assistendo alla caduta in disgrazia del combattente serbo. Qui Limonov dice di aver capito definitivamente che la vera battaglia si dovrà combattere a Mosca. Grazie alla pubblicazione di tutti i suoi libri, Eduard divenne una celebrità in Russia. Nonostante ciò non era ricco, anzi viveva in un palazzo fatiscente con la nuova moglie, ma non gli interessava: tra fama e denaro ha sempre preferito la prima.

Nelle elezioni del 1996 ottenne un altro grande insuccesso, peggiorato anche dall’abbandono della nuova moglie. Furono questi anni di lavoro intellettuale molto intenso e di formazione per i membri aderenti al partito, per lo più composto da giovani ed intellettuali.
Eduard verrà in seguito arrestato, insieme ad altri membri del partito, con l’accusa di voler preparare un colpo di stato in Kazakistan e di essere dei terroristi. Limonov viene quindi rinchiuso nel carcere di Lefortovo, a Mosca, dove vengono detenuti i più pericolosi nemici dello stato. Dopo quindici mesi viene trasferito a Saratov, dove verrà celebrato il processo.
Al processo il pubblico ministero chiede 15 anni di condanna. Una mazzata. Dopo pochi mesi viene però liberato, ormai i tempi sono cambiati e non si può più imprigionare un noto politico e scrittore, soprattutto se con accuse infondate.

Nel tempo la personalità di Limonov, che accentrava tutte le attenzioni su sé stesso venne a scontrarsi con gli altri membri storici del partito, tra cui Dugin, che lascerà i Nazionalbolscevichi. Ad oggi Limonov bolla Dugin di “tradimento”, mentre il filosofo e politologo russo lo accusa d’aver depravato il nazionalbolscevismo, vendendo sé stesso ed il partito ai nemici della Russia. Eduard da allora in poi si definirà sempre come un fiero anti-putiniano: dove Putin va, siate certi che Limonov sarà a protestare dalla parte opposta.
L’ossessione per Putin lo ha portato a schierarsi in più occasioni al fianco dei liberali e dei democratici, vendendo così totalmente l’anima del partito. Ammorbidì pure le critiche all’Occidente e valutò positivamente la rivoluzione arancione ucraina. Mutamenti che hanno portato molti membri del partito ad abbandonarlo per riavvicinarsi a Dugin e al suo nuovo movimento eurasiatico. Nel 2007 il partito Nazionalbolscevico venne dichiarato fuorilegge con l’accusa di essere sovversivo e di puntare all’abbattimento dello stato.

Chi è quindi Eduard Limonov? Cosa rappresenta e per che cosa combatte? Credo che per completare una ricerca di questo genere, ovvero di capire chi sia Eduard, sia giusto chiudere con uno scambio di parole fra lo stesso e il suo biografo, Emmanuel Carrère: Limonov chiese, dopo un’intervista, perché lo scrittore volesse fare un libro su di lui. Carrère rispose “hai avuto una vita appassionante. Una vita romanzesca, pericolosa. Una vita che ha avuto il rischio di calarsi nella storia”, Limonov interrompendo il romanziere francese disse senza esitazione: “Una vita di merda!”.

 

(di Marco Franzoni)