Ricordo di Marco Pantani, storia di un campione incompreso

In questo stesso giorno, 13 anni fa, moriva Marco Pantani. Uno dei più grandi ciclisti italiani di sempre si spegneva abbandonato da tutti e solo in una triste camera di un residence di Rimini dopo una lunga depressione seguita ai noti fatti di Madonna di Campiglio del Giro d’Italia 1999.

Se da quel giorno l’uomo Pantani moriva, ne nasceva tuttavia la leggenda. La leggenda vera ed autentica di un fautore di grandi imprese sportive, grazie al suo talento puro e cristallino e alla sua grande forza di volontà temprata dalle mille vicissitudini (Pantani si era fatto notare già al Giro d’Italia 1994 davanti a mostri del ciclismo come lo spagnolo Miguel Indurain, rimanendo da allora protagonista della scena nonostante due gravissimi infortuni nel 1995 e nel 1997).


Nel 1998 compierà la grande impresa: Marco vince Giro e Tour davanti ad un altro campione del ciclismo come Jan Ullrich nonostante i diversi minuti di distacco accumulati nelle prime tappe. Dopo 33 anni dall’affermazione di Felice Gimondi nel 1965, un italiano tornava a trionfare nel giro francese. In quel momento di massima apoteosi, quando tutto il cosiddetto “star system” lo osannava, Pantani non si montò mai la testa e rimase caratterialmente quello di sempre: un ragazzo schivo e taciturno, mai vanitoso, addirittura poco attento ed impacciato di fronte alle telecamere e ai giornalisti.


Furono anche i suoi lati caratteriali a farne uno degli idoli italiani  più seguiti ed apprezzati dalla gente comune, che assisteva alle sue performance letteralmente attaccata alla televisione. Ma a Madonna di Campiglio tutto quanto cambiò. A seguito di un controllo precauzionale – non antidoping, come molti fecero credere allora – molto dubbio quanto a risultati e modalità di esecuzione, Pantani venne escluso dal Giro d’Italia 1999 che era vicino a vincere di nuovo.

Di colpo tanti personaggi dello “star system” lo abbandonarono e lo attaccarono pesantemente, facendo anche gravi insinuazioni sulla sua precedente carriera (come non ricordare, a tal proposito, il violentissimo editoriale uscito allora sulla vicenda di Candido Cannavò per la Gazzetta dello Sport).

Questo comportamento massiccio e sistematico di avversione distrusse moralmente e psicologicamente Pantani, che piombò nella spirale della depressione e della droga dalle quali, sostanzialmente, non uscì più.

A nulla valse a cambiare questa situazione la partecipazione di Pantani al Tour 2000. Armstrong, con sprezzo e poca galanteria tipica degli americani, nonostante già allora fosse consapevole di essere “più bombato” di un pollo OGM, umiliò ancora Marco affermando che nella tappa del Mount Vantoux lo aveva fatto vincere.

Se così è finita tragicamente la vita terrena di Pantani, rimarranno tuttavia per sempre impresse nella mente del popolo italiano le sue grandi imprese sportive e le sue innumerevoli fatiche nelle quali in molti possono dire di essersi immedesimati. Le fatiche di un uomo comune davvero speciale, che solo la sorte avversa e persone cattive e malvagie hanno piegato.

« Marco, perché vai così forte in salita?» «Per abbreviare la mia agonia. »

(di Manuele Serventi Merlo)