Rivoluzione USA: inizia la “pulizia Trump”

Le prime conseguenze dell’ormai imminente insediamento di Rex Tillerson al Dipartimento di Stato USA in qualità di Segretario non si sono fatte attendere: a partire dal pomeriggio del 25 gennaio Patrick Kennedy (Sottosegretario Amministrativo), Michelle Bond (Segretario Ausiliario agli Affari Consolari), Joyce Anne Barr (Segretario Ausiliario all’Amministrazione Statale) e Gentry Smith (Direttore della Sezione Missioni Estere) sono stati avvertiti della mancata riconferma delle cariche da loro ricoperte durante l’amministrazione Obama.

I quattro alti funzionari si aggiungono alla lista delle figure via via epurate dal Dipartimento sin dal giorno dell’assunzione dei poteri presidenziali da parte di Donald Trump -lista che include, tra gli altri, Gregory Starr (Segretario Ausiliario per la Sicurezza Diplomatica) e Victoria Nuland (Segretario Ausiliario per gli Affari Europei ed Eurasiatici). Le pagine amministrative di tutti gli interessati sono state già disattivate.

E’ importante notare come alcune maggiori testate giornalistiche europee e d’oltreoceano (The Independent, Business Insider, NYT ed altre) abbiano inizialmente definito queste destituzioni (tecnicamente non possono essere definite “licenziamenti”) come “dimissioni”, sottolineando come i funzionari menzionati abbiano unanimamente abbandonato il Dipartimento di Stato di propria volontà a causa della loro divergenza rispetto alla politica estera dell’Amministrazione Trump.

Quest’ultima versione non è corretta e, quasi certamente, è stata introdotta per far credere all’opinione pubblica che il Dipartimento di Stato stia implodendo sotto il peso di un dissenso interno.
In realtà, come assicurano alcune fonti vicine alla nuova presidenza statunitense e riprese dalla CNN, l’allontamento delle succitate figure risponde al preciso intento dell’Amministrazione Trump di rimodellare radicalmente, tramite Tillerson, i quadri di potere del Dipartimento: “L’amministrazione Trump ha detto ai quattro funzionari che i loro servizi non sono più necessari. Questo rientra in un piano generale di ‘fare pulizia’ a Foggy Bottom”, sostengono le fonti riportate dalla CNN.

La versione fornita dalle fonti governative viene avvalorata anche da Josh Rogin, opinionista del Washington Post, secondo cui Kennedy, prima degli eventi del 25 gennaio, sarebbe stato estremamente attivo nel curare la transizione amministrativa nel Dipartimento e non lasciando trapelare dunque il desiderio alcuno di rinunciare alla propria carica durante la nuova presidenza. Le sue (supposte) dimissioni hanno sorpreso tutti, conclude Rogin.

D’altra parte, gli sconvolgimenti amministrativi in atto coincidono idealmente con il programma elettorale di Trump, che prevedeva il ridimensionamento del ruolo degli USA in politica estera per una soluzione più efficiente dei gravi problemi infrastrutturali interni al Paese. Paradigmatico, a tal riguardo, è il destino della Nuland, i cui “pechenija” (“biscotti” in russo), maternamente distribuiti ai facinorosi del Majdan, sono ritenuti ormai la benedizione simbolica che ha innescato gli orrori in Piazza dell’ Indipendenza del 20 febbraio 2014, l’eccidio odessita del 2 maggio 2014, il genocidio nel Donbass ancora non conclusosi. La destituzione di una figura simile indica chiaramente come l’Amministrazione Trump sia seriamente intenzionata a stabilizzare la situazione in Ucraina e lungo l’intera fascia dell’Europa orientale.

In altri termini: quanto sta accadendo questi giorni a Foggy Bottom è una netta testimonianza che la neutralizzazione del Deep State obamiano da parte del nuovo presidente statunitense, in nome di un corso politico completamente, o almeno in parte, differente da quello seguito negli ultimi disastrosi 8 anni, è già in atto.

(di Claudio Napoli)