La Grecia e la necessità della sovranità nazionale

 

Tsipras, ben prima del referendum, disse che si sarebbe seduto a contrattare alle condizioni della Troika. La speranza nella patria greca e nel suo popolo sussisteva solo nella misura in cui l’oxi avrebbe significato in qualche modo l’inizio della fine dell’euro, ma il capitale politico di un voto referendario è, di fatto, spaventosamente nullo in questa UE. Visti i correnti sviluppi, l’unica certezza consiste allora nell’ulteriore conferma che tutto si gioca sulla sovranità nazionale. E se non si hanno popoli pronti a difenderla ad ogni costo, formati da una genuina e profonda appartenenza culturale e identitaria, la grande bugia della democrazia “rappresentativa” non serve che ad un’assuefazione di massa all’ineluttabilità di quel che decidono i potenti di turno. Siamo di fronte ad un momento storico di valore epocale: la vicenda greca è l’ultimo chiodo sulla bara di quell’illusione chiamata “democrazia“, che si svela come sistema imperfetto, sommamente manipolabile dai malintenzionati e non “valore assoluto” come siamo stati indotti a pensare nell’incessante lavaggio di cervello seguito al 1945.

Le civiltà, le patrie, le comunità possono esistere e protrarsi solo fondandosi su un elemento di unità che trascenda l’inadeguatezza di concetti e strutture solo umani, poiché questi finiranno prima o poi col tramutarsi inesorabilmente in strumento di liquidazione di quelle stesse civiltà, patrie e comunità.
Avete voluto e insistete col celebrare, tipo oggi, la presa della Bastiglia (una truffa storiografica, tra l’altro) e tutto l’armamentario post-illuminista della definitiva liberazione dalle catene di un oscuro passato? Eccovi serviti, dopo i disastri novecenteschi, il tempo del raccolto: da riscuotere calpestando quel che rimane della carcassa della Grecia, preludio del cadavere che diventeremo noi. O, meglio, già siamo.

(di Luca Dombré)