I colpi di coda dell’imperialismo USA mietono vittime ad Homs, Latakia e Tartus

Lunedì 17 settembre, a Sochi, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan si sono accordati nel creare una zona di demilitarizzazione di 15 km che va da Idlib alla provincia ovest di Aleppo. In cambio della promessa di Ankara di ritirare completamente le forze qaediste quali Hay’at Tahreer al-Sham e Ahrar al-Sham, Mosca porrà freno all’offensiva finale dell’esercito siriano.

Una mossa che, ad un’attenta analisi, oltre a seguire questo schema “Do ut Des”, fornisce un espediente. Allontana il rischio concreto di una pericolosa escalation militare in Siria. Mette difatti i bastoni fra le ruote ai piani imperialisti che il blocco euroatlantico aveva in serbo tramite i suoi agent provocateurs.

L’ennesimo film di propaganda sull'”attacco chimico” di Bashar al-Assad, infatti, pareva essere giunto ai titoli di coda. In questi giorni, il Russian Center for Syrian Reconciliation, che supervisiona la presenza militare russa sul territorio, aveva rilasciato un rapporto scottante. Basandosi sulle informazioni ricevute dai suoi abitanti, aveva parlato di diverse equipe televisive europee e statunitensi giunte nella città di Jisr al-Shughur.

È facile ed automatico pensare che erano lì appositamente per fare da cassa di risonanza. I primi piani ossessivi dei volti dei 44 bambini rapiti dai White Helmets il 31 agosto e truccati a dovere dovevano convincere l’opinione pubblica che l’intervento militare contro Damasco avesse caratteri umanitari e necessari.

L’attacco USA di lunedì sera dal Mar Mediterraneo su Latakia, Homs e Tartus – confermato e coadiuvato dalla NATO -, quindi, è tipico di chi si è visto il giocattolo rompersi tra le mani. Poiché è venuta meno la retorica dirittoumanista unidirezionale, non è restata loro altra scelta che mettere direttamente la faccia per tentare di capovolgere assetti geopolitici ormai delineati.

I pericolosissimi colpi di coda di chi, ormai, non riesce più a controllare l’ordine internazionale e relazionarsi pacificamente e diplomaticamente in un assetto globale prossimo al multipolarismo. Non saranno gli ultimi.

(di Davide Mario Pellegrino)