L'infantilizzazione dei neri americani

L’infantilizzazione dei neri americani

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Nel discorso politico contemporaneo, l’America nera viene spesso percepita come monolitica. Ci si aspetta che noi pensiamo, agiamo, e votiamo come un’unica entità, ed ogni tentativo di fare un passo oltre i limiti del nostro spettro di pensiero predeterminato può portare a una scomunica sommaria.

Raramente, al di fuori della diversità di razza, genere, etnia, orientamento sessuale, si vuole riconosce che tra i neri americani esista una diversità di opinioni, credenze e valori. Anche se la “comunità nera” in America include immigrati provenienti dall’Africa, dai Caraibi e dall’America latina, così come individui discendenti dai tempi della schiavitù, veniamo spesso raggruppati tutti insieme come un unico e indistinguibile blocco ideologico.

Considerate, ad esempio, le critiche che sono state mosse al quarterback dei Dallas Cowboys, Dak Prescott. Prescott ha compiuto l’apparentemente imperdonabile errore di dire che non è d’accordo con quei giocatori della NFL che si inginocchiano durante l’inno americano per protestare contro le violenze della polizia. Parlando ai giornalisti, Prescott ha detto:

“Non protesto mai durante l’inno, e non penso che sia il momento o il luogo per farlo. Il gioco del football mi ha sempre portato una tale pace, e penso che faccia lo stesso per molte altre persone, persone che giocano, persone che guardano il gioco e persone che hanno un impatto sul gioco. Quindi quando porti una tale polemica allo stadio, al campo, al gioco, la pace sparisce. Toglie la gioia e l’amore che il football porta a molte persone. Sto facendo un cambiamento e facendo la differenza. Sono sempre pronto a fare il prossimo passo, qualunque cosa si possa fare, non solo inginocchiarsi. Ho sempre creduto nel difendere ciò in cui credo.”

Prescott non ha mai dichiarato che i giocatori che protestavano andassero puniti – al contrario, ha riconosciuto le ragioni della loro protesta, pur non approvando il tempo e il luogo, e ha dichiarato di rispettare le azioni dei suoi colleghi pur non essendo d’accordo con loro. Nonostante ciò, è stato criticato sia dai suoi fans che dai suoi colleghi. Prescott è uscito dalla sua bolla prescritta delle opinioni accettabili, e ora deve essere rimproverato fino al pentimento.

In diverse aree della vita -politica, atletica, recitazione, musica, fino alla vita quotidiana- agli americani neri non è permesso pensare con la propria testa, o allontanarsi dal consenso prevalente. Il senatore Tim Scott viene chiamato ripetutamente “Zio Tom”, “negro da giardino”, e in modi anche peggiori, solo perché è un Repubblicano; mentre commentatori e intellettuali come Thomas Sowell, Antonia Okafor, Larry Elder, e John McWhorter, raramente vengono chiamati sui media mainstream per discutere le questioni razziali in America. Altri, come Marc Lamont Hill, Michael Eric Dyson, Roland Martin, e Joy Ann Reid, le cui visioni politiche sono affini all’ortodossia liberal, vengono invitati a portare la fiamma ideologica dei neri americani.

Nel recente “State of Black America Town Hall”, ospitato da Roland Martin, tutti gli interlocutori erano di sinistra. Dobbiamo credere che non ci sia nulla da guadagnare nell’includere opposti punti di vista? Che le voci di destra o di centro non possano contribuire al dibattito su come migliorare l’educazione, la salute, la giustizia sociale, la prosperità e l’impegno civico dei neri americani? La leadership della comunità nera dipende dal fatto che una persona voti blu o rosso [Democratico o Repubblicano, ndt] invece che dalla validità delle sue idee?

Ci si aspetta che i neri siano Democratici – o, quantomeno, di sinistra- non per la loro visione politica, o per questa o quell’altra iniziativa politica, ma a causa della presunta attitudine razziale dei Repubblicani. Tutto ciò è risultato in un paradosso strano: nonostante l’odio professato dai progressisti neri per le istituzioni “sistematicamente razziste”, essi continuano a dare fiducia e potere a quelle stesse istituzioni votando a favore di politiche che le rinforzano. Se credete che il governo vi opprima, è controproducente chiedere che prenda più tasse, che criminalizzi di più il vostro comportamento, o che aumenti la propria abilità di infrangere la vostra privacy.

I progressisti bianchi, dal canto loro, trattano i neri americani più come un animale domestico, che come un amico di famiglia: ci elogiano quando ci allineiamo alle loro idee, ci attaccano quando non lo facciamo. Il discorso sulla razza in America è stato monopolizzato dai media progressisti e canalizzato all’interno del Partito Democratico per dare supporto alla coalizione a sostegno di Obama durante la sua presidenza; probabilmente nella speranza che i neri dessero sostegno a Hillary nella sua candidatura. Ma i Democratici sono arrivati al punto di considerare il voto dei neri scontato – nonostante il 44% dei neri si consideri moderato, e il 27% conservatore, gli americani neri votano ancora in gran maggioranza per i Democratici (il 90%).

La demografia del voto è importante, perché chiunque vinca le elezioni è nella posizione di costruire e influenzare la politica. Anche se i neri hanno votato i Democratici, la differenza di ricchezza tra bianchi e neri è aumentata: un nero su quattro si dichiara nullatenente, e le famiglie nere guadagnano 5.04$ ogni 100$ guadagnati da una famiglia bianca. Delle dieci città più povere degli Stati Uniti, nove sono guidate dai Democratici. Delle dieci città con il maggiore tasso di disoccupazione, nove sono guidate dai Democratici. Delle dieci città più pericolose degli Stati Uniti, otto sono guidate dai Democratici. Tutte queste città hanno una popolazione a maggioranza nera, e i neri hanno maggiori tassi di povertà, livelli di reddito più basso e tassi di criminalità più alti. Nonostante la mancanza di prove che il voto democratico abbia un impatto intrinsecamente positivo sulla vita di un uomo o una donna di colore in America, i progressisti continuano a demonizzare qualsiasi tentativo, da parte dei neri, di cercare soluzioni oltre la sfera democratica.

La parte più triste di questa narrativa è che i liberal sembrano convinti di avere molto poco da offrire agli elettori neri, a parte le scuse per i comportamenti del passato, e un complesso del Messia che li porta a promettere di riparare le storture della società odierna. Spesso, le persone che protestano maggiormente per le discriminazioni razziali, sono progressisti bianchi che si sono presi la responsabilità di difendere la causa nel nome di persone “politicamente mute” o emarginate. Questo spettacolo imbarazzante spesso ricorda un adulto che scherza con un bambino capriccioso. Ciò non significa che il supporto e la solidarietà dei bianchi non sia necessaria né benvenuta, ma il supporto e l’aderenza acritica a una certa narrativa non sono sinonimi.

Anche se io dico che il razzismo non gioca un grande ruolo nella mia vita, non significa che io stia sminuendo gli effetti del razzismo sulla vita di un’altra persona di colore. Significa solo che “l’esperienza nera” non è sempre uguale per tutti ed in ogni luogo. L’idea che il razzismo sia un fattore onnipresente nella vita quotidiana dei neri, e una spiegazione universale per tutto ciò che li affligge, è ridicola.

Le lotte e le esperienze di un bambino nero di classe media del Kansas non sono le stesse di un bambino nero di classe media del Maryland, e a loro volta non sono le stesse di un bambino di periferia di St. Louis, Chicago, Dallas e così via. Gli individui hanno, spesso, più cose in comune con persone della stessa classe sociale che con persone del proprio gruppo razziale, perché il reddito è un fattore molto più discriminante della razza. La cosa è ampiamente dimostrata dalle statistiche sull’educazione e sulla carriera. I neri americani possono essere ricchi o poveri, religiosi o atei, accademici o sportivi, conservatori o radicali, e così via. Ridurre l’identità nera al voto determinato dalla razza o dall’etnia non è solo offensivo, è razzista.

E’ deludente vedere come i neri americani aderiscano a queste regole. Se l’obiettivo comune è quello di ottenere uguaglianza e inclusione per tutti, allora i neri americani dovrebbero accogliere diverse opinioni e diversi punti di vista. La diversità intellettuale scoraggia l’appiattimento politico – se le idee prevalenti vengono sfidate, il pensiero e la riflessione sono necessarie al fine di difenderle. Se credo di avere ragione, dovrei apprezzare l’opportunità di testare tale ipotesi e di modificare le mie opinioni alla luce di nuovi dati e prospettive che forse non ho considerato. Le mie idee su come migliorare la vita degli altri neri non sono meno valide solo perché sono arrivato allo stesso obiettivo con un altro metodo. E’ attraverso la comunicazione con coloro che non sono d’accordo con noi che siamo in grado di informarci ed imparare. Solo allora possiamo usare la diversità di pensiero per rinforzare la nostra comunità e ottenere il cambiamento che desideriamo.

Sfortunatamente, l’ortodossia progressista sulla “questione nera” spesso sembra ridursi all’assunto che i neri siano incapaci di ottenere successo con i propri meriti. Ci servono le politiche inclusive perché altrimenti gli studenti neri non riuscirebbero ad entrare nelle università prestigiose. Noi abbiamo bisogno di aiuto per competere allo stesso livello non solo dei bianchi, ma anche delle altre minoranze. Lo stesso impulso paternalistico guida la discussione su occupazione, crimine, ruoli nei film, premi, e così via: i neri non ce la faranno mai da soli, avranno bisogno che qualcun altro gli dia una mano. Questa propensione mentale, secondo la quale i neri americani sono solo vittime passive, e mai agenti protagonisti, li infantilizza.

Questo non è un problema di poco conto. La spiegazione monocausale ai problemi dei neri è pericolosa per due ragioni. Primo, impone una falsa conformità che contribuisce affinché ipotesi alternative per l’ottenimento del benessere per la comunità nera non siano mai esplorate e discusse. In secondo luogo, l’imputazione riflessiva dei pregiudizi razziali in situazioni nelle quali ci possono essere spiegazioni alternative, rischia di indurci verso un complessivo scetticismo: in tal modo, quando il razzismo appare sul serio, rischia di essere sottovalutato e ignorato. Con le migliori intenzioni, i progressisti si sono presi il fardello di parlare per i neri americani, ma saranno i neri americani a pagare il prezzo per avere permesso ai progressisti di ridurre la loro libertà di pensiero.

(da Quillette – traduzione di Federico Bezzi)

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