Elogio della tirannide

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Tiranno: “Chi governa in modo dispotico e crudele, accentrando in sé tutti i poteri statuali e politici, e spesso anche militari, legislativi e giudiziarî”, secondo quanto riporta il vocabolario Treccani. Uno dei primi usi accertati del termine greco τύραννος, (tyrannos), ovvero tiranno, lo incontriamo nelle Storie di Erodoto, (III, 80-82), e non possiede alcuna accezione negativa, serve solo ad indicare il “signore di una città”.

Nel corso del tempo questa parola si è d’altra parte caricata di numerosi significati negativi: “tirannico” è l’atteggiamento dispotico e violento di qualcuno e “tiranno” è colui che governa in maniera autocratica e parziale la cosa pubblica, arricchendosi alle spalle dei cittadini e reprimendone ogni libertà. Non è un caso dunque che questa parola sia ormai associata a “despota”, “dittatura” e “dittatore”; “regime” sono i governi dittatoriali e “tiranni” sono i loro leader. Ma che cosa indica in verità la parola “tiranno”? e perché si è caricata di questo valore così negativo se inizialmente non aveva alcuna valenza qualitativa?

La risposta la troviamo, come spesso accade, nella storia. La figura del tiranno nasce nella Grecia del VII e VI secolo, essa stava ad indicare coloro che si impossessavano del potere di una città, polis, a discapito dei re o delle oligarchie mercantili e latifondiste.

Il Tiranno era un parvenu, una personalità esterna alle aristocrazie economiche e di sangue che generalmente governavano le città greche opprimendo le classi popolari e facendo valere antichi diritti ereditati per consuetudine. La grande novità e rivoluzione della tirannide, rispetto ai governi precedenti era che il loro potere si basava sul popolo, sugli ultimi, le classi oppresse, non nelle linee di sangue, nel predominio economico od elitario, bensì sulla semplice volontà popolare. Perché dunque, se il tiranno era la voce scelta dal popolo per combattere oppressioni ed ingiustizie, il termine ha assunto un giudizio tanto negativo?

Questo è dovuto in maggior misura all’azione dell’aristocrazia istruita. Le classi un tempo dominanti ed ora svantaggiate dall’operato dei tiranni, infatti, erano le uniche ad essere alfabetizzate nella Grecia arcaica, dunque possedevano il “monopolio dell’informazione”: tutte le fonti scritte a noi giunte, fra cui lettere, poesie ed elegie, esprimevano il giudizio negativo degli aristocratici verso la tirannide.

L’aristocrazia era fortemente contraria alla tirannide per il semplice fatto che queste diminuivano il loro stretto controllo sulle classi popolari, aumentando così l’isonomia, ovvero l’uguaglianza davanti alla legge, riducendo di conseguenza i vecchi vincoli di oppressione oligarchici.

Il possesso degli “organi di informazione”, come diremmo noi oggi, ha permesso agli oligarchi danneggiati dai tiranni di esprimere tutto il loro odio e la loro frustrazione e di tramandarla ai posteri. Lo stesso che accadde subito dopo la morte dell’imperatore romano Caligola nel I sec. a.C., le classi senatorie da lui represse lo condannarono infatti alla damnatio memoriae, ovvero alla cancellazione di ogni ricordo a lui legato.

Ciò è dovuto al fatto che Caligola, soprattutto nella prima parte del suo regno, aveva dato segno di voler seguire una politica “populista”, diminuendo le tasse e dando avvio a diverse opere pubbliche necessarie, il tutto appoggiandosi alle classi media e popolare,  spregiando le aristocrazie senatorie che vennero pian piano estromesse dal governo dell’Impero. Il famoso evento dell’elezione a senatore del cavallo dell’imperatore, da cui nasce l’accusa di pazzia, non è altri che un falso storico; nonostante ciò pare che Caligola avesse effettivamente detto che avrebbe potuto fare senatore anche il suo cavallo, tanto era inutile ed incapace la classe senatoria di Roma.

Il potere del tiranno, benché assoluto, era interamente nelle mani del popolo: venuto meno l’appoggio di questo le tirannidi crollavano. Benché alle volte le tirannidi si trasformassero in vere e proprie dittature violente e rapaci – sempre per lo più a discapito delle aristocrazie che delle classi popolari – raramente il popolo si ribellò ai tiranni.

Storicamente anzi accadde più spesso che furono le classi oligarchiche a far cadere i tiranni utilizzando anche metodi violenti, come successe a Pisistrato tiranno di Atene ucciso dai tirannicidi, Armodio ed Aristogitone. Esistevano casi in cui i tiranni erano eletti direttamente dal popolo, come accadeva a Pitacco e Mitilene, dove la cittadinanza eleggeva elementi super partes per porre fine a guerre civili fra aristocratici alla ricerca del potere.

È dunque l’informazione l’arma più forte delle aristocrazie politiche, economiche e di sangue: qualora un tiranno, o una nuova classe dirigente, conquisti il potere, la macchina economica ed intellettuale della classe al potere si metterà in moto con il compito di infangare e denigrare l’operato dei nuovi venuti. Ovviamente le politiche dei “tiranni”, utilizzato nel senso positivo del termine, erano volte a soddisfare i bisogni del popolo per poter mantenere e stabilizzare il proprio potere. Si dia il caso che questo tipo di politica si rivelò in più situazioni positive: a diversi tiranni greci si deve lo sviluppo dei commerci, delle opere pubbliche e dell’agricoltura. Il merito maggiore dei tiranni fu quello di aver sempre più affrancato il popolo dal dominio dell’oligarchia mercantile e latifondista greca, ponendo le basi per la nascita del fiorente periodo storico delle poleis greche, che porterà alla nascita del concetto di democrazia. Dall’esempio di questa positiva e vivificante azione politica noi vogliamo elogiare la tirannide come punto di rottura contro i vecchi privilegi delle stantie classi dominanti oligarchiche.

Vorrei chiudere questo articolo con le parole del Presidente del Consiglio Conte, pronunciate il 5 maggio 2018: “Se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente […] se antisistema significa mirare a produrre un nuovo sistema che rimuova i vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni”.

(di Fausto Andrea Marconi)

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