E disprezzo infinito per gli anarchici, contro i quali abbiamo già avuto modo di esprimere la nostra opinione qualche giorno fa, in occasione di quella straccioneria di abbozzo di protesta, proposta da qualcuno con molto poco da fare nella vita e molto da disturbare nella società civile.
Ma gli Alpini, quelli offesi e vilipesi, reagiscono con signorilità. “Le divisioni non servono a nulla” dicono nel loro comunicato ufficiale alla vigilia della ricorrenza. Toni ben diversi dai poveretti che li avevano definiti in modi ai quali è meglio non dedicare nemmeno un pochino del nostro tempo futuro.
L’odio per la patria e, nello specifico, perfino per i suoi successi storici, sta alla base dell’ostilità – per fortuna minoritaria – che alcune frange ristrette di giovinastri mostrano contro i corpi che hanno fatto la storia di questo Paese.
La semplificazione idiota “guerra = cattiveria” purtroppo ha prodotto negli ultimi decenni vere orde di ritardati senza costrutto o idea del futuro. Non si tratta solo degli anarchici, ma di tutti coloro che vi somigliano, come mentalità disgregatrice richiamante a una specie di “comunismo” che con il comunismo non ha nulla a che fare.
E così sono i centri sociali, che ci hanno fin troppo abituato alle loro scorribande. Così sono i ragazzi che a Bologna se la prendevano con i tornelli, con le regole, con qualsiasi forma di disciplina. Così sono anche gli anarchici “contro la guerra”, anche quella che ha permesso a loro di essere quello che sono oggi in quanto cittadini italiani, anche quella che ha interessato le proprie case.
Agli Alpini, i malvagi Alpini, si devono gran parte delle imprese che perfino “l’Italia che non sa combattere” ha dimostrato di poter fare. Agli Alpini si deve un contributo essenziale alla resistenza sul Monte Grappa, nel novembre 1917, dopo Caporetto nel primo segnale di riscossa. Anche agli Alpini si deve infine la riscossa stessa, guidata da Armando Diaz.
Gli Alpini, insieme agli Arditi, sono stati tra i protagonisti del nostro passato. E dovrebbero esserlo anche del nostro presente, del nostro futuro. E non in quanto soldati cattivi uccisori di uomini, ma in quanto membri di un corpo che ha sempre rappresentato la comunità e che l’ha sempre difesa, com’è giusto che sia.
Perché gli Alpini, gli Arditi, ma i soldati in generale, meritano rispetto. Meritano onori e solidarietà. Difendono la libertà della società civile, proteggono i cittadini comuni, quelli che non combattono ma lavorano.
Al contrario di qualche straccione che invece resta utile – nella migliore delle ipotesi – solo a diffondere droghe, alcool e ascoltare canzonette al concerto del Primo Maggio. Chiudiamo pubblicando l’Inno del corpo, nella speranza che sempre più italiani lo ascoltino cercando di ricordare, finalmente, anche il loro passato migliore. Che l’indifferenza sia, una volta per tutte, sconfitta.
Viva l’Adunata! Viva gli Alpini!
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(di Stelio Fergola)