Butac sotto sequestro. Vademecum delle bufale degli “sbufalatori” di professione

Butac posto sotto sequestro preventivo dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. C’è di che gioire. Dietro il paravento della lotta alle fake news, non era nient’altro uno strumento volto all’imposizione di quella narrativa il cui compito è garantire la sopravvivenza della realtà unipolare a guida USA. Andiamo a vedere alcuni casi.

In un articolo del 28 febbraio 2018, denunciava “alcuni siti italiani” di riportare falsità in merito alle ONG operanti in Siria. “Abusano o denunciano?”, era il titolo. Un chiaro “attacco preventivo” a chi avesse posto dei dubbi in merito alle loro “azioni umanitarie.” Il caso di Zahed Katurji, tuttavia, è a nostro favore. Legato mani e piedi a “Hand in Hand For Syria”, è, ai più attenti, il famoso “ultimo pediatra di Aleppo”.

Insieme a Bilal Kareem e Lina Shamy, nel dicembre 2016, denunciava le presunte “mattanze” di Damasco con gli AK-47 di Jabhat al-Nusra alle spalle. “Gran parte dei bombardamenti russi e del regime sono sulle case e sui negozi. Stanno cercando di annientare qualsiasi forma di vita non sia sotto il controllo di Bashar al-Assad”, diceva nei suoi diceva nei suoi video e scriveva nelle sue lettere.

Il perché è molto semplice: è un qaedista, lo dimostra la foto in cui ha un Manpad in mano, sistema missilistico anti-aereo a corto raggio di fornitura saudita o statunitense. Ad uno sguardo più ampio, quindi, si evince che dietro il paravento dell’umanitarismo, tali organizzazioni fungono, di fatto, da copertura ai gruppi takfiri e salafiti. Doni 1000€? 500 vanno all’acquisto di ipotetiche cure mediche, l’altra metà al fondo cassa per fornire loro aiuti militari da usare negli scenari bellici contro l’asse russo-sciita.

Arrivando, invece, ai giorni nostri, ha messo nell’occhio del ciclone il servizio di Pandora Tv sulla situazione nel Ghouta orientale. I festeggiamenti della popolazione all’arrivo dell’esercito siriano, vittorioso sui takfiro-wahhabiti di Faylaq al-Rahman, Jaysh al-Islam e Hay’at Tahrir al-Sham, giudicati una “bufala propagandistica.” I colpi di mortaio su Damasco, pure. Eppure sarebbe bastato vedere il profilo Twitter di Ibra Joudeh, attivista siriano, per accorgersi di quanta malafede siano stati pervasi.

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In data 18 marzo ha postato un video, registrato di suo pugno, ritraente la popolazione di Harasta gioente per la visita di Bashar al-Assad. Qualora l’avessero considerato inaffidabile perché pervasi dal pregiudizio e dall’ideologia, invece, avrebbero avuto l’alternativa: un’intervista pubblicata dalla pagina Syrian Reporters. A parlare sono due soldati dell’esercito siriano. Uno proviene da Jobar, tra una frase ed un’altra si commuove. Osserva e, di tanto in tanto, abbraccia la propria madre, il cui affetto gli è mancato per sette lunghi anni. Un altro ha una ricetrasmittente in mano, coordina le operazioni di evacuazione dai corridoi umanitari istituiti da Mosca, Teheran, Damasco ed Hezbollah.

Le stesse che Wassim Issa, un altro attivista, mostra direttamente con un filmato sul suo account di Facebook ed Eli Kováčová narra nel suo overview di quella battaglia dopo anni di esperienza direttamente sul campo.

Cambiamo area geografica, andiamo alla Corea del Nord. In un articolo si assume la fastidiosa presunzione fare chiarezza sulle sue reali condizioni di vita rispetto alla Corea del Sud. Il taglio, ovviamente, segue la narrazione dominante: brutta, povera, chiusa al mondo esterno. Ma è davvero così? Considerando fonti provenienti dalla Korean Friendship Association, tutti i nordcoreani che ha incontrato “hanno letto libri stranieri come Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas e i racconti brevi Uomini senza Donne di Ernest Hemingway, ed alcuni ne sapevano perfino recitare lunghi brani. A casa e talvolta nelle università guardavano film stranieri come Via col vento e Titanic.” L’architettura jucheana, inoltre, stando alle parole di Kim Jong-un è funzionale ai bisogni e alla comodità del popolo, tenendo conto dei suoi sentimenti e dei suoi gusti estetici.

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Associa oculatamente l’identità nazionale e la modernità, al fine di erigere a ritmo straordinario alcune costruzioni monumentali che surclassino il livello mondiale e restino impeccabili in un lontano avvenire. Le figuracce degli sbufalatori di professione non sono solo a livello internazionale, ma anche sul fronte interno. Quando, nel 2015, l’associazione Libera Azione fece partire i sequestri penali a carico della Società Enel Distribuzione S.p.A e la stessa fu indagata in oltre 400 procedimenti penali, pubblicarono un articolo per impedire che la verità si venisse a sapere. Ci mancherà? Assolutamente no.

 (di Davide Pellegrino)