“Che tempo che fa” e la propaganda islamista contro la Siria

Parlare di “attacco chimico” in prima serata, a Che Tempo Che Fa di Fabio Fazio, vuol dire dare credito alle tesi dei qaedisti dei White Helmets. In collaborazione con i filmati pre-confezionati del Ghouta Media Center preparano sempre il set cinematografico per il momento adatto. Una nuova puntata a beneficio del pubblico occidentale della settennale soap opera secondo cui Bashar al-Assad gasa il suo popolo.

Stasera, con Roberto Saviano, abbiamo assistito alla messa in onda: uso di gas sarin da parte dell’esercito siriano, in riferimento agli eventi confusi ad al-Shifuniyah (periferia damascena) il 20 febbraio c.a. Co-protagonista, ovviamente, il solito bambino, la cui morte (?) viene costantemente strumentalizzata per fini propagandistici. Come dopo i fatti poco chiari di Khan Sheikhoun, le speranze e gli intenti del “sacerdote liberal” de noantri ricalcano in pieno quelli dei falchi neocon guerrafondai: un numero imprecisato di Tomahawk a stelle e strisce che vada a colpire qualche base aerea come monito a Bashar al-Assad a non “ripetere l’andazzo.”

Inutile rammentare che i benefici di tutto questo saranno, ovviamente, di rimando, tutti di Jaysh al-Islam, Faylaq al-Rahman e Hay’at Tahreer al-Sham, con il rischio di capovolgere le sorti di uno scenario bellico magistralmente dominato, in questi giorni, dall’asse russo-sciita con la liberazione della sacca di Harasta, seguita da fuochi d’artificio e giubili a Damasco.

Quando, poi, Mosca, Pechino e Teheran richiederanno di istituire una commissione d’inchiesta ad-hoc per verificare gli eventi vi sarà il solito netto rifiuto dei servi occidentali, con la ridicola motivazione secondo cui “il governo siriano non concede la possibilità agli organismi internazionali di recarsi in quei luoghi perché zona militare”. E si torna al punto di partenza.

(di Davide Pellegrino)