Perché è improbabile che ci sia Mosca dietro la morte di Skripal

Negli anni ’90, durante la presidenza di Boris Eltsin, molti ex agenti del KGB hanno lavorato privatamente per quegli oligarchi che, attraverso truffe loan for shares, sono diventati miliardari pagando asset dello Stato una frazione del loro valore originale.

Il famoso Aleksandr Litvinenko, ucciso intossicato dal polonio il 23 novembre 2006, era compare d’affari di Boris Abramovič Berezovski, imprenditore legato agli ambienti malavitosi russi trovato morto ad Ascot, il 23 marzo 2013.

È probabile che l’avvelenamento da gas nervino di Sergei Skripal, a Londra, abbia le stesse dinamiche. Nemici altolocati che, alla fine, gli avrebbero presentato il conto oppure la longa manus del MI6, accortosi che, dopo averlo riempito di sterline, non era più utile per i suoi piani di controspionaggio nei riguardi di Mosca.

La cosa sicura è che il Cremlino si sarebbe sporcato personalmente le mani se avesse avuto la certezza che, ancora oggi, stesse continuando a fornire informazioni di Intelligence all’Occidente. Vista la grazia concessagli nel 2010, appare improbabile. Andando a logica, fosse stato un uomo così scomodo avrebbe potuto liquidarlo in quel momento: era in patria, innocuo, non protetto, una pistolettata al cianuro di potassio (come a Stepan Bandera, a Monaco di Baviera, nel 1959) e via. Lavoro silenzioso e pulito. Ovviamente prima che chiedesse asilo politico nel Regno Unito.

Ciò, tuttavia, non è bastato a Jens Stoltenberg, Theresa May, Rex Tillerson e Frans Timmermans di partire con il solito delirio anti-russo. Minacciano, addirittura, di attivare l’articolo 5 della NATO, norma che afferma che un attacco ad un suo membro ne costituisce uno a tutti. Morale della favola? Quando c’è di mezzo la Russia i fatti non contano o vengono sistematicamente interpretati a suo svantaggio sulla base di errate convinzioni e pregiudizi.

Le conseguenze non si sono fatte attendere: il boicottaggio della sua immagine in vista di quest’estate (Mondiali 2018) e la propaganda denigratoria nei confronti di Vladimir Putin, con lo scopo di intralciargli il suo quarto mandato da presidente alla luce del suo 85% di consensi.

(di Davide Pellegrino)