Il Front National cambia volto: tutti gli scenari possibili

Un cambio istituzionale del Front National era riscontrabile, ai più attenti, nelle dichiarazioni di Marine Le Pen già durante il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi di maggio 2017. L’improvvisa rinuncia ad uscire dall’eurozona doveva far pensare a due opzioni: una più generica “rinegoziazione dei Trattati di Maastricht del 1992” o una transizione verso “un’Europa dei popoli” che riassegni sovranità ai singoli Paesi, secondo il modello di Charles De Gaulle.

Il nuovo statuto e la definitiva espulsione del padre Jean-Marie, tuttavia, riportano alla mente dei dejà vù: Fiuggi, 1995. L’unità europea, fatta di idee, filosofie, volontà e cooperazione militare, espressa da Giorgio Almirante, venne soppiantata in favore di un conservatorismo liberale a supporto delle frange più europeiste a Bruxelles e Strasburgo. Ovviamente è presto per dirlo, ma i presupposti affinché accada ciò sono abbastanza alti.

Occorre considerare, infatti, che la destra repubblicana, specie durante la campagna elettorale e dopo l’ultimo congresso, ha assunto toni più “populisti”, rubando tematiche storiche del Front National e annacquandole affinché fossero appetibili ad un elettorato moderato. Francois Fillon, ad esempio, si è sempre dichiarato euroscettico e favorevole alla rimozione delle sanzioni a Mosca in un’ottica di dialogo.

Allo stato attuale, quindi, Marine Le Pen rischia di essere letteralmente cannibalizzata senza un cambio di rotta – e che il blocco antieuropeista perda un importante tassello. Il Gruppo Visegrad – Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria + Austria di Sebastian Kurz – rimane, ad oggi, l’unica speranza possibile per una lotta anti-globalista a livello pan-europeo.

(di Davide Pellegrino)