Il ruolo cruciale dell’Italia nella Nuova Via della Seta

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L’economia cinese entro la fine dell’anno sorpasserà quella dell’Eurozona a 19 nazioni. Non c’è bisogno di essere un analista per capirlo. L’economia cinese, già a metà del diciannovesimo secolo, era più grande di quella europea. Poi è arrivata una maledizione -principalmente per colpa della diplomazia delle cannoniere britannica- che è durata 150 anni. Ora le cose stanno tornando alla loro normalità storica.

L’Europa è al centro del 60% degli investimenti esteri cinesi -incluse fusioni e acquisizioni- contro il 25% degli Stati Uniti e il 15% di Asia, Africa e America latina. L’Europa è alla disperata ricerca di qualunque misura aiuti ad aumentare il PIL. Quasi tre decenni dopo la fine della Guerra Fredda, il nuovo standard è l’Eurasia in quanto spazio condiviso di investimenti e commercio.

Gli ultimi tre anni hanno visto una raffica di acquisizioni – dai 44 miliardi di dollari spesi dai cinesi per acquistare il gigante agrochimico svizzero Syngenta all’acquisizione di Pirelli da parte di ChemChina per 7.1 miliardi di dollari, fino alla partecipazione cinese nel gruppo automobilistico francese PSA. Nel 2015 l’Italia, infatti, seguita dalla Francia, è stato il paese dove più di ogni altro i cinesi hanno investito: 10 miliardi di dollari in 5 anni, spartiti su oltre 300 aziende.

Nel 2016 Cosco ha acquistato il 51% del porto di Pireo, il punto di ingresso privilegiato per i prodotti cinesi in Europa. Le aziende cinesi vanno alla ricerca delle tecnologie di alto livello made-in-Europe, in grado di essere trasposte in una Cina che vanta la più grande rete ferroviaria ad alta velocità al mondo: oltre 20.000 km costruiti in pochi anni.

LA BATTAGLIA DEI SUPER PORTI

Il bello delle New Silk Roads, o della Belt and Road Initiative (BRI), è che ogni giocatore è libero di scegliere come posizionarsi lungo e attraverso una miriade di connessioni, strade, nodi e archi.

Su questa strada si interfacciano un’infinità di aziende cinesi ed europee. Ad esempio, City Railway Platform e China Railway Container Transport lavorano con Swiss Hupac sul collegamento Yiwu-Madrid. Wuhan Asia Europe (WAE) è coinvolta nel collegamento Wuhan-Lione, mentre la francese Geodis è attiva sul collegamento Chengdu-Rotterdam.

Tutti questi collegamenti sono presenti sulla rete transeuropea a nove corridoi (Trans-European Network – Transport, detta anche Ten-T), che dovrebbe essere completata entro il 2030. Uno dei corridoi chiave della Ten-T costituisce una priorità strategica assoluta per la Cina: la linea ferroviaria ad alta velocità che collega Budapest-Belgrado-Skopje-Pireo, la quale ha beneficiato di una linea di credito speciale da 3 miliardi di dollari.

Nel frattempo, la Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali (AIIB) guidata dalla Cina e dalla Banca europea per gli investimenti si sono alleate per finanziare anche altre strutture. Dopotutto, la destinazione finale della BRI è l’Unione Europea.

In parallelo con l’interfaccia cruciale tra BRI e Ten-T, il fatto che l’85% degli scambi tra Europa e Asia avvenga tramite il commercio marittimo. E per quanto riguarda Pechino, la Via della Seta marittima, attraverso il canale di Suez, si concentra in particolare sui porti del Pireo e Venezia. Non c’è da stupirsi che gli investitori italiani abbiano già capito come la BRI offra all’Italia una posizione unica nella complessissima rete del commercio globale cinese.

L’ambizioso obiettivo è quello di rendere l’Italia la porta d’ingresso dell’Europa continentale per le rotte di connessione da est a sud, servendo anche, in modo economicamente vantaggioso, decine di destinazioni verso ovest e nord. L’Italia è la terza nazione europea in termini di commercio navale.

Da qui, l’importanza di costruire un nuovo porto di Venezia che convogli le linee di rifornimento dal Mediterraneo verso Austria, Germania, Svizzera, Slovenia e Ungheria. Oppure Venezia configurata come un super-porto alternativo a Rotterdam e Amburgo. Potremmo definirla la battaglia dei super porti.

Il coinvolgimento cinese nei porti italiani è in aumento. Cosco sta per acquistare il 40% del terminal container di Vado Ligure – amplificando l’appeal del porto di Genova nella sua “integrazione competitiva” con ulteriori terminal come Marsiglia e Barcellona. E Venezia ha firmato un memorandum d’intesa con Tianjin e Ningbo. Tuttavia, il piano più ambizioso della galassia Ten-T è lo sforzo di configurare Venezia, integrata con Ravenna, più Capodistria-Trieste, come collegamento privilegiato con l’Europa sud-orientale.

Il ragionamento, da parte italiana, è che un mega-container in arrivo da Shanghai con sbarco a Venezia, Ravenna, Trieste e Capodistria sarà in grado di consegnare la merce a tutti i tipi di mercati; dal nord Italia, alla Svizzera e alla Germania meridionale fino all’Austria, all’Ungheria e ai Balcani.

VOOPS!

Ecco a voi il Venice Offshore-Onshore Port System (VOOPS), che guarda caso è anche una delle massime priorità per la Commissione Europea (CE). Questo è il progetto principale per il nuovo porto di Venezia – sperando che abbia inoltre il merito di non inquinare le meraviglie artistiche della Serenissima.

Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di Venezia, descrive il tutto con un piccolo tocco alla Marco Polo:

“Il valore aggiunto, l'”uovo di Colombo” del VOOPS si basa sul fatto che una singola piattaforma offshore è in grado di smistare mega-merci di mega-navi su diversi porti marittimi esistenti (come Marghera, Chioggia, Porto Levante , ma anche Ravenna) e porti interni (come Mantova e Padova)”. Costa lo vede come il modo in cui Venezia “può aiutare a garantire che l’Italia non venga esclusa dalle rotte delle mega-navi (oltre 18.000 TEU), destinate a dominare il rapporto commerciale tra Europa e Asia”. E aiuta anche il fatto che l’approvvigionamento dei mercati europei da Venezia consente di risparmiare fino a cinque giorni di navigazione rispetto ai porti del Nord Europa.

Il VOOPS, come attualmente progettato, è uno sforzo collaborativo che coinvolge ingegneri italiani e operatori cinesi. Quando sarà a pieno regime, il VOOPS funzionerà come un vero Marco Polo al contrario, beneficiando di accordi di libero scambio tra l’UE e i Balcani per consentire alla Cina di raggiungere un mega-mercato di 800 milioni di persone.

Per quanto l’UE possa sembrare estremamente fragile politicamente, rimane un mercato unico molto forte e un’economia matura, piena di capitale e conoscenza. Non c’è da meravigliarsi se la leadership cinese si è impegnata a rinnovare storicamente l’antica Via della Seta come un formidabile quadro politico-economico che abbraccia tutta l’Eurasia. E non c’è da meravigliarsi che il nuovo Marco Polo scommetta sull’integrazione dell’infrastruttura eurasiatica.

(di Pepe Escobar, da Asia Times – traduzione di Federico Bezzi)

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