I segreti della “Guerra al Terrore”, parte IV: Operazione Stellar Wind

James Risen è il giornalista investigativo americano che, dieci anni prima di Edward Snowden, cercò di rivelare gli abusi della Nsa, ma che fu fermato dal suo stesso giornale: il New York Times, che nel 2004 insabbiò la storia per oltre un anno, su pressione della Casa Bianca. Su Oltre la Linea, pubblicato a puntate, l’articolo completo pubblicato su The Intercept che svela i retroscena della “War on Terror” di Bush e le pressioni delle agenzie di Intelligence sulla stampa statunitense.
Qui la terza parte.

Nell’estate del 2003, il New York Times nominò un nuovo capo all’ufficio di Washington: Philip Taubman, un vecchio amico di Bill Keller. Taubman era stato il capo ufficio del Times a Mosca quando Keller aveva vinto il premio Pulitzer come corrispondente. Ora Taubman era l’uomo di Keller a Washington.

Io e Taubman eravamo amici. Aveva già ricoperto questioni di sicurezza nazionale e di intelligence nella sua carriera, e sembrava ansioso di ottenere degli scoop. Ma nel 2004 ho iniziato a non essere d’accordo con alcune delle sue decisioni. Quella primavera appresi che l’amministrazione Bush aveva scoperto che Ahmad Chalabi, il “golden boy” dei neoconservatori in Iraq, aveva detto a un funzionario dell’intelligence iraniana che la NSA aveva violato i codici segreti.

Quello fu un enorme tradimento, da parte di un uomo che alcuni alti funzionari dell’amministrazione Bush avevano considerato come futuro leader dell’Iraq. Ma dopo aver chiamato la CIA e la NSA per un commento, il direttore della NSA Michael Hayden ha chiamato Taubman, e gli ha chiesto di non pubblicare la storia. Hayden sosteneva che, sebbene Chalabi avesse detto agli iraniani che gli Stati Uniti avevano infranto i loro codici, non era chiaro se gli iraniani lo credessero, in quanto stavano ancora usando gli stessi sistemi di comunicazione.

Taubman fu d’accordo, e non pubblicammo la storia fino a quando l’ufficio della CIA gli annunciò che qualcun altro lo stava già pubblicando, e che non avremmo più sentirci obbligati a non pubblicarla. Ero infastidito per aver perso un’esclusiva, e credevo che le scuse di Hayden contro la pubblicazione fossero state pensate semplicemente per salvare la Casa Bianca dall’imbarazzo del caso Chalabi.

Nella primavera del 2004, proprio mentre il caso Plame stava infiammando, e iniziando a cambiare le dinamiche tra governo e stampa, una fonte mi ha riferito che c’era qualcosa di veramente grande e davvero segreto all’interno del governo. Era il più grande segreto che qualcuno avesse mai sentito. Ma era qualcosa che la fonte era troppo nervosa per discutere con me. C’era il timore che aumentassero le investigazioni contro gli informatori. Ho deciso di rimanere in contatto con la fonte e di aspettare che se la sentisse di parlarmene.

Nei mesi successivi, ho incontrato la fonte ripetutamente, ma la persona non è mai sembrata disposta a divulgare ciò che noi due avevamo iniziato a chiamare “il più grande segreto”. Alla fine dell’estate del 2004, mentre me ne stavo andando dal nostro ultimo incontro, gli ho detto che dovevo sapere qual era il segreto. All’improvviso, mentre stavo per uscire, mi svelò tutto.

Nel corso di circa dieci minuti, il mio informatore mi fornì la descrizione dettagliata del massiccio programma di spionaggio domestico creato dalla NSA dopo l’11 settembre,  che andava sotto il nome in codice di “Stellar Wind”.

La fonte mi disse che l’NSA stava intercettando gli americani senza mandati di perquisizione, e senza l’approvazione di un tribunale. L’NSA stava raccogliendo le telefonate e le email di milioni di americani. L’operazione era stata autorizzata dal presidente. L’amministrazione Bush si era impegnata in un massiccio programma di spionaggio domestico, probabilmente illegale e incostituzionale, e solo una manciata di persone accuratamente selezionate nel governo lo sapevano.

Ho lasciato quell’incontro scioccato, ma come reporter ero anche euforico. Sapevo che questo era lo scoop della vita.

L’NSA era regolata da rigide leggi contro lo spionaggio domestico, da quando le indagini della commissione Church sugli abusi dei servizi segreti negli anni ’70 avevano portato a una serie di riforme. Una di queste, il Foreign Intelligence Surveillance Act del 1978, rendeva illegale alla NSA di intercettare gli americani senza l’approvazione di una corte FISA segreta. La mia fonte mi aveva appena rivelato che l’amministrazione Bush stava segretamente ignorando la legge che richiedeva mandati di perquisizione dalla corte FISA.

Cominciai rapidamente a pensare a come potevo trovare conferme sulla storia, e fortunatamente trovai la persona giusta: una fonte che di solito non desiderava dare volontariamente molte informazioni, ma a volte era disposta a confermare le cose che avevo sentito altrove. Mentre sedevamo da soli in un bar tranquillo, dissi alla fonte che cosa avevo sentito del programma NSA, e fu subito chiaro che conosceva lo stesso segreto, e ne era turbata.

La fonte mi spiegò molti dettagli tecnici del programma segreto di spionaggio dell’NSA deciso dall’amministrazione Bush, descrivendo come l’NSA si fosse agganciata a giganteschi gateway, in modo da poter scaricare tutto il traffico telefonico internazionale e i messaggi di posta elettronica inviati o ricevuti dagli americani.

Mentre lavoravo per trovare più persone con cui parlare della storia, mi resi conto che il giornalista seduto accanto a me nell’ufficio di Washington, Eric Lichtblau, conosceva cose simili. Lichtblau copriva il Dipartimento di Giustizia. Quando è arrivato per la prima volta nel 2002, ero invidioso delle sue capacità di reporter, in particolare del suo successo nel trovare le fonti. A volte lascio che il mio risentimento abbia la meglio su di me; ricordo un incontro con Abramson in cui disapprovavo apertamente una storia esclusiva su cui stava lavorando Lichtblau. Ma non se l’è mai presa, e abbiamo stretto amicizia e iniziato a lavorare sulle storie insieme.

Lichtblau aveva saputo da una fonte che stava succedendo qualcosa di potenzialmente illegale al DOJ, che i funzionari sembravano ignorare la legge che richiedeva mandati per intercettazioni telefoniche di sicurezza nazionale, e che il procuratore generale John Ashcroft poteva essere coinvolto.

Lichtblau e io abbiamo confrontato i nostri appunti, e ci siamo resi conto che probabilmente stavamo lavorando sulla stessa storia. Abbiamo deciso di lavorare insieme.

Entrambi abbiamo continuato a scavare, a parlare con più persone. Abbiamo iniziato a fare alcune interviste insieme, e abbiamo scoperto che avevamo stili di investigazione molto diversi. Mentre a me piaceva lasciare che una fonte parlasse di tutto quello che pensava, a Lichtblau piaceva arrivare al punto giusto, e a volte gli strappava le informazioni fuori dalla bocca. I nostri approcci erano complementari e inavvertitamente sviluppammo una buona routine di poliziotto buono – poliziotto cattivo. Lichtblau spesso conferiva alle nostre fonti soprannomi coloriti, che rendevano più facile per noi parlare senza rivelare la loro identità. Ha chiamato una delle prime fonti sulla storia della NSA “Vomit Guy”, perché quando ha detto alla fonte di cosa voleva parlare, la fonte ha detto a Lichtblau che era così arrabbiato per l’argomento che voleva vomitare.

Nell’autunno del 2004, avevamo già stilato una bozza della storia. Sentivo che era giunto il momento di attraversare la porta principale, così decisi d’impulso di arrivare fino in cima alla NSA. Ho chiamato la portavoce della NSA, Judy Emmel, e le ho detto che dovevo parlare immediatamente con Hayden. Ho detto che era urgente e non potevo dirle di cosa si trattasse.

Mi ha subito messo in contatto con Hayden al telefono. Sono rimasto scioccato dal fatto che il mio bluff abbia funzionato, ma ora che avevo Hayden, dovevo pensare velocemente a ciò che volevo chiedergli. Ho deciso di leggergli i primi paragrafi del progetto che io e Lichtblau stavamo scrivendo. Lichtblau era seduto accanto a me. Ero seduto davanti al mio computer, pronto a trascrivere qualsiasi cosa Hayden avrebbe detto.

Dopo aver letto i primi paragrafi, Hayden emise un sussulto udibile e poi balbettò per un momento. Alla fine, ha affermato che qualsiasi cosa stesse facendo l’NSA era legale, ed efficace dal punto di vista operativo. L’ho spinto ulteriormente, ma lui si è rifiutato di dire di più e ha riattaccato.

Sembrava ovvio, dalla sua risposta, che sapesse esattamente di cosa stavo parlando, e aveva cominciato a difendere le sue azioni prima di decidere di porre fine alla conversazione. Dopo aver spiegato a Lichtblau ciò che Hayden aveva appena detto, andai all’ufficio di Taubman per dirgli la notizia. “Ho pensato che fosse uno scoop eccezionale, ma sapevamo che avremmo dovuto affrontare alcune domande difficili sul fatto che la pubblicazione potesse minare gli sforzi degli Stati Uniti per prevenire un altro attacco in stile 9/11”, mi ha scritto di recente Taubman in una email.

In pochi giorni, Hayden chiamò Taubman e gli chiese di non pubblicare la storia della NSA. Taubman ascoltava, ma non era troppo disposto ad obbedire. Fu l’inizio di un braccio di ferro durato più di un anno tra il Times e l’amministrazione Bush, mentre i funzionari cercavano ripetutamente di censurare la storia della NSA.

Alcuni giorni dopo, io e Taubman siamo andati all’Old Executive Office Building, vicino alla Casa Bianca, per incontrare il direttore della CIA John McLaughlin, che aveva recentemente sostituito Tenet, e il capo dello staff di McLaughlin, John Moseman. L’incontro, il primo di molti tra il Times e il governo sulla storia della NSA, fu strano. In contrasto con il mio incontro con Tenet e Rice sulla storia iraniana, quando avevano confermato la storia mentre chiedevano di non pubblicare il pezzo, McLaughlin e Moseman si rifiutarono di riconoscere che la storia della NSA fosse vera, anche se ci chiedevano di non stamparla. Continuavano a parlare in termini ipotetici, dicendo che se un tale programma esistesse, sarebbe importante per gli Stati Uniti che restasse segreto, e che i giornali americani non dovrebbero riferire tali cose.

Ero abituato a confrontarmi con l’amministrazione Bush, e i loro terribili avvertimenti sulla minaccia alla sicurezza nazionale non mi impressionavano più. Avevano gridato troppe volte “al lupo” per essere credibili.

Taubman non gli diede conferma del fatto che il Times avrebbe pubblicato o meno la storia, dicendo loro che sarebbe dipeso dalla decisione di Keller. Chiese anche che ci avvertissero, se avessero scoperto che qualsiasi altra testata stava coprendo la stessa notizia.

Nel suo libro del 2016 “Playing to the Edge: American Intelligence in the Age of Terror”, Hayden ricorda che ciò che aveva sentito da McLaughlin e Moseman lo convinse che poteva negoziare con Taubman, ma non con me. “Taubman sembrava essere pensieroso e riflessivo per tutto il tempo. Risen è stato descritto come odioso, polemico e combattivo, parlava continuamente del diritto del pubblico a sapere le notizie”, scrive Hayden. “Taubman comprendeva la serietà della questione, mentre a Risen non gliene fregava un cazzo, francamente.” Hayden scrive che come risultato di quella valutazione, “siamo diventati molto accondiscendenti – con Taubman”.

Mentre Lichtblau ed io abbiamo continuavamo a investigare, ci siamo resi conto che dovevamo capire meglio come funzionavano le reti di telecomunicazioni americane e internazionali. Ho passato una giornata in biblioteca alla Georgetown University, studiando riviste tecniche e lavori accademici nel settore delle telecomunicazioni. Ho chiamato il quartier generale di AT&T, e ho detto al portavoce della società che ero interessato a saperne di più sull’infrastruttura del sistema telefonico, in particolare sui grandi server che portavano il traffico telefonico e internet negli Stati Uniti. Non ho detto al portavoce perché mi stavo interessando a una questione così arcana, se non che era per una storia sul New York Times.

All’inizio, il portavoce è stato molto cordiale e collaborativo, e ha detto che sarebbe stato felice di farmi parlare con alcuni degli esperti tecnici di AT&T, aggiungendo che potrebbe essere in grado di organizzare un tour delle loro strutture. Ma non l’ho mai più sentito. Ho richiamato più volte, ma non ha risposto alle mie chiamate. Alla fine ho capito che qualcuno dell’amministrazione Bush aveva avvertito AT&T di non parlarmi.

(da The Intercept – traduzione di Federico Bezzi)