Morte e resurrezione di Hyon Song Wol: storia di una vecchia bufala

Dopo mesi di tensioni militari e diplomatiche, le oscure nubi della guerra nucleare sulla penisola coreana sembrano finalmente diradarsi grazie alla proposta di inviare una delegazione nordcoreana ai Giochi olimpici invernali di Pyeongchang, lanciata da Kim Jong Un nel suo messaggio per il nuovo anno e corroborata dall’esito favorevole dei colloqui bilaterali tenutisi la scorsa settimana a Panmunjom: il prossimo 9 febbraio le due Coree sfileranno insieme alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi, e accanto a 22 atleti attraverseranno il confine 30 maestri di taekwondo, 150 delegati paralimpici, 230 cheerleader e 140 artisti, fra cui le ragazze della famosa Orchestra Moranbong.

Adesso i riflettori sono puntati proprio su una di queste cantanti, Hyon Song Wol, posta alla guida del primo gruppo inviato in avanscoperta a ispezionare i siti che accoglieranno il resto della delegazione e a controllare lo svolgimento dei preparativi dell’evento. Dopo aver intrattenuto i propri lettori con profezie apocalittiche sugli scenari di guerra in Corea e con le solite notizie truculente sul regime di Pyongyang, ora la stampa internazionale descrive con ammirazione la bellezza e l’eleganza della star che a cavallo dei due secoli incantò il pubblico nordcoreano con la sua voce nei concerti dell’Orchestra di musica leggera Wangjaesan, nei brani del Complesso di musica elettronica Pochonbo e nel celebre singolo della “Ragazza in sella al destriero”, che celebrava l’abnegazione stachanovista di una giovane operaia dell’industria tessile.

Non tutti ricordano però che il nome della graziosa Hyon era balzato agli onori della cronaca straniera già nell’agosto 2013, e in circostanze assai poco amene. Tutto ebbe inizio quando il Chosun Ilbo, noto quotidiano conservatore di Seul, svelò al mondo l’ennesimo crimine del mostro comunista: sotto gli occhi attoniti di colleghi e famigliari, Hyon Song Wol e altri undici artisti erano stati giustiziati a colpi di mitragliatrice con l’accusa di aver violato le rigide leggi contro la pornografia e di esser entrati in possesso di alcune copie della Bibbia.

Malgrado i toni grotteschi, o forse proprio grazie ad essi, la notizia circolò rapidamente, arricchendosi di dettagli piccanti: giacché la cantante era la “ex fidanzata di Kim Jong Un” e anche la first lady Ri Sol Ju era una voce dell’Orchestra Unhasu – o almeno così le descrivevano i media, – sicuramente l’esecuzione era frutto della gelosia dell’attuale consorte del supremo leader! E nel frattempo su Youtube appariva perfino qualche scena del presunto video pornografico che costò la vita alla malcapitata…

Confezionato in questo modo, lo scoop rimbalzò rapidamente fra le testate e le agenzie stampa di tutto il mondo, in Italia fece addirittura il giro dei telegiornali, mentre in rete si sprecavano i messaggi di cordoglio per la vittima e gli insulti al Maresciallo Kim Jong Un, reo di aver calpestato l’incantevole fiore di quel talento.

Commentando a caldo la notizia su Facebook, il presidente della KFA, Alejandro Cao de Benós, fece subito notare la consueta mancanza di fact checking: «Alcuni media hanno diffuso un articolo pubblicato sul giornale sudcoreano sensazionalista e ultraconservatore Chosun Ilbo. In quel quotidiano si diceva che, “a quanto pare”, qualche “anonimo” ha detto che qualcuno in Cina “ha sentito dire” che in Corea del Nord è stata giustiziata un’orchestra. Ciò è completamente falso ma, poiché esistono ancora alcune persone che credono a simili storielle prive di qualunque fonte attendibile, ribadisco che quell’esecuzione non ha avuto luogo e che i musicisti dell’orchestra (come Orchestra Unhasu) si esibiranno il 9 settembre, giorno della fondazione della Repubblica».

Sfortunatamente il concerto che doveva porre fine al cicaleccio giornalistico fu segnato da un imprevisto cambio di programma: allietato dalla musica del Complesso di ballo e canto delle Forze di sicurezza interna, il 1º settembre Kim Jong Un decise che questo gruppo avrebbe sostituito l’Orchestra Unhasu alle fatidiche celebrazioni dell’anniversario della fondazione della RPDC. Cosicché le malelingue videro confermate le proprie supposizioni: Hyon Song Wol non poteva più cantare perché era stata fucilata! Se è ancora viva, allora perché il regime non la fa apparire in TV per rassicurare l’opinione pubblica mondiale?

La gazzarra dei malpensanti proseguì fino al 16 maggio 2014, quando la rediviva cantante parlò a un Convegno nazionale degli artisti. Resurrezione? Miracolo della scienza nordcoreana, che adesso riporta in vita le vittime del regime per mettere in dubbio la credibilità della libera ed imparziale stampa estera? No, semplicemente Hyon si era tenuta lontana dalle scene per occuparsi del figlio (al concerto dell’8 marzo 2012 era visibilmente incinta), lasciando ai commentatori stranieri il tempo di erigere castelli in aria.

E dopo questa clamorosa smentita ben pochi pubblicarono una rettifica e ammisero l’errore, tant’è che la bufala dell’orchestra sterminata continuò a circolare e ancora oggi viene talvolta annoverata fra i “crimini del comunismo nordcoreano”. Durante un tour a Pechino con l’Orchestra Moranbong nel dicembre 2015, poi annullato in seguito ai disaccordi col governo cinese sulla questione nucleare, alle torme di giornalisti che la assillavano condomande in merito a quella vicenda surreale, la bella cantante chiese sorridendo: «Da dove venite?» Ed è proprio così: rispetto alla Corea del Nord i mezzi d’informazione stranieri vengono da un universo comunicativo parallelo, in cui le narrazioni mediatiche si sviluppano in assoluta libertà dal confronto coi fatti.

La storia della bufala sulla morte di Hyon Song Wol merita di essere ricordata perché costituisce l’archetipo di tutte le altre simili panzane venute dopo: si comincia pubblicando una soffiata proveniente da fonti anonime, che quindi nessuno potrà verificare neanche volendo, poi a partire dalla notizia di base si sviluppa una serie di ipotesi accessorie apparentemente logiche e di dettagli che aggiungano un po’ di pepe alla vicenda, creando un corpo narrativo che solletichi i gusti e la curiosità del pubblico, confermando i suoi preconcetti e veicolando un’immagine negativa del paese che finisce per rendere credibile l’affermazione iniziale; così la frittata è fatta, come si suol dire, e se arriva una plateale smentita come in questo caso basta passarla sotto silenzio, tanto ben pochi approfondiranno un simile argomento di nicchia fino ad accorgersi delle falsità che vengono scritte.

Mentre si agita lo spauracchio delle fake news, messe in circolazione da non meglio precisati “agenti russi” per influenzare la vita politica degli altri paesi, e per circoscriverne la diffusione si approntano misure legali dal vago sapore orwelliano, stranamente nessuno solleva il problema dell’attendibilità delle informazioni propinate al pubblico occidentale sulla Corea del Nord – problema innegabile, che si trascina da molti anni e che affligge quasi tutte le notizie concernenti il remoto paese asiatico.

Di Hyon Song Wol sentiremo parlare ancora a lungo: l’anno scorso è stata eletta nel Comitato centrale del Partito del lavoro di Corea e ora svolge un importante ruolo nel dialogo tra le due Coree sia sul piano sostanziale, prendendo parte ai colloqui di Panmunjom e dirigendo l’Orchestra Moranbong, che su quello simbolico, catturando l’attenzione della stampa internazionale e squarciando, almeno per un attimo, il velo di nebbia della propaganda bellica. In fondo la sua avvenenza costituisce pur sempre un dato incontrovertibile, di cui neanche il più fazioso dei giornalisti può tacere. Almeno questo!

(di Francesco Alarico della Scala)