La Turchia lancia l’operazione “Ramo d’Ulivo” nel nord della Siria

Mentre l’autoproclamatosi Califfato dell’Iraq e del Levante è stato schiacciato dalle forze governative siriane e dai cacciabombardieri russi, la guerra in Siria si volge ad ovest diventando più confusa che mai. Se il nordest della Siria è nelle mani salde delle milizie curde supportate dagli Stati Uniti d’America ed il centro-sud è tutto nelle mani delle truppe nazionali, il conflitto si riaccende ad Occidente dove era rimasto in sospeso lo scontro fra l’Esercito Arabo Siriano e l'”Esercito Libero Siriano”, i cosiddetti ribelli “moderati”.

Ma qui le cose non sono così lineare come sembrano e se i “buoni” rimangono le legittime forze siriane del governo democratico, i “cattivi” si moltiplicano a catinelle. Nella regione di Idlib, ora presa d’assalto dalle forze di Assad, i terroristi “moderati” di al-Qaeda hanno dato il via ad uno scontro fra fazioni che insanguina la regione da questa estate. Non solo, milizie dell’ISIS sono rientrate prepotentemente in gioco combattendo contro le SAA governative e i ribelli moderati.

Più a nord se gli scontri fra le forze governative e i curdi sono cessati, è la Turchia ad entrare prepotentemente a gamba tesa dando il via alla fiduciosa operazione militare “Ramo d’Ulivo” (“Olive Branch”). Ma partiamo in ordine. Nella regione di Idlib gli scontri interni alle fazioni di al-Qaeda hanno agevolato la ridisposizione e l’attacco delle forze terrestri della Repubblica Siriana. Gli obiettivi raggiunti non sono indifferenti: se Idlib resta ancora lontana infatti le forze governative sono riuscite a rinchiudere in una sacca le forze dell’ISIS che ancora combattono nella regione, strappando ai ribelli il controllo dell’aeroporto di Abu al-Duhur.

Al-Qaeda mantiene in ogni caso salde le proprie posizioni, forte anche dei moderni missili anticarro di cui è entrata misteriosamente in possesso. Più a nord la Turchia del premier islamista Erdogan mostra il pugno di ferro schierando una formidabile e impressionante forza militare. I turchi erano già presenti nel nord del paese in seguito alle due missioni degli anni precedenti volte a “portare ordine e pace” nei territori siriani, una di queste era la famosa “Euphrate Shield”. Queste missioni, condannate dal legittimo governo siriano, si risolsero nell’occupazione del territorio nazionale, lo scontro e la cacciata delle forze curde (YPG e YPJ) nel territorio e l’appoggio alla fazione “filo-turca” dei “ribelli moderati”.

Le cose non sono mai state chiarissime, ma per farvi capire come questi ragionano, il pilota dell’aereo russo abbattuto qualche anno fa dalla Turchia era stato catturato e massacrato appunto da questi miliziani. L’operazione “Ramo d’Ulivo”, che si prefigge la conquista della cittadina di Afrin e dell’intera zona controllata dai separatisti curdi filostatunitensi dell’YPG, vede schierati 6.400 soldati turchi secondo la stampa di Ankara, con un grande dispiegamento di artiglieria, MBT (carri da combattimento), bombardieri e veicoli di supporto, senza contare le forze democratiche siriane filoturche. Il 20 gennaio alle ore 5 le forze armate di Erdogan si sono messo in marcia dopo un massiccio bombardamento di copertura dell’artiglieria e dell’aeronautica.

Da quattro giorni ormai colonne corazzate turche sono in marcia e nonostante la resistenza delle forze curde, stanno riportando diversi successi. Sicuramente i curdi non hanno né le capacità operative né i mezzi per contrastare un tale dispiegamento di forze, e ancor più certamente verranno abbandonati dai loro alleati americani, che non si schiereranno mai apertamente contro un altro paese dell’Alleanza Atlantica. Dal canto suo è ormai accertato che la Turchia stia seguendo una politica personale in Medio Oriente, tenendo il piede in due scarpe e inseguendo il proprio singolare tornaconto.

(di Marco Franzoni)