L’Ucraina fra l’Unione Europea e l’Unione Eurasiatica. Quo vadis, Kiev?

L’Ucraina fra l’Unione Europea e l’Unione Eurasiatica. Quo vadis, Kiev?

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Ad oltre un anno (1 gennaio 2016) dall’entrata in vigore della parte economica dell’accordo di associazione fra Ucraina ed Unione Europea (link: http://www.consilium.europa.eu/…/agreements-con…/agreement/…), è possibile trarre alcune conclusioni circa i primi risultati della “scelta europea” fatta dall’élite politica di Kiev.

Opportunità perse dalla cooperazione dell’Ucraina con l’Unione Economica Eurasiatica (UEEA)

Il danno economico dell’accordo d’associazione fra Ucraina ed UE e i potenziali vantaggi di cui l’Ucraina avrebbe goduto entrando a far parte della UEEA (al tempo Unione Doganale fra Bielorussia, Kazakistan e Russia e Spazio Economico Unitario, ma per coerenza coi tempi indicheremo tutto come UEEA, istituzione dalla quale sono stati assorbiti) sono stati chiaramente dimostrati (e pronosticati) da un rapporto pubblicato nel 2012 dalla Banca di Sviluppo Eurasiatica (si tratta fondamentalmente di previsioni, ndt).

Vale la pena di far notare che per un’analisi più puntuale delle conseguenze di una potenziale ripresa di qualunque cooperazione economica fra l’Ucraina e l’Unione Economica Eurasiatica ci sarebbe bisogno di maggiori e più aggiornati studi. Purtroppo, né la Banca di Sviluppo Eurasiatica, né la Commissione Economica Eurasiatica hanno alcun mandato per condurre queste ricerche, dal momento che servirebbe una richiesta ufficiale da parte di Kiev. Al momento, date le circostanze politiche, ciò è difficile che avvenga.

In ogni caso, secondo il rapporto, è possibile affermare che, se l’Ucraina fosse diventata parte dell’Unione Economica Eurasiatica nel 2013, la quota della produzione di macchinari nel PIL Ucraino sarebbe aumentata dal 6% al 9%, mentre la quota ricoperta da macchinari ed equipaggiamento nelle esportazioni ucraine verso i paesi membri dell’UEEA avrebbe potuto aumentare del 20%. Nell’ammontare di queste esportazioni, la quota dell’equipaggiamento d’aviazione sarebbe incrementata del 7%. L’export nel settore delle costruzioni navali sarebbe raddoppiato, mentre la quota ricoperta da altri prodotti per costruzione e produzione di macchinari sarebbe aumentata dell’11,8%. In sostanza, nel caso in cui l’Ucraina fosse diventato membro dell’UEEA, secondo le stime della Banca di Sviluppo Eurasiatico il suo PIL sarebbe aumentato del 6-7% entro il 2030 rispetto allo scenario base.

Come spesso notato, dopo i tre membri fondatori – Bielorussia, Kazakistan e Russia – fra tutti i paesi dello spazio post-Sovietico l’Ucraina sarebbe stata ed ancora è il migliore candidato per l’accesso all’Unione Economica Eurasiatica. Infatti, l’Ucraina, seconda solo alla Russia, è il paese più popoloso dell’area, con un impatto demografico di 44,3 milioni di abitanti.

Se Kiev avesse scelto di entrare a far parte dell’UEEA, il paese avrebbe costituito un quarto del totale della popolazione dell’Unione: col suo accesso la popolazione sarebbe aumentata a 223,3 milioni di persone, circa tre quarti di 300 milioni – un livello di popolazione ritenuto da diversi economisti la soglia necessaria per rendere un blocco regionale integrato un attore indipendente e di rilievo dell’economia globale. Per lungo tempo, l’Ucraina è stata la seconda più grande economia dello spazio post-Sovietico, preceduta dalla Russia. Nel 2013 il suo PIL a parità di potere d’acquisto ammontava a 134,9 miliardi di dollari (circa il 5,6% del PIL totale dell’UEEA), con un PIL pro capite (sempre PPP) di 8,200 dollari.

Le difficili condizioni dell’accordo di associazione fra Ucraina ed Unione Europea

Come tutti ben sappiamo, gli sviluppi sono stati differenti: il regime giunto al potere dopo il colpo di Stato di EuroMaidan ha rinforzato una brusca e imperscrutabile scelta politica verso l’integrazione europea, portando a risultati opposti dall’essere benefici. Da un record di 183,3 miliardi di dollari, il prodotto interno lordo dell’Ucraina è calato del 28,1% nel 2014 e ancora del 31,3% nel 2015, a soli 90,6 miliardi di dollari, cioè una cifra comparabile con i livelli del 2005.

Allo stesso modo, il totale delle esportazioni non è solo drasticamente caduto, ma si è anche deteriorato in termini di qualità e diversità. La quota di beni primari, olio e grano è aumentata sia nelle esportazioni e nella struttura economica ucraina. Durante lo stesso periodo, l’esportazione di macchinari è calata del 270%, da 10,3 a 3,8 miliardi di dollari. Nel 2013, i macchinari rappresentavano il 16,3% del totale delle esportazioni Ucraina. Nel 2015, solo l’11,6%. Simultaneamente, i prodotti agricoli sono passati dal 14% al 21%, mentre la quota di oli e grassi dal 5,5% al 10,8%. (link: http://www.vz.ru/economy/2017/2/22/858364.html)

Dei ricercatori dell’Istituto Viennese per gli Studi Economici Internazionali (WIIW) hanno reso noto, in un recente studio, che l’implementazione dei regolamenti europei e di altri requisiti caratteristici di un accordo di associazione imporrebbero degli sforzi finanziari significativi, sia in costi diretti in termini di budget statale, sia in perdite indirette per le imprese ucraine e l’economia nel suo insieme. Ad esempio, Kiev è obbligata ad adottare oltre 300 atti legali europei, principalmente nei campi di agricoltura, standard tecnici, diritto del lavoro e servizi finanziari.

I costi d’investimento che saranno richiesti alle imprese per essere in linea con gli standard tecnici e le misure fitosanitarie dell’Unione Europea sono notevoli. I costi più alti verranno associati con l’approssimazione di regolazioni tecniche e standard, requisiti per la conformità degli accertamenti e delle etichette, regolazioni fitosanitarie e salute degli animali.

La transizione sarà particolarmente dura per piccole e medie imprese, che dominano le economie delle economie dell’Europa Orientale post-Sovietica: queste, con tutta probabilità, andranno incontro ad una perdita delle proprie quote di mercato e ad una riduzione dei profitti. Giusto per citare una fonte, secondo il Global Competitiveness Report del World Economic Forum per il 2016-2017, l’Ucraina si trova all’85esimo posto su 138 paesi in termini di competitività, e la sua posizione è andata peggiorando durante gli ultimi anni.

Il flusso in uscita di una larga fetta di forza lavoro ucraina verso l’Europa Occidentale, così come trasformazioni infrastrutturali (quali la deindustralizzazione) che sono previsti in connessone all’accordio di associazione, avranno anche effetti negativi sul mercato del lavoro del paese. Ad esempio, in Romania, diventato membro associato dell’Unione Europea nel ’95 e a pieno titolo nel 2007, la disoccupazione è aumentata oltre il 20% fra il 2000 e il 2015 (si parla di oltre 2 milioni di persone), specialmente nel settore dell’agricoltura.

Il settore agro-industriale è sempre stata di notevole importanza in Ucraina, sia economicamente che culturalmente. In questo caso, le restrizioni all’export verso il mercato europeo, tradizionalmente protezionista verso l’esterno, hanno dimostrato di essere particolarmente gravose, oltre agli alti standard di sicurezza e le quote che proteggono alcune categorie di prodotti. Si possono osservare due estremi: o le quote non venivano sfruttate a causa dell’incapacità di rispettare gli standard europei sul cibo e la mancanza di esperienza nell’operare nel mercato europeo, oppure, in alternativa, le quote annuali per i prodotti che raggiungevano gli standard di sicurezza venivano generalmente esaurite nei primi 2-3 mesi dell’anno. Questo è stato così per miele, grano, derivati del pomodoro, succo d’uva e zucchero.

La “scelta europea” di Kiev ha avuto conseguenze disastrose per l’ucraino medio: il PIL pro capite è caduto dai 3969 dollari del 2013 ai 2052 della fine del 2016 (circa il 50%, ndt), che può essere comparato a paesi in via di sviluppo quali la Repubblica del Congo, Gibuti e il Laos.

Principi per una futura cooperazione fra l’Ucraina e l’Unione Eurasiatica
Sostanzialmente, invece di divenire uno dei maggiori centri manifatturieri dell’Unione Eurasiatica, e, di conseguenza, un centro di raccolta industriale e logistico per un più ampio spazio da Lisbona a Vladivostok, l’Ucraina, nel suo entusiasmo Transatlantico, è praticamente diventata un paese del Terzo Mondo, specializzandosi nell’esportazione di beni agricoli di primo consumo.
In ogni caso, che cosa si può fare? Bisogna muoversi basandosi sulle condizioni odierne e guardare al futuro più papabile. Quale può essere la configurazione dell’Ucraina nella possibile architettura della Grande Eurasia? Su quali principi può essere basata la collaborazione fra Kiev e l’UEEA?

Prima di tutto, un dialogo per una potenziale cooperazione economica e commerciale fra l’Ucraina e l’UEEA potrebbe essere condotto sia parallelamente che in maniera dipendente all’implementazione sistematica degli accordi di Minsk-2. Secondo, una potenziale cooperazione dell’Ucraina con l’Unione Economica Eurasiatica e una successiva partecipazione alla possibile creazione di un comune spazio economico da Lisbona a Vladivostok dovrebbe avvenire esclusivamente su iniziativa volontaria del popolo ucraino.
Certamente va notato che non è stata Mosca, ma Bruxelles, ad escludere, nel 2013, qualunque possibilità di combinare il “cammino europeo” dell’Ucraina con una potenziale cooperazione economica fra Kiev e l’Unione Eurasiatica. È stata Bruxelles a dichiarare he la partecipazione all’area di libero scambio dell’Unione Europea avrebbe escluso qualunque cooperazione con l’UEEA e che Kiev avrebbe dovuto adottare una decisione finale di “aut – aut”. D’altra parte, la Russia e la Commissione Economica Eurasiatica hanno ripetutamente dichiarato di essere aperti all’idea di un comune spazio economico da Lisbona a Vladivostok, e che sarebbe stato possibile conciliare la “scelta europea” dell’Ucraina con il processo d’integrazione eurasiatica.

L’intero problema sta nel fatto che l’istituzione di un’area di libero scambio fra l’Ucraina e l’Unione Europea potrebbe portare ad una redistribuzione dei beni provenienti dall’UE nell’UEEA attraverso l’accordo di libero scambio della Comunità degli Stati Indipendenti (di cui sia i membri dell’UEEA sia l’Ucraina fanno parte, ndt) senza alcun tipo di regolamentazione. Di conseguenza, l’aumento dei dazi doganali da parte russa verso l’Ucraina dal 1 gennaio 2016 fu una reazione forzata in quanto unico modo per proteggere i produttori russi, e non una punizione nei confronti di Kiev.

È tecnicamente possibile collegare le zone di libero scambio dell’Unione Europea e della Comunità degli Stati Indipendenti implementando l’istituzione della “regola d’origine”. Questo preverrebbe la ri-esportazione dei beni europei “mascherati” come beni ucraini. La pratica delle “regole d’origine” funziona con successo in zone di libero scambio di tutto il mondo.

Tuttavia, prima di tutto questo avrebbe richiesto delle negoziazioni e la creazione di un gruppo di lavoro tripartito (UE – Ucraina – UEEA) per determinare collegialmente queste regole d’origine e altri dettagli di coniugazione. Nel futuro prossimo sembra possibile che un simile formato possa essere applicato per la creazione di una zona di libero scambio fra l’UEEA e la Serbia, un paese che ha firmato l’accordo di stabilizzazione e associazione con l’Unione Europea nel 2008. (link: http://www.consilium.europa.eu/…/agreements-con…/agreement/…)

Il terzo punto da tenere in considerazione è la debole situazione economica dell’Ucraina post-Maidan. A questo proposito, è necessario considerare con serietà le condizioni di una potenziale cooperazione ucraina con l’Unione Eurasiatica, o persino un suo accesso.

Quarto, va inoltre enfatizzato che la cooperazione ucraina con l’UEEA riguarderebbe esclusivamente la sfera economica. L’Unione Economica Eurasiatica non implica alcune interazioni politiche, militari o ideologiche. Qualunque potenziale cooperazione economica fra Kiev e i suoi partner orientali non diverge minimamente dalle sue scelte in politica estera.
Possibile soluzione: un comune spazio economico fra UE e UEEA

Nel breve periodo, è difficile che l’Ucraina si ritiri dal suo accordo di associazione con l’Unione Europea. Per di più, è ancora più improbabile che Kiev entri a far parte dell’Unione Eurasiatica. A questo proposito, una soluzione all’impasse odierna può essere la creazione di un comune spazio economico tra l’UE e l’UEEA con l’Ucraina al suo centro.

In base ad un report recentemente pubblicato dall’Istituto per la Ricerca Economica IFO, con sede a Monaco di Baviera, l’economia ucraina beneficerebbe dalla creazione di questo comune spazio economico (nel loro scenario, una comune zona di libero scambio) fra l’Unione Europea e la Comunità degli Stati Indipendenti.

In questo caso, paragonato allo scenario di partenza, i guadagni netti in termini di commercio al dettaglio aumenterebbero del 3% (nel 2016 questo settore rappresentava poco meno di un quarto del PIL ucraino, circa il 13%), dell’8% in produzione d’elettricità (il 17%) e del 33% nell’industria metallurgica (2,5%). Contemporaneamente, l’inflazione diminuirebbe dell’1,2% e il PIL aumenterebbe del 4,7%. Il benessere netto medio di ciascun ucraino aumenterebbe di circa € 90. Il paese diverrebbe inoltre più integrato nei flussi commerciali internazionali.

Conclusioni
Il regime ucraino post-Maidan ha spregiudicatamente promosso la sua politica per l’integrazione europea. Questa agenda sta portando il paese verso una sempre più stretta impasse economica. I probabili benefici di un accesso all’Unione Economica Eurasiatica sono stati persi. A questo punto, l’opzione è diventata ancora meno probabile, sia per la decisione politica di Kiev che per le condizioni dell’accordo di associazione con l’UE. Allo stesso tempo, l’idea di creare un comune spazio economico da Lisbona a Vladivostok (all’interno di una più grande idea di partnership nella Grande Eurasia) può diventare realtà nell’arco dei prossimi dieci anni.

Questo, inoltre, potrebbe accadere indipendentemente dalla volontà di Kiev: non tanto per la Russia, ma per interessi affaristici di Germania e Francia. Quale ruolo giocherà l’economia ucraina in questa nuova architettura grande-eurasiatica? Questa è la vera domanda a cui Kiev dovrà dare una risposta.

Fonti
– Comprehensive assessment of the macroeconomic effect of various forms of deep economic cooperation between Ukraine and the countries of the Customs Union and the Common Economic Space within the framework of the Eurasian Economic Community. – Mosca: CSI EDB. 2012 – 168 pp.
– Kofner Yu.Yu. EAEU in the global economy and directions of integration in Greater Eurasia / Eurasian economic integration: the potential and resources of development: a collection of theses of the competitive works of the participants of the IV International competition for the best scientific work among young scientists / ed. Dr. econ. Sciences, prof. I.A. Maksimtseva. – San Pietroburgo.: Publishing house of SPbSEU, 2017. – 86 – 88 pp.
– Adarov A .; Havlik P. Benefits and Costs of DCFTA: Evaluation of the Impact on Georgia, Moldova and Ukraine. Vienna .: Joint Working paper. Vienna Institute for International Economic Studies (wiiw); Bertelsmann Stiftung. December 2016. – 120 pp.
– Freihandel von Lissabon bis Wladiwostok: Wem nutzt, wem schadet ein eurasisches Handelsabkommen? – Monaco di Baviera. Ifo-Institut. Maerz 2016. – 124 pp.

(di Yuri Kofner, dall’anayltical media “Eurasian studies”. Traduzione di Elia Bescotti)

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