Società del mercato: dove l'uomo diventa un'azienda

Società del mercato: dove l’uomo diventa un’azienda

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Siamo in una società di puttane e gigolò. Non è cosa raffinata da scrivere, ma la franchezza in alcune circostanze agisce a detrimento dell’eleganza.

Per quale motivo? Ebbene, ve ne sono molteplici; si tratta anzitutto di un cambiamento antropologico, una mutazione secondo paradigmi neoliberisti del carattere di ognuno. Nessuno può dirsene escluso.

È il comune imbarbarimento a cui piega la società del mercato, impegnata a rendere ogni soggetto competitivo e flessibile: il famoso homo homini lupus – quello hobbesiano – ma ora in salsa imprenditoriale.

L’individuo deve fare di sé stesso un’impresa e come tale trattarsi. Sempre aperto all’innovazione! Questo è l’imperativo categorico. Esso fa sì che ognuno si tenga pronto a rinnovare il proprio esoscheletro, non per il cambio di stagione ma per la nuova domanda posta dal mercato.
L’adattamento continuo non è negoziabile. Si tratta di un ordine perentorio, un diktat. Non ci sono norme etiche che possano far fronte a tale fenomeno, poiché l’etica è diventata una formulazione totalmente esterna al soggetto, ossia una sovra-determinazione del mercato.

Il modello per ogni individuo – il dio Moloch che rende lecita ogni perversione – è appunto il mercato, verso cui ci si dimostra zelanti se pur in modalità differenti. Ognuno è in corsa continua affinché la propria capacità performante e competitiva proceda verso un perfezionamento progressivo. Così come l’aggiornamento dello smartphone, anche il soggetto non deve mai cessare di aggiornarsi, di attuare il proprio self empowerment. L’elogio del self made man, dell’individuo autocostituito, è una prassi nota.

Anche l’esposizione sui social network (i vari Facebook, Instagram e simili) corrisponde al desiderio di rendere la nostra identità una forma di consumo attraverso la condivisione incessante di foto che ci ritraggono o, più banalmente, danno notizie intorno alla nostra quotidianità, Non si sa mai, magari un giorno se ne trarrà guadagno! Nel frattempo ci si occupa dei ‘mi piace’, dei cuoricini e balle varie, il cui cospicuo numero è indice di notorietà: acclamatio populi.

Con una velocissima pennellata, questo è il piccolo mondo d’oggi. Come meretrici in attesa di una clientela numerosa e ben disposta a filarsele, così siamo noi: facciamo di noi stessi un luogo di mercato. Siamo la società delle gambe aperte e ben esposte.

 (di Enrico Ildebrando Nadai)
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