Debito pubblico, moneta e sovranità: convegno a Roma

Il convegno di fine novembre “Debito Pubblico, Moneta e Sovranità”, tenutosi a Roma nelle aule del Senato, ha riportato alla luce il problema della sovranità economica e monetaria.  L’incontro si è basato sul saggio di Davide Storelli “Alchemy – Moneta, valore, rapporto tra le parti”. Un’interessante chiave di lettura interdisciplinare sulle questioni della moneta, sulle sue originarie proprietà “convenzionali” ma “alterate”, successivamente, da quella che è l’attuale “moneta a debito”.

Il primo a prendere la parola è stato il prof. Valerio Malvezzi, economista e docente all’Università di Pavia. Il suo intervento è stato centrato sui rapporti tra moneta, etica e società. A riguardo, il prof. Malvezzi riporta della cattiva interpretazione del pensiero Adam Smith, ritenuto  assertore del mercato sganciato da ogni principio. Per Adam Smith, in realtà, l’economia e l’etica dovevano tenersi insieme in modo equilibrato. Diversamente, si è portati a considerare l’umanità come “Human Resource”. Un concetto che rimanda “molto” a film del calibro di Matrix.

L’alternativa per Malvezzi è quella tra un’economia lasciata a sé stessa e, viceversa, un controllo della politica sull’economia. Per l’economista è, inoltre, indifferente che la moneta sia basata su oro o su carta, come la banconota, in quanto la moneta altro non è che un simbolo, una “convenzione”. Il problema fondamentale è, dunque, che oggi abbiamo una moneta senza Stato e dunque un sistema senza sovranità monetaria. Per Malvezzi, infine, intorno alla moneta c’è stata una perdita di visione morale, religiosa, e metafisica e la rinascita, dunque, può venire solo dal recupero di questi principii.

Il secondo intervento è stato di Roberto Siconolfi, sociologo di Caserta. Egli ha trattato de “il declino della Morale e del Diritto Romano”. Per Siconolfi, il Diritto Romano era basato sul “diritto naturale”, poiché la legge rispecchiava ciò che interiormente era percepito come “giusto”. Quest’approccio sfocia nel campo della morale, di competenza delle autorità religiose, almeno fin quando il processo di secolarizzazione non le abbia relegate solo al campo religioso.

Un importante punto di rottura in Europa, spiega sempre Siconolfi, avviene quando la Chiesa d’Inghilterra rifiuta l’autorità del Papa e mette il Re a suo capo. A quel punto, per limitare i poteri della Chiesa, viene emanato il Bill of Rights, la costituzione del 1689. Da qui in poi, sarà la norma giuridica a divenire precetto morale e non più viceversa. Quindi la costituzione sarà quel contenitore al quale bisognerà adeguarsi al di là della giustezza del suo contenuto.

Pochi anni dopo, nel 1694, fu fondata la Banca d’Inghilterra che emette titoli di debito (monete messe in circolazione mai viste prima). Si concepisce un sistema per sua essenza “inarrestabile”, dove il debito è fatto per non essere pagato. Dunque, un vero e proprio “controsenso logico, giuridico e morale”, un “contratto che nasce per non essere rispettato”. Infine, per la prima volta nella storia si istituzionalizza il mancato rispetto delle regole e, per la prima volta (e da allora sino ai giorni nostri), la moneta viene concettualmente legata al debito.

L’intervento successivo è stato di Nino Ponzo, anch’egli sociologo, che ha relazionato sulle conseguenze di ordine sociale del debito pubblico. l dottor Ponzo ha proiettato una serie di slide riguardo il rapporto debito/PIL sempre in continua crescita. Nonostante dal 1992 al 2016 (salvo il 2009), il surplus sia sempre positivo. Nel 2017 il debito aumenta fino a 2.300 miliardi, mentre dal 1980 al 2014 vengono pagati 3.447 miliardi di interessi (1 volta e ½ il debito). A questo punto Ponzo si chiede: tutti questi soldi dove vanno a finire?

Inoltre, visto che il piano triennale di austerità prevede tagli di spesa per via della spending rewiew in diversi campi (politiche del lavoro, ordine pubblico, sicurezza, soccorso civile, tutela e valorizzazione di beni e delle attività culturali), Ponzo si chiede se non sia a rischio il “patto sociale”.

Sempre il sociologo, continua presentando altri dati preoccupanti: il calo del potere d’acquisto che dal 1999 al 2015 scende del 35%; la perdita di 14 miliardi l’anno per fuga di cervelli; i poveri che dal 2008 al 2014 perdono il 24% del reddito; 12, 2 milioni di persone, che nel 2016 rinviano o rinunciano a prestazioni sanitarie (+ 1,2 rispetto all’anno precedente).

Il quarto intervento è stato di Davide Storelli, avvocato ed esperto di moneta complementare. Il tema da lui sviscerato verteva su debito pubblico, sovranità monetaria e moneta di Stato vs moneta complementare. Storelli esordisce parafrasando Keynes sull’importanza del “disimparare” prospettive vecchie, un messaggio che dovrebbe essere ascoltato soprattutto dagli economisti.

Altro punto fondamentale è il “pensiero unico” che si forgia della narrativa errata dei media, e che è imposto a tutela di interessi ben definiti. Storelli, quindi, afferma che la principale forma di sovranità è quella monetaria e che in assenza di questa non c’è sovranità statale. Sempre nella narrazione imperante, poi, si dice che lo Stato italiano nel rivolgersi a Banca d’Italia e BCE abbia scelto di rivolgersi ad enti di diritto pubblico. In realtà si constata che questi enti fanno capo allo stato solo per il 5% delle quote, attraverso INPS ed INAIL. Il restante 95% è in mano a banche ed assicurazioni.

Storelli chiude mostrando al pubblico la vecchia banconota di 500 lire con dicitura “Repubblica Italiana”, stampata al solo costo tipografico e senza indebitamento. Questo dimostra che “è possibile concepire un’altra modalità di moneta”. Infine, presenta la sua piattaforma di moneta complementare, la piattaforma Pecuswap. In merito, riferisce che “gli spazi di autonomia possono pervenire non a livello nazionale ma locale, con monete complementari che affianchino l’Euro e che possano ancorare la ricchezza al territorio”.

Ultimo ad intervenire è stato Marco Ertman, economista. Egli esordisce affermando che “quando non c’è uno scambio equo tra tasse e servizi erogati il patto sociale non è garantito”. Ertman, prosegue descrivendo la incapacità nel “misurare” la ricchezza oltre che nel farla crescere. Infatti il PIL viene misurato su due parametri non esaustivi e fuorvianti: la produzione privata e la spesa pubblica. La parte più rilevante del PIL è, nella produzione privata, legata ad evasione e illeciti.

L’economista continua discorrendo sull’ingresso dell’Euro, con prezzi che crescono del 40, 60 e in alcuni casi dell’80%. Nonostante ciò, per l’ISTAT, l’inflazione era sempre al 2,1%, quando invece sarebbe dovuta salire almeno a doppia cifra. Da qui si evince che è stata costruita una verità formale con parametri irrisori. Inoltre, per Ertman, la proposta fatta da molti di far sparire la banconota ghettizzerebbe i soggetti deboli – es. mendicanti e anziani – poiché hanno poca dimestichezza con carte di credito.  Chiude infine sul fatto che con questo sistema ogni pagamento sarebbe rintracciabile, poiché il fisco controlla ben 128 banche dati. Quindi avremmo uno Stato estremamente pervasivo. Un dato che, aggiungendosi alla tassazione altissima, ci può far considerare in tutto e per tutto in “schiavitù”.

Alla fine del convegno, il Senatore Bartolomeo Pepe, saluta il pubblico e i relatori e presenta la questione della disinformazione mediatica parlando del suo viaggio diplomatico in Corea del Nord, paese tutt’altro che ostile e tirannico. Sempre per Pepe, la questione della moneta è un “tassello” all’interno di una gigantesca macchina oppressiva che è il totalitarismo contemporaneo. A questo si può reagire solo con un grande scatto di consapevolezza popolare.

(di Roberto Siconolfi)