Tengri, il dio del cielo blu venerato dai guerrieri delle steppe

«Non sono diventato Khan grazie al mio coraggio e alla mia forza. Sono diventato Khan grazie all’amore del nostro potente padre Tengri.» Gengis Khan

Quando l’orda mongola di Gengis Khan si abbatté sugli ignari popoli dell’Asia e dell’Europa orientale, al suo interno si potevano già trovare guerrieri che seguivano le più disparate religioni e credenze. Molti comandanti, ad esempio, erano di fede buddhista o addirittura cristiani nestoriani. L’Islam stava già iniziando a diffondersi fra i sudditi del condottiero mongolo, e lo stesso Gengis Khan sembra avesse una spiccata simpatia per il Taoismo cinese. Molti cronisti del XIII secolo sottolineano infatti come, nei territori governati dai mongoli, fosse quasi sempre presente una politica di spiccata tolleranza religiosa. Molti guerrieri del grande Khan erano tuttavia ancora saldamente legati all’antica religione sciamanica delle steppe asiatiche: il Tengrismo.

Gli antichi cavalieri delle steppe euroasiatiche adoravano infatti Tengri, dio del cielo blu e signore supremo del mondo. Era lui a governare la Terra, preservandone l’equilibrio e l’armonia. Il suo compito era anche quello di vigilare sulle azioni degli uomini, giudicandole nel bene o nel male; «se compi un’azione malvagia Tengri si arrabbierà con te» recitava per l’appunto un detto mongolo. Gli esseri umani non potevano tuttavia sperare di comprendere le volontà del dio: esse sono imperscrutabili, e possono innalzare un uomo tanto quanto distruggerlo. Tengri è anche colui che governa le leggi della natura, e ogni cosa che accade nel mondo è in qualche modo subordinata a lui.

Per fare ciò il dio del cielo blu si serve degli spiriti della natura a lui sottomessi e delle anime dei defunti. Esse agiscono sulla Terra per volere di Tengri; un uomo particolarmente meritevole – o una tribù fortemente devota – può sperare di entrare in contatto con queste entità e guadagnarsi il loro favore. Lo stesso Gengis Khan era convinto che fosse solamente merito di Tengri e dei suoi spiriti se aveva guidato il popolo mongolo alla conquista del mondo. Proprio per questo, il Tengrismo ha una fortissima componente sciamanica; gli sciamani – chiamati böö – rivestivano un ruolo fondamentale all’interno dei clan delle steppe. I böö mongoli erano il tramite fra gli uomini e Tengri, interpretavano il volere del dio del cielo e stavano in contatto con i suoi spiriti.

A causa di questa forte centralità del dio Tengri, non sono mancati gli studiosi che hanno paragonato il Tengrismo alle religioni monoteiste; questo pur tenendo presente la forte componente sciamanica e animista del primo. Tuttavia il dio del cielo non è la sola divinità presente nell’antico culto delle steppe. Clan e tribù diverse veneravano anche altre entità soprannaturali, e sono infine numerose le deità locali venerate in un luogo e sconosciute in un altro. Ad esempio, Umay era la Dea Madre della Terra e della fertilità, in molti casi adorata in egual misura rispetto a Tengri. Altre divinità di cui sappiamo il nome erano Kayra, figlio di Tengri e marito di Umay, il signore della morte Erlik e il dio del sole Koyash. Il Tengrismo credeva inoltre nell’anima dell’uomo, chiamata simbolicamente Cavallo del Vento. Quello stesso cavallo che è tutt’oggi presente sull’Emblema di Stato della Mongolia.

Il Tengrismo è inoltre spesso entrato in contatto sia con le filosofie orientali che con i monoteismi dell’Europa e del Medio Oriente. Per gli antichi mongoli non esisteva infatti un’unica e vera religione, e il dio Tengri – pur restando il più importante – poteva essere venerato assieme al Buddha, o al Dio giudaico. La tolleranza religiosa dei conquistatori mongoli può essere quindi anche una diretta conseguenza della loro particolare visione spirituale. Nei regni creati dai successori di Gengis Khan, il Buddhismo sarà per diversi decenni la religione delle élite. Si trattava però di un Buddhismo fortemente contaminato dal Tengrismo, con una decisa componente sciamanica e animista. La stessa leggenda del Prete Gianni sembra trarre origine dalla figura di un khan mongolo di fede cristiana, o seguace di un Tengrismo influenzato dal Cristianesimo. Questo interessante sincretismo andrà tuttavia scomparendo con la progressiva diffusione dell’Islam fra i mongoli. Nel XIV secolo quasi tutti i discendenti di Gengis Khan – dalla Persia alla Russia – hanno ormai abbandonato Tengri per il più moderno Allah.

Non erano solamente i mongoli ad adorare il dio del cielo blu. Tengri era infatti pregato da quasi tutti i popoli di lingua altaica, in un immenso areale che andava dalla Siberia all’Europa orientale. Suoi seguaci erano gli uiguri, i kazaki, i cazari, i cumani e i bulgari del Volga. Il khanato degli avari – che per lungo tempo si oppose all’impero di Carlo Magno – aveva nel Tengrismo una delle sue religioni principali. Anche gli antenati dei moderni ungheresi – i magiari che dalle steppe dell’est si riversarono in Europa – erano inizialmente devoti al dio Tengri. Le cose cambiarono solamente nell’anno 1000, quando il primo re d’Ungheria Stefano decise di convertirsi al Cristianesimo.

Seguaci di Tengri erano anche i turchi prima della loro conversione all’Islam. Come i mongoli infatti, anche i turchi provenivano dalle lontane steppe dell’est, laddove il Tengrismo era nato e si era diffuso. Questa antica eredità pagana ha lasciato diverse tracce nella moderna e islamica Turchia; basti pensare che da Tengri deriva il termine tanri, che nella lingua turca è usato per indicare una divinità generica diversa da Allah. Abbastanza diffuso in Turchia è anche il nome femminile Umay, che come abbiamo visto identificava l’antica Dea Madre.

Il Tengrismo oggi è rimasto presente solo nella cultura e nella tradizione di alcuni popoli nomadi dell’Asia centro-orientale. Si è assistito tuttavia negli ultimi anni a una sorta di revival – in maniera simile a quanto successo col neo-paganesimo slavo o germanico – legato a una riscoperta dell’identità turca e mongolica. Il Tengrismo ha svolto anche un ruolo fondamentale nel nazionalismo turco in Asia centrale. E non è tutto; il dio del cielo blu ha infatti lasciato tracce di sé un po’ ovunque nelle terre che anticamente governava. Nella catena montuosa del Tien Shan – fra Cina, Kirghizistan e Kazakistan – si trova il picco Khan Tengri, che con i suoi 6995 metri di altezza sembra davvero collegare la terra al cielo. In Mongolia, da Tengri hanno preso il proprio nome rispettivamente una montagna – Otgontenger – e una parte del Deserto dei Gobi. Anche la Bulgaria aveva un monte dedicato a Tengri: si chiamava Tengra, ma fu in seguito ribattezzato Musala sotto la dominazione ottomana. Il cielo blu tanto caro al dio delle steppe è infine stato scelto dal Kazakistan come sua bandiera nazionale.

(di Andrea Tabacchini)