La vittoria russo-siriana e il silenzio atlantista

Incontrandosi a Damasco il 7 novembre con Ali Akbar Velayati, il Presidente Bashar al-Assad ha affermato che l’esercito siriano ed i suoi alleati stanno ottenendo un successo decisivo non solo sui terroristi, ma anche sulle forze internazionali che li stanno utilizzando per dividere il paese: «Le vittorie ottenute sui terroristi ad Aleppo e Deir el-Zor hanno avuto un effetto devastante, destinandoli al fallimento, sui piani degli stati che stanno sostenendo le bande armate attivate in Siria».

Le parole di Assad non riflettono una tensione al consenso mediatico presso il pubblico siriano ed internazionale. Sono piuttosto una semplice constatazione di fatto e si ricollegano perfettamente a quanto detto anche dai quadri di potere russi. Il 16 ottobre ha avuto infatti luogo un evento a cui i mezzi di informazione di massa occidentali hanno dato una copertura minima, nonostante il suo grande valore nell’attuale congiuntura geopolitica: il Ministro della Difesa russo, Shojgu, dopo essere stato invitato in Israele dal suo analogo israeliano Avigdor Lieberman per concordare una strategia comune nella lotta al Terrore, ha confessato che il conflitto siriano si sta avvicinando alla sua fine.

In altri termini, uno Stato come Israele, cliente privilegiato degli USA in Medio Oriente, non nasconde più la sua intenzione di collaborare con i maggiori nemici geopolitici dell’impero atlantista, di cui riconosce implicitamente l’eclatante fallimento in Siria. Uno schiaffo morale naturalmente ben celato dai mezzi d’informazione sotto il controllo di tale impero, ma perfettamente sentito nei palazzi di potere a Londra e Washington.

Il silenzio dei media mainstream soggetti al controllo del blocco atlantista è abbastanza chiaro: finché si fa in tempo, Israele vuole passare sul carro del vincitore. Poiché l’atroce orrore siriano, creato dai mercenari finanziati dagli anglo-statunitensi e dalle petromonarchie, si sta risolvendo con la vittoria del governo del Presidente Assad e dei suoi alleati, vittoria che si concluderà con la quasi inevitabile ritirata delle forze atlantiste, come si è trovato costretto a constatare anche l’ex ambasciatore USA in Siria (2010-2014) Robert Stephen Ford, che alla fine di ottobre ha riconosciuto che le forze statunitensi farebbero bene a lasciare la Siria, dato che la vittoria del Presidente Assad ormai è quasi certa.

Il giudizio del signor Ford, uno dei più attivi burocrati oltreoceanici nel sostenere i gruppi mercenari che hanno devastato la Siria dal 2011, non è certo dettato da sentimenti pro-Assad. Esso è dettato dall’ormai innegabile, evidente sconfitta statunitense. Un esito impensabile all’inizio di questo inferno durato sei anni.

Le operazioni delle forze russo-siriane a Deir el-Zor, seguite immediatamente all’incontro tra Shojgu e Lieberman, testimoniano del resto la validità delle parole del ministro russo, di cui il discorso tenuto ieri da Assad è il coronamento: il 15 ottobre è stato terminato il guado dei gruppi governativi da Deir el-Zor alla città di Hatla Tahtani, che ha permesso la riconquista di Huseinja e Salhija, indispensabili per l’accerchiamento definitivo, il 17 ottobre, dei terroristi dell’ISIS nel settore in questione. Ricordiamo che la neutralizzazione del pluriennale assedio di Deir el-Zor si è conclusa il 10 settembre con l’ingresso in città delle forze governative e la loro ricongiunzione con i gruppi dell’ormai leggendario martire della resistenza siriana, Issam Zahreddine.

La vanificazione a Deir el-Zor della minaccia delle forze sostenute dall’occidente atlantista e l’offensiva rivolta ad annientarne le ultime sacche sono di un’importanza paragonabile solo alla riconquista di Aleppo. La regione di Deir el-Zor era infatti, ad esclusione di Raqqa, l’ultimo bastione effettivo dove erano asserragliati i terroristi. A Deir el-Zor si trova inoltre la maggior parte dei giacimenti petroliferi siriani. In altri termini, con la restituzione completa di questa città al legittimo governo siriano si vanifica il reale scopo dell’orrore creato dal regime atlantista e dalle petromonarchie: il Qatar-Turkey Pipeline.

Gli anglo-statunitensi si sono vendicati a Raqqa, vale a dire l’ultimo bastione dei terroristi sotto il loro controllo e destinato (sfortunatamente) alla loro «difesa». Il comportamento degli anglo-statunitensi nella risoluzione del problema di Raqqa? Prima della vittoria definitiva russo-siriana a Deir el-Zor, ma in sua previsione, la «coalizione» ha favorito l’uscita da Raqqa dei mercenari dell’ISIS.

Secondo le parole del membro del consiglio cittadino Omar Allush, nella fuga «umanitaria» sono stati portati via con la forza 400 civili. Il tutto pudicamente taciuto dai mezzi di stampa soggetti al blocco atlantista. Dopo la definitiva vittoria delle forze di Assad a Deir el-Zor, gli atlantisti hanno infine pensato bene di radere al suolo Raqqa. Naturalmente, una Raqqa del tutto priva dei mercenari stipendiati da coloro che l’hanno bombardata. Il bombardamento è stato deciso per dare alla stampa prezzolata materiale che confermi che il blocco atlantista in Siria è ancora forte, efficiente e vittorioso. E per lasciare vigliaccamente un «ricordo» alla parte realmente vittoriosa.

Il bombardamento di Raqqa è un crimine contro l’umanità: città distrutta e migliaia di civili innocenti uccisi. Non solo la stampa di massa occidentale, ma nemmeno i burocrati dei paesi vassalli degli USA sembrano aver notato questo fatto.

Nel mondo libero dal controllo statunitense, ne ha però parlato a livello ufficiale Igor’ Konashenkov, portavoce del Ministero della Difesa russo, che ha chiamato Raqqa una «Dresda siriana». Migliaia di civili uccisi solo per copertura mediatica a favore del potere anglo-statunitense. Konashenkov ritiene che la proposta di Washington, Parigi e Berlino di stanziare dei fondi per la ricostruzione della città implichi in realtà il tentativo di eliminare il prima possibile le prove dell’inumano bombardamento.

Che aggiungere? Le fasi conclusive del conflitto siriano sono una prova non solo della debolezza dell’impero atlantista e del grande successo ottenuto in Siria dalle forze fedeli al Presidente Assad, ma anche dell’ormai caricaturale livello di incompetenza, venalità, falsità dei mezzi di informazione e delle istituzioni ufficiali occidentali sotto controllo statunitense.

Ad esempio, proprio ieri la signora Mogherini ha nuovamente parlato della possibilità di introdurre ulteriori sanzioni contro la Siria per l’utilizzo da parte del «regime» siriano di armi chimiche. Roba da metterle in sottofondo la sigla del The Benny Hill Show. Se non si stesse parlando di una delle peggiori tragedie della nostra contemporaneità.

Questi criminali, esponenti non votati di uno degli pseudo-stati più scellerati della storia moderna, concepito esclusivamente come appendice dell’impero atlantista, farneticano ancora di sanzioni, senza capire (a differenza di Israele, che pure è stata, sino alla fine, sempre allineata con Turchia, USA-UK-EU ed Arabia Saudita contro la Siria) il colossale significato geopolitico della vittoria del Presidente Assad in Siria e senza un minimo rispetto per l’immensa disgrazia del popolo siriano.

Con questo l’EU dimostra di essere un regime arteriosclerotico in fase terminale, in grado ormai solo di pronunciare in maniera pastosa «sanzioni». Nel volto saccente e, soprattutto, nelle seriose idiozie della signora Mogherini vediamo la sublimazione della fine di un intero continente a causa di un impero, quello atlantista, criminale e parassita.

Sebbene ancora un anno fa, durante un incontro a Pietroburgo nell’ambito dell’ONF, il Presidente russo Putin avesse avvertito l’Occidente che non sarebbe stato possibile mettere a tacere mediaticamente i successi russi nella risoluzione del conflitto siriano, al momento attuale Mosca non sembra più interessata a sensibilizzare la comunità internazionale sui silenzi dei media e dei palazzi di potere occidentali: poiché la vittoria del Presidente Assad è già una dimostrazione perfetta del loro apparato di menzogne.

Esemplari sono a tal riguardo le recenti parole di Peskov: «La Russia ora si trova in una guerra mediatica con le mode legislative in campo informativo, in primo luogo con gli anglosassoni e i loro mezzi di massa. In queste condizioni non vale la pena preoccuparsi di problemi di immagine».

La serenità di questa affermazione è dettata da un solo incrollabile fatto: la Siria è salva. La vittoria è russa. Bisogna solo concludere il conflitto il prima possibile, senza preoccuparsi dei problemi di immagine.

(di Claudio Napoli)