Due considerazioni sul caso ILVA

Il piano esuberi predisposto a giugno dai nuovi proprietari privati dell’ILVA – di cui Oltre la Linea si era già occupata – ha preso il via proprio in questi giorni.

In modo particolare, per ora, ad essere stati colpiti più duramente dal piano citato sono gli stabilimenti di Genova dove risultano in programma ben 600 lavoratori licenziati, di cui solo una parte saranno in seguito riassorbiti tramite jobs act senza riconoscimento della pregressa anzianità e quant’altro. La legittima protesta degli operai dell’ILVA di Genova è scattata immediatamente ed ha ricevuto la solidarietà dei tanti altri lavoratori delle oramai poche industrie genovesi rimaste. 

Ciononostante, la situazione rimane assai critica. Il motivo è presto detto: i nuovi padroni di ILVA hanno fatto capire di non voler cedere sul piano esuberi così come è formulato adesso, favoriti in questo dal Governo che, inizialmente, aveva sostanzialmente approvato i loro programmi, come si evince dalle firme apposte su questo documento dai commissari incaricati della vendita – ma oramai sarebbe meglio dire svendita – della ex acciaieria statale.

La vicenda in esame – come tante altre in giro per l’Italia, purtroppo – rende evidenti due cose ineludibili, al netto delle responsabilità dei singoli. 

In primo luogo, la giustezza della tesi spesso affermata su queste pagine da Oltre la Linea così come tanti altri autorevoli esponenti del mondo politico/economico: le privatizzazioni delle un tempo aziende pubbliche di Stato sono un fallimento da qualunque punto di vista lo si voglia guardare per la collettività nazionale. Sia sotto un punto di vista strettamente economico che, soprattutto, dal punto di vista più semplicemente umano ed etico. 

L’Avv. Marco Mori di Genova, a questo proposito, ha utilizzato su facebook un’espressione semplice ma efficace per descrivere quello che sta avvenendo: “Salvataggio ILVA. Lo schema è sempre il solito, arriva l’investitore privato tra gli applausi e dopo qualche mese si fa carne da porco dei dipendenti”.

In secondo luogo, infine, il caso ILVA rende evidente che il c.d. jobs act, tanto decantato dal governo PD, anziché creare lavoro come dicevano i suoi propugnatori, ha creato precarizzazione e perdita di diritti e di tutele per i lavoratori a tutto vantaggio di pochi, ricchi, industriali spesso d’oltralpe.

(di Manuele Serventi Merlo)