Malavita africana: in Italia è sempre più presente

Sono ormai anni che l’Italia, e l’Europa in generale, è diventata la meta ambita di molti immigrati che nelle più svariate maniere, regolari e non, puntano a stabilirsi nella nostra penisola ed in tutto il Vecchio Continente.

Uno dei principali gruppi etnici stabilitisi nei nostri confini è quello proveniente dall’Africa nera subsahariana, tra di essi spiccano per numero i nigeriani. Con le migliaia di persone è arrivata, dalla Nigeria, anche la criminalità organizzata, articolata in due principali gruppi i Black Axe e i Vikings.

Approfondiamo ora questo primo gruppo malavitoso per capire al meglio di cosa stiamo parlando. I Black Axe nascono negli anni 70 nell’università di Benin. In una prima fase l’organizzazione si distingue come una sorta di confraternita religiosa e tribale, salvo poi svilupparsi come una potente ed organizzata mafia che spara ormai per tutto il pianeta. Non esiste un vero e proprio iter per entrare a fare parte dei Black Axe, in quanto è il gruppo a scegliere i suoi membri, forzando fisicamente ad entrare nella banda anche chi non vorrebbe.

L’organizzazione è dotata di una vera e propria gerarchia e, da quanto si evince da un articolo de “Il Fatto Quotidiano” datato 28 dicembre 2016, è strutturata con un capo europeo (‘regional head’) che sta in Germania, sotto di lui stanno i capi nazionali e via dicendo, scalando a vertici regionali, provinciali e poi di forum (ossia i capetti locali). A contraddistinguere questa organizzazione è l’estrema brutalità dei suoi membri, l’arma preferita è il machete, abbinata ad una mistica tribali figlia di riti vodoo e altre tradizioni africane.

In Italia la principale attività è lo sfruttamento della prostituzione, spesso anche attraverso ricatti fatti da maman, donne africane esperite di riti “magici”, che minacciano le ragazze con maledizioni vodoo, sono comunque presenti anche numeroso collegamenti con il traffico di esseri umani e spesso si occupano del lavoro sporco per altre organizzazioni mafiose, come lo spaccio di eroina al dettaglio o del transito della droga dal Sudamerica ad Africa e Europa.

Una doppia ondata di arresti ha colpito questo clan, nel 2010 a Torino e nel 2016 a Palermo (circostanza nella quale è stata anche riconosciuta l’aggravante di organizzazione mafiosa), e ha rallentato momentaneamente l’espansione della Black Axe in Italia.

A prenderne però il posto sono stati i Vikings, come dimostrato dalle dichiarazioni di Rodolfo Ruperti, capo della polizia di Palermo, che dichiarò al Times “la gang dei Vichinghi è sorta mentre la polizia sgominava l’organizzazione dell’Ascia Nera (struttura mafiosa nigeriana in Italia): quando elimini una gang, subito altre vengono a colmarne il vuoto”.

Il rischio, sempre secondo il quotidiano britannico, è quello che queste organizzazioni possano sfruttare l’enorme mole di immigrati clandestini dei centri di accoglienza come bassa manovalanza da armare in caso di guerre di mafia o con lo Stato, con una dinamica detta di “tribalizzazione territoriale” spesso utilizzata in Africa da organizzazioni simili per ampliare la propria zona di influenza.

Ad aggravare ulteriormente la situazione è il fatto che questi veri e propri clan siano entrati in affari con le cosche già presenti acquisendo quindi un grande potere; ciò rischia di riportare la violenza nelle strade, si vedano i fatti relativi alle violenze fisiche e sessuali nei confronti di un pentito.

Al netto ciò è necessario che lo Stato, e la società civile, inizino a prendere atto della pericolosità di questi clan, in quanto abbinando la violenza folle attribuitagli dalle inchieste della magistratura e i rischi mostratici dai giornali britannici la miscela di questi elementi rischia di formare una miscela veramente esplosiva.

(di Pietro Ciapponi)