In ricordo della Germania Est

La criminalizzazione e la damnatio memorae nei confronti della DDR, dopo il 1989, procedettero quasi in simultanea. Già nel luglio del 1991, Klaus Kinkel, nel suo primo discorso da Ministro della Giustizia dopo l’Anschluss del 3 ottobre 1990, soffiò sul fuoco, definendola come una semplice entità inesistente e governata interamente da criminali, per i quali si sarebbe dovuti procedere per vie legali il più velocemente possibile.

Una bestialità storica per diverse e semplicissime ragioni: innanzitutto la DDR era un Paese riconosciuto all’ONU e, persino, dalla BRD come stanno a dimostrare il Trattato dei principi del 1972 e la presenza di una rappresentanza permanente a Berlino Est. In secondo luogo, Helmut Kohl – paladino europeista recentemente scomparso – nel 1987, si prodigò vivacemente a ricevere i vertici politici del SED con tutti gli onori e le fanfare del caso.

Erich Honecker, nei suoi appunti stesi durante la sua detenzione carceraria, ci offre un’interessante riflessione sociologica in merito: “Il vilipendio dello Stato che fu la DDR conduce ad un vero bando sociale della massa dei suoi cittadini. Chi ha partecipato alla costruzione di questo ‘Stato di non-diritto’ (Unrechtsstaat) sarà ‘legittimamente’ cacciato dal suo posto. Operaio, contadino, insegnante o artista, dovrà prendere atto del fatto che la sua espulsione dall’amministrazione, dall’insegnamento, dal teatro o dal laboratorio è ‘legale’”. Una previsione, tutto sommato, che si rivelerà veritiera.

L’unipolarismo occidentale non ha mostrato nessun rispetto per il passato, né per le memorie, né per chi in quel mondo aveva creduto e in buona fede ci aveva lavorato. Il volto più feroce del capitalismo ha spazzato via tutti i loro punti fermi, catapultandoli nel più totale smarrimento. I loro risparmi non valevano più nulla, come i loro beni, prodotti con il lavoro collettivo.

L’Ostalgie, sentimento oggi più che mai diffusissimo, è conseguenza di quanto detto finora ma esprimibile come un qualcosa di romantico. Il cittadino della Sassonia, piuttosto che il residente dei Plattenbau berlinesi, rimpiange gli aspetti culturali, della vita quotidiana, i sapori e i profumi. La propaganda mediatica non ha fatto altro, per 28 anni, che bombardarci con le immagini di un popolo in festa alla visione della prima picconata contro il Muro, ma non si è mai soffermata nell’analizzare o nello scoprire se quelle espressioni fossero necessariamente di condanna verso quei 40 anni vissuti.

L’immagine della Germania dell’Est è riassumibile solo con l’onnipotenza degli apparati di sicurezza, il presunto doping che faceva fruttare medaglie a grappolo alle Olimpiadi, l’impegno a soffiare da sotto il naso i segreti di Stato a Bonn? Sembra quasi di essere tacciati di populismo o di filocomunismo se, serenamente, si sostiene che lo straordinario sviluppo della DDR sia stato dovuto alla abnegazione della popolazione in contrasto con le scelte talvolta ottuse dell’apparato dirigente del partito.

Evidentemente, per l’Occidente, la vittoria dell’economia di mercato deve essere totale alla stregua della sconfitta del socialismo. Un fanatismo che ha addirittura prodotto una sorta di tacita giustificazione di quanto accadde in Germania prima del 7 ottobre 1949.

Quando Erich Honecker, nel 1992, venne estradato dalla Russia di Boris Eltsin e rinchiuso nel carcere di Moabit nonostante il grave stadio del cancro al fegato del quale soffriva, i capi d’accusa formulati nei suoi confronti ripresero fedelmente quelli firmati dalla Gestapo nel 1935 per sospette attività di sovversione e alto tradimento negli ambienti comunisti clandestini dell’epoca.

In questa esortazione è evidente la clamorosa violazione dell’indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo (ossia uno dei fondamenti dello stato di diritto) e, assieme, un utilizzo politico della giustizia, specialmente se si considera che corresponsabili di stragi come a Caiazzo e Sant’Anna di Stazzema siano deceduti comodamente nei loro letti causa prescrizione del reato secondo il diritto tedesco.

(di Davide Pellegrino)