Il degrado culturale americano

Chiariamo subito una cosa, non importa quale statua venga abbattuta, il punto in questione è il principio che sta alla base di queste rimozioni. E’ il concetto di libertà e memoria ad essere in gioco, non quello di identità. Allan Bloom, professore ebreo, omosessuale e conservatore, lo aveva detto, nel suo “The closing of the american mind” e ovviamente ebbe tutti contro alla sua università perché diceva che “le parole diventano trappole” soprattutto quelle che partono dalle “buone intenzioni” che lastricano l’inferno.

Partiamo dai fatti. A Los Angeles hanno deciso di eliminare il Columbus’ day, a New York e in tutti gli Usa hanno abbattuto la statua di Colombo, in Texas hanno abbattuto la statua di Robert Lee (generale sudista), in Sudafrica hanno abbattuto la statua di Gandhi, sempre a New York vogliono abbattere la statua di Italo Balbo, da noi la Boldrini ha tirato il sasso e poi nascosto la mano dicendo che le persone non si sentono a proprio agio passando sotto i monumenti fascisti.

Il codacons, intanto, ha denunciato Corto Maltese per “istigazione al fumo”. Questi “social justice warrior” hanno già una lunga carriera di oscurantismo da far invidia al cardinal Bellarmino. Hanno impedito a tre tra i migliori comici americani di fare spettacoli nei campus perché offendevano la loro suscettibilità. E’ la crisi isterica di un gruppo di paranoici (sono così arroganti che pensano di poter riscrivere Mark Twain! Se non è da tso questo poco ci manca).

Ci sono alcuni campus americani che hanno un “trigger warning” sulle copertine di libri di Ovidio, Dante, Shakespeare o Aristotele perché potrebbero offendere la suscettibilità di queste anime candide che poi abbattono monumenti come i vandali e ti distruggono vita e carriera se provi a dissentire. Come disse Bret Easton Ellis “Se leggere Dante e Shakespeare ti procura traumi hai bisogno di un medico”. In questo modo vogliono controllare la mente con una psico-polizia pronta a demonizzare anche preventivamente.

Rimuovere tremila statue di Lenin in Ucraina è un modo per non guardare la realtà. Voler rimuovere la propria storia, bella o brutta che sia, è sintomo di una patologia profonda. Ci troviamo di fronte ad una sostituzione religiosa di icone che avviene quando una nuova dottrina prende il potere. Ma c’è di più, nella rimozione delle statue c’è la volontà di abbattere la memoria, schiacciarci in un eterno presente dove potranno modellare il nuovo uomo flessibile e aperto di mente che si lascia fare tutto.

Speriamo sia aperta solo la mente. Coloro che abbattono le statue credendo di buttare giù l’ingiustizia stanno solo lavorando per crearne una nuova e peggiore. Non si rendono conto che se applicassimo i loro parametri dovremmo distruggere tutta la storia occidentale da Giulio Cesare a Napoleone fino a Jefferson. Ma questi gesti retorici non servono a qualcosa di concreto, gli piace solo sentirsi paladini del bene detentori della verità assoluta, è tutta una questione di posa, non avendo molta personalità affermano così la loro identità.

Li hanno paragonati all’Isis che taglia le teste dei Buddha, ma sono più la prosecuzione dell’inquisizione e dei puritani che bruciavano le streghe. Per parafrasare Heine si inizia abbattendo statue e si finisce abbattendo uomini. Eppure parlano continuamente di laicità, tolleranza e credono davvero di essere l’argine “ai bigotti, fanatici, intolleranti” che per carità ci sono, ma la toppa che dovevano mettere i nostri paladini del bene è stata peggio del danno, sono diventati il loro equivalente ribaltato, anzi vivono in simbiosi, si nutrono delle stesse semplici banalità.

Stiamo vedendo la storia che si ripete in farsa con una parodia della rivolta. Perfino Chomsky ammise che alcuni gesti di questi auto-certificati “radical” fanno più danni che altro. Risulta evidente anche ad un bambino che questo gioco delle parti è funzionale al divide et impera di chi comanda. L’importante è non affrontare le questioni serie. Le parti in causa poi quasi mai affrontano davvero un argomento, ripetono tutti la stessa cosa continuamente. Sono solo un feticcio ideologico privo di contenuti.

Prendiamo l’hit dell’estate dei media: i migranti. Sembra evidente che siamo di fronte ad una gara per chi è più squinternato. Ci sono due forme di psicosi sociale. Una conduce il presunto anti-razzista in preda ad un delirio da paladino del bene a dare del razzista a chiunque faccia una critica alla gestione migranti, come se fosse la stessa cosa di disprezzare o considerare inferiore qualcuno solo perché di un colore diverso, mentre dall’altra parte abbiamo un rancoroso spesso analfabeta che non vede l’ora di prendersela con lo straniero a suon di epiteti razzisti. E’ un circolo vizioso di una situazione contorta che finisce in un vicolo cieco. Tutti contenti, ognuno ha recitato la sua parte e non è cambiato niente. La razionalità resta latitante mentre l’emotività regna sovrana.

Purtroppo a sinistra questo vizietto di voler raddrizzare il ramo storto dell’umanità, anche forzosamente, lo hanno sempre avuto. Quando uno è convinto di essere la verità finisce sempre così. Ma non si rendono conto che questo modo di fare finisce per rivoltarglisi contro.

Il capolavoro di questo meccanismo è accaduto in Germania. Un saggio di un autore tedesco suicida chiamato Finis Germania conteneva idee di estrema destra ma era rimasto nell’ombra poi è stato talmente demonizzato da tutti i media in coro da farlo diventare best-seller. L’ideologia che acceca fa diventare stupidi. Sembra di essere in un romanzo tra Orwell, Hauxley e Bradbury, anzi forse sono stati troppo ottimisti. Il mondo è capovolto.

Abbiamo visto laicisti difendere il Papa e bigotti difendere la libertà dello stato dalla religione, abbiamo visto paladini della tolleranza zittire chiunque non la pensasse come loro, citando Popper salvo rifiutarlo sulla parte della società aperta, e poi abbiamo visto fascisti frignare perché non c’è democrazia che poi loro vorrebbero abbattere ma è un dettaglio. Abbiamo visto cose che gli umani non dovrebbero vedere. Thomas Mann che fu prima reazionario e poi socialista democratico la sintetizzava così “Sto tra due mondi ma nessuno di essi è casa mia”.

(di Matteo Vitale)